“Questa zona rossa non è una punizione, ma una prudenza per superare con un senso di comunità questa situazione critica”. Lo dice Francesco Vassallo, sindaco di Bollate, uno dei quattro comuni lombardi che da questo pomeriggio alle 18 è diventato zona rossa. In questo comune di 36mila abitanti alle porte di Milano da questa sera fino al 28 febbraio rimarranno aperti solo i negozi di generi alimentari insieme a farmacie, tabaccai, estetiste e parrucchieri. Per uscire da casa servirà l’autocertificazione e le scuole di ogni ordine e grado rimarranno chiuse. Una settimana fa il focolaio era partito proprio in una delle scuole primarie del territorio. “La scuola è stata chiusa immediatamente – spiega il dirigente dell’Istituto Rosmini Salvatore Biondo – sono state disposte le quarantene e abbiamo rilevato un contagio diffuso tra gli alunni e il personale scolastico”. Tra questi anche alcuni casi della variante inglese.

“Non sono i numeri che fanno la differenza – precisa il sindaco – ma il fatto che ci sia questa variante ci fa pensare che sia la punta dell’iceberg”. Questo è stato uno dei fattori che ha portato alla decisione di istituire la zona rossa. “È la terza volta che mi tocca chiudere” racconta Mirella che gestisce un atelier di moda nel centro del paese. Lei come tanti commercianti del centro non è d’accordo con le misure. Dopo le sei il centro inizia a svuotarsi. Qualche pattuglia dei vigili urbani e dei carabinieri presidia il centro, ma alle sette della sera la piazza del municipio è deserta. “È mancata una coscienza sociale nelle ultime settimane – spiegano due bariste con rammarico – abbiamo visto gente senza mascherina, così facendo si rischia che il sacrificio sia vano”.

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