Vacanze gratis a Cefalù per tutta la famiglia. O perlomeno senza sborsare contanti perché qualcosa in cambio si dava: un passaggio fluido alla dogana, per esempio, di ritorno dalla Macedonia o dalla Germania. Addirittura in un’occasione, precisamente il 23 maggio del 2017, di ritorno da Londra, Antonello Montante fu prelevato direttamente all’atterraggio a Roma con un mezzo per vip e accompagnato fuori. Un’accoglienza degna quasi di un capo di Stato quella offerta all’ex numero uno di Confindustria Sicilia, ora messa nera su bianco nell’avviso di conclusione d’indagine della procura di Caltanissetta, un atto che solitamente è il preludio della richiesta di rinvio a giudizio, firmato dall’aggiunto Gabriele Paci e dai sostituti Davide Spina e Claudia Pasciuti. Un nuovo capitolo, in sostanza, di quell’articolato sistema che secondo l’accusa aveva messo in piedi Montante. Una vera e propria rete che andava dal governo della regione, col presidente Rosario Crocetta, a lui “asservito”, e coadiuvato dalle assessore nominate dal governatore sotto la spinta di quello che la procura nissena considera il Deus ex machina di un’associazione a delinquere, che coinvolge anche vertici delle forze dell’ordine che non rispondono ad un interesse pubblico ma all’interesse particolare dell’imprenditore siciliano. In cambio, manco a dirlo, di regalie, assunzioni, trasferimenti in luoghi più comodi. Tutto al fine di favorire lui e di perseguire persone a lui invise. Questa è l’accusa da parte della procura di Caltanissetta che iscrive 13 persone nel registro degli indagati per associazione a delinquere, allo scopo di commettere più delitti contro la pubblica amministrazione e di accesso abusivo a sistema informatico. Con l’aggravante per Montante di avere diretto, promosso ed organizzato l’associazione.

In primis le mani sul governo della Sicilia – Secondo i pm di Caltanissetta Rosario Crocetta ha ricevuto 400mila euro per la sua campagna elettorale del 2012, 200 milavenivano da Montante, gli altri dall’imprenditore Giuseppe Catanzaro, a capo della società che gestiva la discarica di Siculiana. E nel caso dell’ex presidente della Regione le accuse sono molto pesanti. Avrebbe favorito Montante, infatti, non solo per i finanziamenti “in nero” ricevuti per la sua campagna elettorale ma anche per “evitare la diffusione di un video a contenuto sessuale che lo ritraeva in atteggiamenti intimi con minorenni tunisini”. Un’accusa pesantissima per Crocetta che reagisce immediatamente: “Non sono mai stato con un minorenne, non esiste alcun video hard con ragazzini tunisini. È un pettegolezzo che mi porto appresso dal 2008 quando mi candidai per la seconda volta a sindaco di Gela. Presentai anche una denuncia finita nel nulla. E a distanza di 15 anni ancora si parla di questo video inesistente. Sono senza parole. La macchina per creare il mostro da sbattere in prima pagine si è messa in moto”. E anche sul finanziamento illecito? “Me lo spiegassero loro le procure devono presentare prove e non opinioni, dove sono le prove del video e dei soldi? Io vengo tirato in ballo senza che c’entri un accidente, ci sono persone che spettegolano. Perché non viene citata neppure una intercettazione a mio carico”. Tra le contestazioni all’ex presidente della Regione, anche una certa sollecitudine nei confronti di Catanzaro: secondo i pm, prima dell‘ordinanza del 7 giugno 2016, Crocetta “allertava telefonicamente il Catanzaro, della necessità di dotarsi, entro il 31 maggio 2016 di un impianto di bio-stabilizzazione, in assenza del quale non avrebbe più potuto autorizzare l’attività della discarica, rassicurandolo comunque sulla possibilità di ovviare alla temporanea indisponibilità della necessaria apparecchiatura, mediante sistemi mobili” e poi lo “metteva in contatto con un produttore di impianti mobili che potesse tempestivamente fornirne uno a quest’ultimo, così da consentirgli la prosecuzione dell’attività, pur in assenza dell’adeguamento alla normativa vigente”. Seguivano una serie di ordinanze presidenziali, secondo l’accusa, tarate su “richiesta della Catanzaro Costruzioni srl”.

A Crocetta viene addebitata anche la nomina di due assessore, entrambe alle Attività produttive, un settore cruciale per Montante, secondo quanto riportato dall’accusa, grazie al quale “a terza guerra mondiale putimmu fari”. Così parlava del settore alla guida del quale sarebbe stata innanzitutto Linda Vancheri, dipendente di Confindustria, da sempre considerata vicinissima all’imprenditore nisseno, con un contratto sottoscritto ad hoc, un attimo prima della nomina, nel 2012, già nota ma non ufficializzata. A capo dell’assessorato “chiave” per Montante, Vancheri procedeva alle nomine dei commissari delle camere di commercio, di fatto assecondando le richieste di Montante. Che non andava in guerra, ma un passaggio all’Expo del 2015 col suo “Antico torronificio nisseno”, che guarda caso veniva selezionato da Unioncamere tra le aziende che avrebbero rappresentato la Sicilia, “pur in assenza di espresse pattuizioni in tal senso e in difetto di analoga attività selettiva svolta dall’assessorato che così abdicava alle sue prerogative”. Ma niente è l’Expo di Milano, in confronto a Washington, dove è presente ancora una volta l’Antico torronificio nisseno. I dirigenti dell’assessorato consentono, infatti, la “Stipula di un accordo di collaborazione” per la “partecipazione di imprese siciliane ad un evento organizzato da Niaf a Washington dal 2 al 5 novembre 2017, accordo approvato “nonostante non si fosse raggiunto il numero minimo di aziende che avrebbero dovuto aderire con conseguente esborso a carico della regione di somme pari a 68 mila euro parametrate sulla presunta partecipazione delle 20 imprese previste, sebbene ne fossero state selezionate soltanto 9, poi ridotte a 6 per rinuncia da parte di 3”. La “gita” a Washington stavolta è consentita – sempre secondo i pm – dall’altra assessora vicina all’imprenditore siciliano, Maria Lo Bello (sempre alle Attività produttive dal primo ottobre del 2015, dopo le dimissioni di Vancheri), che non si limita ad atti a favore, così che, addirittura, assieme a Montante “costringevano, utilizzando modi minacciosi, Alessandro Ferrara, dirigente generale alle Attività produttive a rilasciare dichiarazioni alla polizia giudiziaria di Caltanissetta volte a screditare Marco Venturi che aveva già reso dichiarazioni contro il Montante”. Marco Venturi e Alfonso Lo Cicero erano nel mirino del “sistema” dell’ex numero uno di Confindustria. Lo Cicero era stato alla guida dell’Irsap, ma poi lì era arrivata Mariagrazia Brandaro, anche lei indagata oggi, perché ha avviato – questo sostengono i pm – una serie di indagini volte a screditare la gestione precedente, mentre al suo arrivo aveva provveduto “ad allontanare tutti coloro che risultassero invisi al Montante”.

I rapporti con l’Eni in cambio di soldi – Un paragrafo a se stante lo merita, poi, l’utilizzo – ipotizzato nell’avviso di conclusione delle indagini – dei contatti eccellenti come quella con l’allora presidente Eni, Emma Marcegalia, o con i dirigenti Salvatore Sarso e Bernardo Casa, persone vicine a Montante che “si faceva corrispondere, quale prezzo della propria mediazione illecita nei confronti dei questi, da Carmelo Turco, legale rappresentante di Turco Costruzioni srl, e dunque imprenditore interessato ad ottenere e mantenere appalti conferiti dalla Raffineria di Gela, al 100 per cento dell’Eni, Syndial spa, oggi Eni Rewind, partecipata di Eni, Versalis spa, sempre dell’Eni”. Per questa intermediazione Montante avrebbe venduto un immobile a Caltanissetta, proprietà di una società a lui riconducibile quasi tre volte il suo valore.

Le forze dell’ordine al suo servizio – Niente a che vedere con un viaggio per tutta la famiglia ad agosto a Cefalù. Una vacanza per Vincenzo Savastano, vice questore aggiunto della polizia di Stato in servizio presso l’ufficio di Polizia di Frontiera dello scalo aereo Fiumicino, con mansione di capo ufficio di Sicurezza, che assieme a moglie e figli soggiorna dal 19 al 22 agosto 2016, presso la struttura ricettiva La Casa del Lavatoio per un importo di 510 euro pagati da Diego Di Simone Perricone, ex commissario, e tramite di Montante – secondo l’accusa – nei rapporti con gli esponenti delle forze dell’ordine da oliare: “Tra febbraio e maggio 2017, la promessa, veicolata da Di Simone Perricone che teneva i contatti con entrambi riferendo poi a ciascuno le novità delle quali veniva a conoscenza, di un interessamento del Montante per agevolare un suo passaggio ad Interpol, quale ufficiale di collegamento verosimilmente in Macedonia, ove, peraltro, aveva sede lo stabilimento di un’impresa riconducibile a Montante”. Ed è grazie a Savastano che L’ex numero uno di Confindustria Sicilia viene accolto all’aeroporto di Roma come un vip. D’altronde è lui che gli fa avere due bici, una per sé, una bicicletta U-221 City Dream Uomo e una per la moglie di Savastano, Maura Lombardiuna, una bicicletta uguale ma da donna. Ma anche una minicar dell’importo di 13.550 euro che Savastano paga in prima battuta, ma poi la somma gli viene integralmente “restituita successivamente – scrivone i pm di Caltanissetta – su indicazione del Montante, che forniva la provvista finale, restituiva in contanti”. Per questo, quindi, secondo l’accusa, veniva consentito a “Montante di bypassare tutti i controlli di sicurezza e doganali sia in partenza che in arrivo per o da destinazioni estere: Germania, Macedonia”.

Ma il rapporto forte era con la Dia. Arturo De Felice in primis, direttore della Dia dal primo novembre 2012 all’ottobre 2014, che nel 2015, “otteneva grazie all’intercessione del Montante, per il figlio Otello, incarichi retribuiti da Confindustria nazionale e dalla Luiss, per la figlia Francesca, l’assunzione presso la Brunello Cucinelli spa”. Gaetano Scillia, nel maggio 2014, il trasferimento dalla Dia di Caltanissetta a quella di Reggio Calabria, molto più vicina a casa, ovvero a Messina. De Felice e Scillia “acquisivano materiale investigativo allo scopo di avviare procedimenti a carico di persone invise a Montante”. De Felice “sollecitava ai competenti Centri operativi e Sezioni operative della Sicilia, l’avvio di indagine di polizia giudiziari, o, in alternativa, funzionale all’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali, nei confronti di una pluralità di soggetti invisi al Montante”. Scillia addirittura lamentava “una sostanziale inerzia della procura rispetto alle sollecitazioni dell’ufficio e contemporaneamente inoltrava al procuratore della Repubblica di Caltanissetta analogo appunto epurato di queste ultime considerazione, recandosi personalmente a perorare la necessità di riprendere le attività investigative sui soggetti segnalati”.

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