Il compleanno dei trent’anni, e i trent’anni in generale, sono un momento di passaggio, un momento in cui alcune scelte sono state fatte e molte strade si sono aperte. Un fase in cui molti di noi si sono sentiti davvero liberi di scegliere quale intraprendere.

Oggi Patrick Zaki compie trent’anni e trascorrerà il giorno del suo compleanno nella prigione egiziana di Tora. Lo passerà da detenuto, da persona privata della libertà e di scegliere il suo futuro. Senza un processo, senza reato, senza colpe da espiare, dormendo per terra e con chissà quale stato d’animo rispetto al protrarsi di una condizione fuori dal suo controllo.

Lungo questo anno e mezzo, e nel susseguirsi delle finte udienze che decidono il rinnovo sistematico della custodia cautelare, mi sono chiesto spesso come si possa sentire Patrick, a cosa pensi ogni giorno. Come possa sentirsi smarrito un trentenne, con un percorso di vita e di studi ordinario come quello di tante e tanti di noi, che d’improvviso si ritrova in un carcere egiziano di massima sicurezza, senza avere fatto nulla e senza sapere quando potrà tornare alla sua vita normale, alle lezioni dell’Università a Bologna, ai suoi amici, alla sua famiglia.

Ho pensato molto alla paura e all’angoscia di una situazione così spaventosa, con storie terribili recenti che sono ancora ferite aperte e per le quali chiediamo ancora verità e giustizia, precedenti che rivissuti in quel contesto devono essere incubi che tolgono il fiato. E ho pensato che l’impotenza delle nostre richieste e della nostra politica rispetto alla sua liberazione, fa male, è una ferita che brucia. Brucia perché, anche se ci siamo dannati per farci sentire, non siamo riusciti a fare abbastanza.

Nonostante il nostro impegno, e nonostante la mobilitazione di tante e tanti di noi, Patrick rimane prigioniero in un carcere duro a tempo indefinito. Quanti altri giorni di festa, quanti altri giorni di studio, quanti altri giorni di vita devono essere sottratti a Patrick? Per quanto ancora sarà costretto a vivere nella paura? Non possiamo tollerare che l’Egitto disponga della vita di giovani studenti brillanti e appassionati, puniti perché credono nei valori di libertà e democrazia. Non possiamo più tollerare che il nostro Paese scelga consapevolmente l’Egitto come partner strategico fingendo di dimenticare la realtà di un regime, quello di Al-Sisi, che continua a violare sistematicamente i diritti umani.

È il momento che il governo italiano dia un segnale forte, concluda rapidamente l’iter per rendere Patrick cittadino italiano. Il riconoscimento della cittadinanza italiana ci consentirebbe di adire a tutti gli strumenti a tutela, a quel punto, di un nostro cittadino. Abbiamo l’impegno del Parlamento che su questo si è espresso unito, ora tocca al governo e al ministero dell’Interno dimostrare la volontà politica accelerando le procedure senza tentennamenti.

Condivido le parole che il Presidente Mario Draghi ha usato a margine del G7 riguardo alla sfida che le democrazie devono lanciare alle autocrazie. Una posizione che per essere credibile deve valere sempre, sia che si tratti di un competitor come la Cina, sia nel caso di dittature come l’Egitto che, purtroppo, continuano a rimanere partner strategici.

È il momento di dimostrare al mondo che sul rispetto dei diritti umani e della libertà il nostro Paese non fa sconti a nessuno, com’è giusto che faccia una grande democrazia.

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