“Solo sí es sí” è tra gli slogan più celebri dei movimenti femministi spagnoli. Cominciò a essere utilizzato dopo lo stupro di una ragazza di 18 anni da parte di cinque ragazzi durante la festa di san Firmino a Pamplona nel 2016. Le violenze della “manada” (il branco), nome con cui si conosce il fatto, hanno segnato un prima e un dopo nella lotta alla violenza di genere nel Paese iberico. Ed è da lì che parte la legge organica di garanzia integrale della libertà sessuale, o per l’appunto legge del “solo sí es sí”, approvata martedì dal Consiglio dei ministri.

Ci sono voluti 16 mesi di intense trattative e non è ancora finita, perché da settembre passerà al vaglio del Parlamento per possibili emendamenti. Ma difficilmente si toccheranno i punti nevralgici. “L’obiettivo è che nessuna donna si senta sola”, ha detto Irene Montero, ministra dell’Uguaglianza di Unidas Podemos. La legge, che equipara la violenza sessuale a quella di genere, stabilisce le pene, propone misure di prevenzione e assistenza e ridefinisce alcuni termini al centro del dibattito.

Non esisterà più, infatti, la distinzione tra aggressione, atti contro la libertà sessuale commessi con violenza e intimidazione, e abuso, senza violenza e intimidazione. Anche in questo caso, la manada è servita da spinta per il cambiamento: la prima sentenza del Tribunale Provinciale della Navarra aveva condannato i cinque ragazzi per abuso, ma il Supremo corresse la pena a 15 anni di carcere per stupro. Secondo il governo, non sempre questi concetti rispecchiano la gravità della condotta, dato che nell’abuso rientra anche l’utilizzo di farmaci e droga per stordire la vittima.

Con la nuova legge, ogni atto portato avanti senza consenso sarà considerato violenza sessuale: dalla penetrazione all’esibizionismo, passando per sfruttamento, mutilazione genitale, matrimonio forzato, stalking, revenge porn. Le condanne varieranno da 1 a 4 anni più eventuali aggravanti, come lo stupro di gruppo, che possono elevare la pena fino a 15 anni. Qui subentra il secondo punto essenziale della norma, cioè la definizione di “consenso”. Un concetto simile a quello della Convezione di Istanbul sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne, che la Spagna ha firmato nel 2014. In questo caso, però, si va oltre: il consenso deve essere non solo libero e volontario ma anche manifestato in forma chiara.

Proprio su questi punti si è espressa negativamente la giustizia spagnola, che reputa “non necessaria” la nuova definizione, perché danneggerebbe la presunzione di innocenza. Secondo il Consiglio Generale del Potere Giudiziario, questa modifica obbligherebbe l’accusato a dimostrare la volontà della presunta vittima, contraddicendo il principio secondo cui dovrebbe essere l’accusa a presentare le prove.

La legge del “solo sí es sí” elimina la differenza tra abuso e aggressione anche nei confronti dei minori, ma con pene diverse: se c’è consenso tra i 2 e i 6 anni di carcere, senza tra i 5 e i 10. Nasceranno anche le “case dell’infanzia”, un progetto già attivo nei Paesi scandinavi per l’assistenza specializzata. Queste strutture si aggiungono alla creazione di centri di crisi che accoglierebbero donne vittime di violenza 24 ore su 24. Per chi guadagna meno del salario minimo, il governo metterà a disposizione 6 mesi di sussidio di disoccupazione.

Le scuole educheranno gli studenti sulla sessualità, l’affettività e l’uguaglianza di genere a tutti i livelli con l’obiettivo di sensibilizzare sul tema. Poco prima che venisse approvato dal Consiglio dei ministri, è stato inoltre aggiunto il delitto di bullismo o molestia stradale, che riguarda “espressioni, comportamenti o proposizioni di carattere sessuale che causino alla vittima una situazione obiettivamente umiliante”.

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