“Se avessi saputo che venivano adoperati i blocchi dei freni, i cosiddetti forchettoni, avrei fermato immediatamente l’impianto. Scoprire questo adesso è un enorme macigno sullo stomaco”. Enrico Perocchio è il direttore tecnico della funivia del Mottarone e dipendente della società altoatesina Leitner tornato in libertà per la decisione della giudice per le indagini preliminari di Verbania, Donatella Banci Buonamici, e in una intervista al quotidiano La Stampa dichiara di non aver saputo che venivano adoperati i blocchi dei freni della funivia Stresa-Mottarone che ha provocato una strage con 14 morti. “Ricorderò quella giornata di domenica per tutta la vita. Io sto male per niente, figuriamoci come sto adesso sapendo che sono morte quattordici persone. Questa è una tragedia immane. La terrò sempre nel cuore. È impossibile dimenticarla. E purtroppo io non posso fare nulla”. L’ingegnere, che è indagato insieme al gestore Luigi Nerini e capo servizio Gabriele Tadini (ai domiciliari) per rimozione o omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro aggravata, omicidio colposo plurimo le lesioni gravissime, dice che “sono stati sei giorni pesantissimi. Questa accusa è devastante. Ora sono finalmente un po’ sollevato. Torno in famiglia”.

Domenica scorsa quando la cabina si è accartocciata “ero a casa e sono partito subito per il posto dell’incidente. Io pensavo ci fossero da organizzare soccorsi, nessuno mi aveva detto cosa era accaduto. Quando me lo hanno spiegato mi sono sentito morire. ‘Non è possibile, pensavo. Se avessi saputo che venivano adoperati i blocchi dei freni, i cosiddetti forchettoni, avrei fermato immediatamente l’impianto. Scoprire questo adesso è un enorme macigno sullo stomaco. Non sapevo dei forchettoni. Se avessi saputo non avrei avallato quella scelta. Lavoro negli impianti a fune da ventuno anni e so che quelle sono cose da non fare mai, per nessuna ragione al mondo. Tutte le manutenzioni sono state fatte. Era tutto a posto. Ora vedremo le analisi sulla rottura della fune per capirne le ragioni”. Diversa la versione di Tadini che invece sostiene che tutti sapevano. Compreso il gestore Luigi Nerini che ritornato in libertà ha parlato di “un grande dispiacere” per quanto avvenuto ai giornalisti mentre al suo avvocato ha spiegato di volere pensare al risarcimenti: “Voglio andare a rendere omaggio alle vittime, voglio pensare ai risarcimenti“.

Perocchio parla anche di lui: “È un rapporto di lavoro abbastanza buono. Ritenevo onestamente che la gestione dell’impianto fosse più del capo servizio che sua”. Ma “non so quanto entrasse dentro discussioni tecniche. Io con lui avevo dialoghi legati a questioni amministrative e di regolarità dell’impianto. Se c’era un problema chiedeva che Leitner glielo risolvesse e noi glielo abbiamo sempre risolto. Non ho mai ricevuto da Nerini pressioni perché si girasse in condizioni non regolari”. Sul perché, allora, possa aver fatto quella scelta, dice: “Non sono nella sua testa, non posso saperlo. Se lo avessi saputo lo avrei bloccato prima”. In ogni caso, la rottura della fune, avverte, è un evento “rarissimo”, ma “può capitare”. Tanto che “è prevista la presenza di freni di emergenza”. Ora quindi “si farà luce su come sia potuto accadere, ma so con certezza che da noi le manutenzioni su funi e testa fusa erano a posto“. Certo è, assicura, che “se mi fosse caduto l’occhio sui forchettoni, colorati di rosso proprio per iniziativa mia, che li volevo ben visibili, li avrei fatti togliere immediatamente”. Insomma, “è stato un errore mettere i forchettoni per ovviare a un problema che si poteva o risolvere. Bastava chiudere l’esercizio uno o due giorni, basta bloccare la funivia e si risolveva il problema“.

L’inchiesta della procura di Verbania prosegue ed è probabile, come spiegato dalla procuratrice, che ci saranno nuove iscrizioni. Tra le novità le dichiarazioni dell’operaio Fabrizio Coppi (leggi l’articolo sul FattoQuotidiano): “Ho udito più volte Tadini discutere animatamente al telefono con Perocchio e Nerini poiché questi ultimi due erano contrari alla chiusura dell’impianto, nonostante la volontà di Tadini di fermarlo. Dopo alcune telefonate l’ho visto molto turbato e demoralizzato”. L’operaio ha riferito che più volte ha capito che quando sorgeva un problema tecnico il caposervizio “riferiva al direttore d’esercizio e al gestore che era necessario fermare l’impianto. Ma, nonostante questo, la volontà sia del gestore sia del direttore dell’impianto era quelle di proseguire, rimandando l’eventuale riparazione più in là nel tempo”. Altri quattro dipendenti interrogati attribuiscono la scelta di mettere o non mettere i forchettoni a Tadini. E Nerini, davanti al gip, ha negato le accuse: “Dicono che avrei avuto una ragione economica per far viaggiare la funivia a ogni costo. Ma è falso. I guadagni in questo periodo sono molto limitati. Per me sarebbe stato meglio bloccare l’impianto adesso e riparlo per non perdere la stagione estiva. Non era compito mio occuparmi della manutenzione. Io pago 128mila euro all’anno di canone proprio per questo motivo”.

Questa non è una sentenza di assoluzione, è solo una fase cautelare. Non la vivo come una sconfitta sul piano investigativo anche perché è stata accolta la nostra configurazione giuridica dei reati e quindi il nostro impianto accusatorio. Non ho mai considerato l’indagine chiusa e nemmeno in una fase avanzata. In ogni caso non finisce qui, le indagini continuano per accertare tutte le responsabilità” ha spiegato la procuratrice capo di Verbania Olimpia Bossi in un’intervista a Repubblica. Sui fermi dei tre indagati, il magistrato spiega: “Non parlerei di fretta, ma di urgenza. Il pomeriggio di martedì ci siamo trovati di fronte a una persona che ha reso piena confessione con dichiarazioni attendibili che parlavano di un gesto, quello di mettere i forchettoni ai freni, che era frutto di una scelta volontaria, deliberata e reiterata che andava avanti da oltre un mese, ma secondo i nostri riscontri anche da più tempo. Una persona che ha detto che altre persone sapevano. A quel punto abbiamo avuto la necessità di impedire che quelle persone si potessero mettere d’accordo per concordare una versione dei fatti”. La stessa procuratrice in un’intervista al Corriere della Sera nega che le scarcerazioni siano state una sconfitta: “No, è un passaggio della normale dialettica processuale. Le indagini sono appena all’inizio e proseguono nei confronti dei tre indagati per reati gravissimi. Dal punto di vista della correttezza dell’impostazione accusatoria il giudice non ha avuto nulla da obiettare”.

“Siamo spettatori, ma abbiamo fiducia in chi sta lavorando da una settimana senza sosta per ricostruire in maniera chiara quanto successo domenica scorsa, accertando eventuali colpe e responsabilità – dice la sindaca di Stresa, Marcella Severino – Non posso negare che ci sia perplessità, quasi sconcerto, nella mia comunità dopo le decisioni delle ultime ore, ma mi sembra che fino ad oggi chi sta indagando lo ha fatto con tempi molto rapidi. Sono sicura che il loro modus operandi porterà al risultato che tutti noi auspichiamo, vale a dire fare luce su una vicenda che ha toccato e sconvolto tutti noi. Siamo per altro pronti a dare agli inquirenti tutte le informazioni del caso: so che nelle ultime ore sono stati sentiti tutti i dipendenti della funivia“.

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