Nonostante i Paesi Ue siano indietro con la campagna di vaccinazione anti Covid a causa dei tagli alle dosi operati dalle case farmaceutiche per il primo trimestre, a febbraio l’Unione europea ha esportato all’estero 25 milioni di dosi prodotte negli impianti del continente. La rivelazione, destinata a fare discutere, arriva dal New York Times che cita documenti interni a Bruxelles. Le esportazioni sono state dirette a 31 Paesi, ma in larga misura sono andate al Regno Unito, che ha ricevuto più di otto milioni di dosi, e al Canada, con più di tre milioni. Rientrano nell’elenco anche il Messico, destinatario di 2,5 milioni di fiale, e gli Stati Uniti. Il Paese americano, che dal canto suo ha messo in campo il Defence production act per controllare la sua produzione interna di vaccini ed evitare che vadano all’estero, ha ottenuto dall’Ue 651mila dosi.

Le esportazioni, stando a quanto riferito dal prestigioso giornale statunitense, sono avvenute tra l’1 febbraio e l’1 marzo, cioè quando era già entrato in vigore il meccanismo di controllo dell’export dei vaccini istituito dalla Commissione Ue dopo che AstraZeneca aveva ammesso che avrebbe mancato gli obiettivi di consegna per il primo trimestre. L’annuncio della casa farmaceutica aveva infatti suscitato il sospetto che una parte dei vaccini prodotti negli stabilimenti europei venisse dirottata in altri Paesi. Nessuno Stato membro, però, nel corso dell’ultimo mese sembra essere intervenuto per fermare le spedizioni. Il primo (e per ora unico) a farlo è stato l’Italia, che il 6 marzo ha stoppato l’invio di 250mila dosi del siero Astrazeneca destinate all’Australia. Una decisione avallata da Bruxelles e apprezzata dalla Francia, ma non dalla Gran Bretagna. Il portavoce del premier inglese Boris Johnson ha infatti dichiarato che “la ripresa dal Covid dipende dalla cooperazione internazionale, e porre in atto restrizioni mette a rischio la battaglia globale dei vaccini”.

Dichiarazioni che nei giorni scorsi hanno portato a un duro botta e risposta tra Londra e Bruxelles. Il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha infatti difeso le nuove regole sull’export introdotte dalla Commissione e ha accusato a sua volta il Paese britannico di aver fermato le esportazioni di vaccini. Downing Street ha bollato le accuse come “completamente false“, convocando il rappresentante diplomatico Ue a Londra per “ulteriori discussioni“. Johnson ha aggiunto di essere contrario “al nazionalismo sui vaccini in ogni forma” e ha chiesto pubblicamente a Michel di ritirare le sue affermazioni. A quel punto il presidente del Consiglio Ue si è detto “scioccato” dalla reazione degli inglesi, chiarendo che “la Ue non ha mai fermato le esportazioni”, ma ha “semplicemente messo in atto un sistema per controllare l’esportazione delle dosi” prodotte nel continente, mentre Usa e Regno Unito hanno imposto uno stop totale all’export di vaccini e componenti prodotti nei loro territori. Sul caso è poi intervenuto il portavoce della Commissione Eric Mamer per tentare di smorzare i toni: la presidente Ursula von der Leyen ha avuto già “qualche tempo fa rassicurazioni” da Johnson in un colloquio diretto sul fatto che “il Regno Unito non ha adottato alcuna misura rispetto alla fornitura di vaccini all’Unione Europea”.

Al netto delle polemiche tra Londra e Bruxelles, lo scoop del Nytimes piomba in una situazione già di per sé delicata. La Commissione europea è infatti sotto accusa da mesi per aver stipulato in presunto ritardo i contratti con le case farmaceutiche e per non aver previsto specifiche clausole per imporre il pieno rispetto dei patti. A fine gennaio, quando Astrazeneca ha annunciato di dover tagliare del 60% le forniture iniziali per il vecchio Continente, l’ad Pascal Soriot ha dichiarato che da contratto “non c’è alcun obbligo verso l’Ue“, ma solo l’impegno a fare “del nostro meglio”. Il 61enne ha quindi negato di aver dirottato i “vaccini degli europei verso altri Paesi“, ma ha anche ammesso che le forniture destinate al Regno Unito non possono essere condivise con l’Unione perché “l’accordo con il governo Johnson è stato raggiunto tre mesi prima“. Ora invece emerge che le case farmaceutiche hanno esportato dall’Unione europea diversi milioni di dosi – secondo documenti citati da Bloomberg salgono a 34 milioni fino al 9 marzo -, mentre il dipartimento della Sanità britannico non ha voluto rilasciare alcuna cifra ufficiale.

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