Ho capito una cosa: nella vita puoi diventare una polpetta tra le lamiere in un batter d’occhi.
Scena dell’incidente: AA1. Il 4 gennaio 2021. La mia Yaris distrutta, io illeso. Tre macchine coinvolte, quattro compresa quella del pirata. Finalmente ho visto da vicino un pirata… ah, hanno questo volto i pirati della strada (autostrada in questo caso)? Per darvi un’idea: era una fusione tra Al Pacino e Leone di Lernia.

Il suddetto Pacino-Lernia non si è accorto del rallentamento di tutte le auto con le quattro frecce, è venuto giù sparato sulla corsia di sorpasso, ha preso una prima auto, facendola girare come una trottola, poi una seconda che è venuta addosso a me, e mi ha scavalcato ribaltandosi.

Ora il racconto si fa diretto: scendo dalla mia Yaris, la mia mente mi dice “Ricky, dentro quella macchina ribaltata c’è qualcuno sicuramente”, la mia mente mi dice quasi sempre cose plausibili, quindi la seguo. Apro la portiera, dentro a testa in giù c’è una ragazza bionda, labbra carnose, bellissima, pantaloni fascianti, è in stato di choc, piange. Il mio è un senso estetico immediato, anche durante un incidente.

Nella testa ho Chips, tutti i telefilm americani che ho visto, macchine che prendono fuoco, cose di questo tipo. Alle mie spalle arriva Pacino-Lernia che inizia ad urlare: “Tirala fuori, subitoooo”. La ragazza continua a ripetere: “Avevo le quattro frecce, le mie gambe, le mie gambe mi fanno male…”.

Cerco di tranquillizzarla, le dico che è viva e sembra che non si sia rotta niente, ma ora deve uscire dalla macchina, la estraggo con tutta la mia forza. Si regge in piedi, appoggiata a me, piange. Pacino-Lernia mi urla di sdraiarla e di metterle sotto la testa la mia sciarpa. Lo faccio e non solo, mi tolgo il cappotto di pelle e la copro, ha l’ombelico scoperto, un bellissimo ombelico.

Pacino-Lernia è agitato, ancora non l’ho identificato come il pirata, ancora devo capire la dinamica, sono confuso. Stanno arrivando autoambulanza, vigili del fuoco, polizia e pronto soccorso stradale. Nell’attesa la ragazza bionda, deve essere dell’Est, mi chiede di recuperarle il portafoglio. Mi inginocchio, e nel prendere il portafoglio mi ferisco a un dito con i vetri del finestrino. Finalmente sanguino, sanguino anche io!

Mi sento legittimato in un certo senso. Anche io in fondo sono una vittima, mi sanguina un dito e la mia Yaris è distrutta, anche se mantengo un aplomb straordinario per tutto il tempo, che ci volete fare? Lo stile è lo stile. Poco a poco l’incidente prende forma nella propria dinamica sequenziale, tramite testimonianze di altre vittime coinvolte.

Nella prima macchina colpita c’erano Edgar, una donna e un bulldog francese di nome Raul. Edgar ha le lacrime agli occhi, ma tremano ai bordi, non scendono, come nei cartoni animati giapponesi.

Mi dice che sua moglie ha una costola incrinata, aggiunge che la moglie è la guardia del corpo di Claudio Lotito e Nicola Zingaretti, e stavano proprio andando a Roma. “Ci è andata bene, lo abbiamo visto arrivare a tutta velocità dallo specchietto retrovisore, per fortuna non ci ha preso al centro, ma lateralmente. Tu che macchina sei?”. Gli indico la Yaris distrutta.

Ci abbracciamo, accarezzo Raul, il suo bulldog francese non sembra turbato più di tanto, accoglie le mie carezze con placido garbo canino. Intanto arriva la polizia e tutto il resto, il mio dito insanguinato fa strage del mio Panama, della mia patente, insanguino ogni cosa che tocco, anche il libretto e l’assicurazione. Nessuno mi offre un cerotto, sarà per via del mio aplomb. Un poliziotto impietosito mi passa dei fazzoletti di carta.

Pacino-Lernia urla, è scalmanato, i poliziotti già lo hanno ribattezzato “il fenomeno”, si rifiuta anche di fare il palloncino, mentre io soffio con tutto me stesso la mia innocenza e godo quando il risultato viene detto ad alta voce: zero.

La bella fanciulla dell’Est viene caricata sulla barella, le dico il mio nome, lei mi dice il suo, non lo capisco bene, mi sembra Anika, ma non le chiedo di ripeterlo, noto che le trema la mano, le sorrido e non lo dimenticherò mai: lei trova la forza di accennarmi un sorriso, prima di essere portata via.

Si spazza la strada, ormai siamo alla fine, l’autostrada sta per essere liberata, Pacino-Lernia viene portato via dalla polizia, io firmo per non andare al pronto soccorso e mi faccio portare a Piacenza dal soccorso autostradale. Michele è alla guida del carro attrezzi, prima mi chiede se parlo italiano (sarà il Panama che fa straniero?), poi mi fa salire e durante il tragitto mi racconta tutta la sua vita.

“Lei è un giornalista? Il Fatto Quotidiano? Le dico subito che io sono negazionista, è tutto un complotto delle case farmaceutiche… prima i politici erano ladri ma almeno avevano un volto… io sono divorziato… ho un figlio autistico… la mia ex moglie mi ha denunciato e mi ha fatto condannare per aggressione, l’altro figlio non mi parla, me li ha messi contro tutti e due, no, non ero socialista, votavo Berlinguer, se mi sono risposato? No, ma ho trovato una compagna, sa Farina, quando uno torna a casa dopo una giornata di lavoro… insomma, fa piacere trovare un piatto di pasta caldo… se vuole posso accompagnarla alla stazione di Piacenza…”.

Scarichiamo la macchina e mi faccio accompagnare. “Fa film? Vedo che ha il treppiede, io lo uso per pescare, ci appoggio la canna, va bene Farina, è andata bene, ne ho viste di tragedie io, due lesbiche e due mastini, tutti morti sul colpo, un’estate di qualche anno fa, un suv a tutta velocità… che spettacolo orribile e triste… addio Farina”. Grazie Michele, sei un negazionista simpatico, e poi sei stato gentile ad accompagnarmi alla stazione.

Mando messaggi a Ethel, a qualche amico, a mio fratello e a mamma. Mio fratello viene a prendermi con l’auto di mamma. Chiamo mia zia Marna che era tutta in ansia (lei ha superato un tumore, un infarto e un ictus): “Zia, tutto bene, sto bene, solo la Yaris è da rottamare”.

Mia zia mi risponde che un’altra Yaris si trova, un altro Ricky Farina no. Siamo unici, esemplari unici, ognuno di noi, anche Pacino-Lernia è unico. Ci voleva un incidente e zia Marna per farmi capire fino in fondo questa verità. Un brivido di felicità mi coglie e posso riabbracciare mamma. Il dito non sanguina più.

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