Basterà il giro di vite sulle grandi navi del governo Draghi ad evitare che Venezia finisca nella black-list dell’Unesco per non aver tenuto fede agli impegni di salvaguardare se stessa come sito patrimonio dell’umanità? Riuscirà a convincere la 44esima assemblea dell’organizzazione, che si riunisce a Fuzhou in Cina dal 16 al 31 luglio, che un’inversione di rotta è cominciata? È proprio la rotta seguita dalle grandi navi da crociera, che fino al 31 luglio continueranno a transitare davanti a San Marco e nel canale della Giudecca, a costituire il punto più eclatante dei dubbi dell’Unesco. Soltanto la pandemia ha rallentato i flussi turistici, che però sono ripresi a giugno, dopo essere rimasti interrotti per più di un anno. Nel frattempo non aveva fatto alcun passo in avanti la ricerca di soluzioni alternative. Adesso è stato deciso lo stop per i natanti con più di 25mila tonnellate, in modo addirittura più restrittivo rispetto al decreto Clini-Passera (però inapplicato da 9 anni), che aveva posto il limite delle 40mila tonnellate. “Very good news”, ha commentato la direttrice generale dell’Unesco Audrey Azoulay su Twitter, quando ha saputo della decisione. “E’ una gran bella notizia e un passo importante che contribuisce in modo significativo alla salvaguardia di questo luogo patrimonio dell’umanità davvero unico”. Il decreto del governo era atteso in concomitanza con il G20, per rendere visibile l’impegno italiano ai potenti della Terra. È slittato di pochi giorni, ma è pronto prima che l’Unesco esamini il dossier numero 50 che riguarda Venezia e contesta, oltre alla violenza ambientale delle grandi navi, anche un turismo di massa senza controllo, progetti edilizi invasivi, mancata tutela della laguna. Il libro dei rilievi formulati dall’Unesco è lungo: eccolo.

L’indagine – Venezia fu iscritta tra i siti dell’Unesco nel 1987. Le prime critiche risalgono al 2015. Nel gennaio 2020 una missione ha studiato lo stato di conservazione, con alcune osservazioni molto precise, a cui l’Italia ha risposto solo in parte. Il sindaco Luigi Brugnaro, infatti, fece molte promesse non mantenute. Successivamente il Covid ha ridotto il flusso di turisti, sono state ventilate ipotesi di portare a Porto Marghera le Grandi Navi e il Mose ha cominciato a funzionare, anche se in via sperimentale. Il 15 aprile 2021 l’Italia ha informato l’Unesco della decisione di un concorso di idee per un porto offshore sia per le navi da crociera che per i portacontainer atlantici. Per farlo serviranno anni. Tutto questo non è bastato per eliminare l’elenco dei punti critici e degli impegni disattesi.

Grandi Navi – “I divieti al transito delle navi di più di 40mila tonnellate esistono, ma sono disattesi, non hanno effetti pratici e non esistono alternative all’ormeggio delle grandi navi. L’Italia continua a cercare soluzioni a lungo termine”. L’Unesco è piuttosto fredda sull’ipotesi di portare le navi a Marghera, anche perché richiederebbe ulteriori investimenti. Nel dossier, un vero ultimatum: “Va cercata con urgenza una soluzione a lungo termine”, ma si deve perseguire la “priorità di mettere al bando le grandi navi dalla Laguna, indirizzandole ad altri porti più sostenibili, come soluzione finale”. Il governo ha risposto ora abbassando il limite a 25mila tonnellate e puntando su terminal di scalo provvisori.

Il Mose – Se il sistema di dighe mobili per salvare Venezia dall’acqua alta va finito, servono anche “appropriate misure di mitigazione di impatti negativi sull’ecosistema della Laguna” e controlli sugli effetti che può avere l’opera.

Piani per la Laguna – Unesco ritorna più volte sulla necessità di salvare la Laguna, attraverso un Piano per il Clima, un Piano Morfologico e un Piano di gestione delle acque. Ma non basteranno promesse, serve una Road Map che indichi le fasi di realizzazione.

Porto Marghera – Le attività industriali che sorgono ai limiti della laguna mettono a repentaglio l’integrità ambientale e dovrebbero “essere progressivamente eliminate”.

L’impianto GPL di Chioggia – Secondo Unesco, “lo sviluppo urbano e i progetti su larga scala rimangono problematici”. Come esempio viene citato l’enorme deposito Gpl a Chioggia (mai entrato in funzione), che “va smantellato e trasferito altrove”. Su questo punto M5S ha fatto una battaglia e l’ha vinta. Un mese fa è stato annunciato l’insediamento di una commissione per stabilire gli indennizzi al gestore dell’impianto. L’Unesco vuole però che scompaiano tutte le strutture.

Grattacieli – C’è spazio nel dossier anche per i grandi edifici che stanno sorgendo a Mestre. Ad esempio la “Hybrid Tower” vicino alla stazione ferroviaria o il progetto di “Venus Venis”, un’altra torre alta 100 metri per negozi e hotel. Le minoranze in Comune hanno sempre accusato il sindaco Luigi Brugnaro di aver sostenuto e promosso lo sviluppo del cemento in terraferma. “L’impatto visivo attenta all’integrità del Sito” scrive l’Unesco, che chiede una diversa “skyline policy”.

Turismo di massa – Covid a parte, troppi turisti a Venezia. Non ci sono politiche che regolino l’afflusso, né strategie per limitarlo. Il Comune si era impegnato a intervenire. Fino a due anni fa si pensava ai tornelli per fermare gli accessi e alle prenotazioni obbligatorie. Non se n’è fatto nulla.

Salvare il centro storico – “Occorre migliorare la qualità della vita dei residenti e riqualificare le aree urbane, a fini di un uso residenziale, per salvaguardare il futuro del Sito e dei suoi abitanti”. Questo un altro impegno disatteso, come dimostra lo spopolamento del centro storico, ridotto a poco più di 50 mila abitanti.

Piano complessivo – Secondo l’Unesco serve un piano complessivo di gestione (“Management Plan”) che assicuri la protezione dei valori straordinari di Venezia.

Impegni da rispettare – L’Italia deve adempiere agli impegni che si era assunta nel 2020. Non lo ha fatto. La proposta di inserimento nella black-list fissa già il compito di cercare misure correttive da proporre alla 45. Assemblea che si terrà nel 2022, previa elencazione entro l’1 febbraio prossimo delle misure adottate.

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