“Questa è una partita che unisce l’Italia che prova a ripartire”. Alessia è una tifosa atalantina della prima ora. È scesa a Reggio Emilia per la finale di Coppa Italia in bus insieme ad alcuni sindaci e preti del territorio più colpito dalla pandemia. Porta con sé un cartello con un numero scritto a mano. Centonovantesette ovvero i morti a a causa del Covid a marzo e aprile nel suo comune. “Spero che sia la partita dell’inizio per ricominciare a stare tutti insieme” racconta prima di mostrare il Qr Code e il biglietto allo steward e salire i gradoni del Mapei Stadium. Qui, per la prima volta dall’inizio della pandemia, il pubblico è tornato sugli spalti. 4300 spettatori ovvero il 20% della capienza come da disposizioni del Cts.

La Lega Serie A che ha organizzato l’evento ha avuto pochi giorni per allestire l’evento, ma non si è fatta trovare impreparata. Si entra dopo aver caricato sull’app Mitiga un tampone negativo effettuato nelle 48 ore precedenti alla partita. Oppure mostrando un certificato di guarigione dal Covid o di doppia vaccinazione. Ai tornelli gli steward controllano i codici sugli smartphone e fanno rispettare il distanziamento in coda. Per questo evento, sono stati mobilitati il doppio degli addetti rispetto ad una partita con lo stadio. E per chi dovesse avere problemi con l’app o si fosse dimenticato del tampone, l’Ausl di Reggio Emilia ha allestito un centro per effettuare centinaia di test rapidi all’ultimo minuto nel circolo Arci vicino allo stadio. Ma questa sera i tifosi sono arrivati preparati. Vengono da tutta Italia. Mario non srotolava lo striscione “Mesiano bianconera” da più di un anno. “Ci siamo fatti dodici ore di viaggio dalla Calabria, ma tutto questo ci mancava – spiega mentre beve una birra – l’attesa, l’emozione del viaggio, la stanchezza”. C’è poi Alessio, un altro tifoso bianconero che è partito questa mattina dalla Puglia: “Mi è mancato tutto dello stadio. Al di là della vittoria o della sconfitta, essere qui vuol dire respirare la stessa aria che respirano i giocatori”. Quando si circumnaviga lo stadio l’atmosfera si colora di neroazzurro con i tifosi bergamaschi che sperano in una vittoria della Coppa Italia dopo 58 anni. “Il colore, i suoni la vitalità che trovi allo stadio, non la vivrai mai davanti alla televisione. Questo è un primo passo verso la normalità”. Una normalità che è fatta delle birre pre partita tra tifosi che non si vedevano da tempo, dai cori di sfottò tra le due curve, dai ragazzi che cercano di strappare un selfie con Francesco Totti in tribuna. Ma anche dalla tensione quando un gruppo di sessanta tifosi juventini senza biglietto cerca lo scontro con i rivali esplodendo un paio di bombe carta. Dopo il fischio di inizio, nel parcheggio dell’impianto riecheggiano i cori delle due tifoserie. Mentre sugli spalti i tifosi stanno in piedi e saltano separati. Il distanziamento viene meno al 41esimo del primo tempo quando Malinovs’kyj segna il gol del pareggio. Alcuni tifosi della Dea “travolgono” gli steward per andare a festeggiare vicino ai propri idoli per poi tornare ordinatamente al proprio posto. Una gioia che dura fino al gol di Chiesa che regala la Coppa Italia alla Juventus. Ma non c’è troppo tempo per festeggiare. Il coprifuoco soltanto per questa sera scatta in via eccezionale alle 24, ma per i 4200 del Mapei Stadium è tempo di tornare a casa.

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