Erga omnes. Mai una locuzione latina aveva creato tante aspettative tra gli ex senatori che hanno perso il vitalizio a causa di una condanna. Tutti nella stessa situazione di Roberto Formigoni, l’ex governatore della Lombardia condannato in via definitiva a cinque anni e dieci mesi per corruzione. La sentenza della Cassazione è del 21 febbraio 2019: da allora il “celeste” aveva dovuto rinunciare al suo vitalizio da ex senatore. Almeno fino all’altro ieri quando la commissione Contenziosa di Palazzo Madama ha deciso di ripristinarglierlo. Una decisione contestata, fonte di roventi polemiche, che in pratica annulla quanto previsto dalla delibera Grasso. Nel 2015, non essendoci i voti necessari in aula per approvare una legge ordinaria, l’allora presidente del Senato (insieme a Laura Boldrini, che presiedeva la Camera) emanò una delibera che toglieva i vitalizi per gli ex parlamentari condannati a pene detentive superiori ai due anni.

Oggi la stessa commissione Contenziosa sostiene non solo che quella delibera non è più valida per Formigoni, ma anche che i suoi effetti devono essere validi “erga omnes“: cioè per tutti gli altri. Applicando la decisione presa per l’ex governatore della Lombardia, vuol dire che tutti i senatori condannati per reati diversi da mafia e terrorismo, o che non si siano resi latitanti, possono sperare di riavere l’assegno. Vale per Ottaviano Del Turco, condannato nel 2018 per induzione indebita nella cosiddetta Sanitopoli abruzzese, e al centro di uno scontro che da settimane anima il Senato. Ma può valere anche per gli altri che a causa della delibera del 2015 si videro tagliare il privilegio.

Solo per rimanere a Palazzo Madama, per esempio, c’è Vittorio Cecchi Gori, lo storico proprietario della Fiorentina che fu senatore per due legislature col Ppi (fino al 2001) e nel febbraio 2020 è stato condannato in via definitiva a 5 anni e mezzo per bancarotta. E poi l’ex rettore dell’università de L’Aquila, Ferdinando di Orio, eletto con l’Ulivo e riconosciuto colpevole di induzione indebita. Potrebbe sperare pure Franco Righetti, a Palazzo Madama con Ccd e Margherita fino al 2006. Non dovrebbe fare ricorso, se non altro perché non ne ha bisogno, Silvio Berlusconi, al quale il Senato ha cancellato il vitalizio dopo che la condanna per frode fiscale è diventata definitiva. Nella lista diffusa dagli uffici di Palazzo Madama nel 2015 erano otto i senatori condannati che perdevano il privilegio: nel frattempo, però, alcuni sono deceduti. Bisognerà dunque capire se in caso di ricorso il vitalizio debba essere di nuovo erogato agli eredi di Giorgio Moschetti, democristiano di fede androttiana, di Antonio Girfatti, portato in Parlamento con Forza Italia, del regista Pasquale Squitieri, che invece fu eletto con An, e di Giuseppe Ciarrapico, un mandato a Palazzo Madama col Pdl. Rimarrano comunque senza assegno, invece, Marcello Dell’Utri, storico braccio destro di Berlusconi, e l’ex democristiano Enzo Inzerillo, entrambi condannati per concorso esterno in associazione mafiosa e dunque esclusi a prescindere pure seguendo il ragionamento della commissione Contenziosa.

Resta da capire, poi, se la decisione dell’organo guidato dal berlusconiano Giacomo Caliendo possa avere ripercussioni anche nell’altro ramo del Parlamento. Formalmente, per la verità, dovrebbe essere direttamente Montecitorio ad adottare analoga decisione, cosa che al momento non pare possibile. Nel 2015 la Camera tagliò il vitalizio agli ex deputati condannati. L’assegno saltò, tra gli altri, pure per l’ex ministro della Sanità Francesco De Lorenzo e l’ex sindaco di Taranto Giancarlo Cito, che da anni inondano gli uffici della Camera di ricorsi e controricorsi. E poi per Cesare Previti, storico avvocato di Berlusconi, condannato in via definitiva per corruzione in atti giudiziari. Nella lista pure l’ex segretario del Psdi, Pietro Longo, gli ex Dc Massimo De Carolis, Gianmario Pellizzari, Giuseppe Astone, l’ex socialista Gianstefano Milani, l’ex An Luigi Sidoti, il radicale Toni Negri. Il vitalizio era saltato pure per Giulio Di Donato e Raffaele Mastrantuono, ex socialisti, e per l’ex deputato del Msi, Massimo Abbatangelo: hanno però già ottenuto la riabilitazione. E dunque pure l’assegno.

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