Dagli uomini dei clan a noti impresari dello spettacolo come Lele Mora, fino a importanti contatti istituzionali. La cerchia delle relazioni dell’imprenditore farmaceutico Antonio Di Fazio, oggi indagato dalla Procura di Milano per violenza sessuale nei confronti di una studentessa di 21 anni, si allarga sempre di più. Nella sua agendina sono tanti i nomi di rilievo. E altrettante le foto. Su tutte, quattro immagini che lo ritraggono davanti agli uffici milanesi della Consob dove Di Fazio aveva alcune entrature. Partiamo dal 22 ottobre scorso, quando Di Fazio si presenta a casa di una persona collegata alla sue società e che chiameremo Carlo (nome di fantasia, ndr). Con lui, definito dal giudice un “moderno Barbablù”, c’è un emissario vicino alla cosca Mancuso di Limbadi. Il rapporto tra Di Fazio e personaggi milanesi contigui al clan inizia proprio in questo periodo. E come già spiegato dal Fatto si protrae almeno fino all’arresto dell’imprenditore avvenuto il 26 maggio scorso. Al centro di questa relazione pericolosa, mediata da un noto professionista anche lui di origine calabrese, la volontà di Di Fazio di recuperare il denaro di una operazione finanziaria bloccato su alcuni conti esteri. Volontà che però suo malgrado si trasformerà in una tassa mafiosa di qualche centinaia di migliaia di euro che adesso pretendono i Mancuso.

L’oggetto della visita del 22 ottobre è il recupero di altro denaro, oltre 200mila euro che Carlo ha perso in un’operazione legata a un lotto di mascherine commercializzate da un imprenditore cinese. L’obiettivo di Carlo era quello di portare a casa l’operazione per ripianare un debito da mezzo milione di euro che una delle società di Di Fazio aveva con l’Agenzia delle entrate. L’episodio, ad oggi inedito che però al momento non ha rilevanza penale e per il quale Di Fazio non è indagato, si svolge in un comune dell’hinterland a Nord di Milano dove la presenza della ‘ndrangheta è conclamata da tempo. Durante l’incontro, come ricostruito dal Fatto incrociando diverse fonti qualificate, Di Fazio non apre bocca. Parla solo l’uomo vicino ai clan. Dice a Carlo: “Questi soldi, devono rientrare”. Prosegue: “Se eri un altro, il corpo stava già di qua e la testa di là”. Aggiunge che proprio quel giorno è salito dalla Calabria e che in serata tornerà giù. Spiega che il suo nome è molto conosciuto negli ambienti criminali della zona. Conclude che la prossima settimana tornerà e aggiunge l’ennesima inquietante minaccia. La sera stessa Carlo invia un messaggio vocale a Di Fazio: “Con questo tuo amico come dici tu, sei venuto, mai nessuno si era permesso di parlare così”. Carlo aggiunge che se si ripresenteranno farà denuncia. L’episodio, infatti, non si verificherà più. E oggi a distanza di mesi, questa storia potrebbe finire sul tavolo della Procura.

Relazioni pericolose, dunque, attuali e non datate come furono i certificati rapporti tra Di Fazio e gli usurai del clan Valle di Bareggio. Nell’agenda di Di Fazio sono annotati nomi di alto livello istituzionale e noti impresari dello spettacolo come Lele Mora. Per capire bisogna tornare al 2018 anno in cui Di Fazio tenta un salto di qualità sia dal punto di vista dell’impresa sia dal punto di vista sociale. E Lele Mora, che non ha alcun coinvolgimento nell’indagine sui presunti stupri, sembra a Di Fazio l’uomo adatto. Un anno prima circa è nata la I.Fa.I, Industria farmaceutica italiana, prima con sede in via Valtellina e poi trasferita in via Pagano 38 dove attualmente si trovano gli uffici della Global farma, ultima scommessa di Di Fazio. La società sembra fin da subito navigare con il vento in poppa. Tanto da arrivare ad avere un valore della produzione di oltre 30 milioni di euro a fronte di solo tre persone impiegate. Il sospetto, condiviso anche dalla Procura e confermato al Fatto da fonti interne alla società, è che tutto fosse solo un castello di carte. Tant’è, nel 2018, tutto resta ancora sotto traccia. Lele Mora è il passepartout ideale per il dorato mondo milanese della moda e delle feste. Il rapporto, del tutto lecito, con l’ex manager dei vip, coinvolto nel Rubygate dura qualche mese. Alcune foto, che il Fatto ha potuto vedere, testimoniano la presenza di Di Fazio in auto assieme a persone dell’entourage di Mora.

La scalata sociale corre parallela a quella imprenditoriale. E qui Di Fazio, come raccontato al Fatto da una fonte che ha assistito agli eventi del 2018, allaccia rapporti con un imprenditore del nord Italia che ha avuto, negli anni, cariche istituzionali a livello locale e in grado di interfacciarsi con figure romane di alto profilo. L’obiettivo è ottenere da lui importanti entrature nel mondo bancario per poter ottenere fidi dagli istituti di credito a fronte della presentazione di bilanci societari che in realtà, come sta verificando la Procura, erano del tutto o in parte taroccati. Negli uffici di via Pagano poi si presenta un altro imprenditore dal cognome importante e che sarebbe parente di un ex politico. Qui i due stringono un patto d’affari. L’illustre discendente, sulla cui parentela ci sono non pochi dubbi, avrebbe dovuto portare importanti clienti alla I.Fa.I.. Cosa che non si concretizzerà perché annusata l’aria di bilanci non proprio trasparenti, il professionista abbandonerà il tavolo. L’ultimo tentativo di quel 2018 nasce da una relazione sentimentale tra Di Fazio e una imprenditrice lombarda, già attiva nel settore farmaceutico e con interessi nel calcio locale. Relazione poi terminata e che diventerà oggetto di una denuncia per stalking a carico di Di Fazio. Qui l’idea è quella di puntare alla società della famiglia di lei, spacciandosi come persona in grado di ripianare i debiti. Nemmeno questa opzione si concretizzerà, e la società farmaceutica andrà fallita non ad opera di Di Fazio ma a causa di una pregressa crisi economica.

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