Nella tragedia o nella catastrofe viene fuori la verità delle persone: la loro essenza. Non solo, viene fuori anche l’essenza della società, nel nostro caso: la società dei consumi. Quando Giuseppe Conte parla delle festività natalizie, della loro importanza affettiva, subito dopo mette la parola “consumi”. Il Natale serve alla società consumistica, non è certo lo scandalo di un Dio onnipotente che s’incarna nel dolore e nella mortalità, figuriamoci, il Natale è il regno del panettone e della coca cola e di tante altre cosette che hanno un codice a barre.

Non sono certo un moralizzatore, non amo castigare niente e nessuno, nemmeno i costumi e tantomeno i consumi. In fondo la vita ci consuma giorno dopo giorno, festività dopo festività, quindi una “civiltà consumistica” è una civiltà più sintonizzata con la verità dell’esistenza: siamo saponette umane. Ben venga quindi il Covid a mettere il dito nella piaga di ciò che siamo.

Il virus fa emergere anche la verità dei singoli individui: c’è chi si barrica in casa e si fa portare le pizze da Marte e c’è chi la prende alla leggera e svolazza in giro con una mascherina da polso. C’è chi vede complotti ovunque perché è di natura diffidente o perché appassionato di spionaggio e chi invece si fida di tutto, anche delle apparenze, io appartengo alla seconda categoria: penso che tutto sia apparenza, basta scavare nelle cose e si trova la natura fantasmatica del Reale.

Stare in casa per me non sarà un problema, sono 51 anni che passo la mia vita in casa, e vi informo che i tappeti volanti esistono: basta lanciarli dalla finestra. Sono stato sempre un casalingo, il mio motto è “datemi un punto d’appoggio e starò più comodo”, ho anche rielaborato la poesia di Ungaretti in: m’illumino d’interno. Ho sempre considerato la categoria delle casalinghe come quella più coraggiosa, al pari dei pompieri, lottare contro il fuoco e la polvere, c’è qualcosa di più nobile? Vi dirò di più: il fuoco a volte si può anche domare, ma con la polvere è una partita persa in partenza: noi siamo polvere!

Il virus non ha fatto altro che intensificare la mia natura domestica, se prima mi sentivo in colpa verso chi si fiondava in strada per arrivare puntuale al lavoro, ora mi sento giustificato, non solo, mi sento anche uno che ha anticipato i tempi, una sorta di profeta dell’arredamento interiore. Vedo il prossimo e auspicabile (dal mio punto di vista) lockdown come una sorta di condanna all’intimità e alla conoscenza: conosci te stesso e nulla di più.

E voi che avete perso il vostro volto, triturati dalla routine del lavoro, approfittate di questa occasione che vi viene data: il Covid quando non diventa “carenza di respiro” o tracollo finanziario è una benedizione, catastrofe significa mutamento. Cogliete l’occasione, cogliete la catastrofe, in una dimensione temporale nuova, meno congestionata dalle scadenze, avrete la possibilità di cogliere voi stessi.

Dopo, quando tutto finirà, tornerete a consumarvi. Tornerete a perdere il vostro volto fra gli ingranaggi della società dei consumi, ma ora abbiate la follia di essere dei santi, dei martiri della verità, della vostra verità, l’unica verità che potete incarnare in questa vita che ci consuma: festività dopo festività, decreto dopo decreto, fino alla polvere.

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