Nell’ottobre del 2017 ho fatto in questo blog un primo riesame dei primi mesi di operato del primo (e più strano) presidente americano che sia riuscito in questo secolo ad entrare nella Casa Bianca senza provenire dalla politica. Lui infatti, anche se si è presentato come rappresentante del Partito Repubblicano, non è mai stato prima un politico, ma un affarista miliardario con forti interessi nel campo immobiliare e nelle sale da gioco di alto livello (il più grande casinò del New Jersey è suo).

Per questo, pur rispettando la sua elezione, formalmente regolare, ma densa di punti interrogativi per quel suo spavaldo modo di fare capace di minimizzare anche problematiche molto serie sul piano economico e sociale, già dopo pochi mesi dalla sua inaugurazione ho deciso di scrivere un post, intitolato Donald Trump, l’alieno alla Casa Bianca che gioca a destabilizzare, e mai è stata così vera questa constatazione come ora che è arrivato il momento del commiato.

E’ certamente comprensibile che a lui dispiaccia essere stato licenziato dopo aver fatto tanto per rimanere altri quattro anni, ma non è il primo a cui capita questo giudizio dagli elettori. Lui invece l’ha presa proprio male e ha pensato di schierare (a dimostrazione che sono stati gli altri a non aver capito) un buon numero di suoi “fans” a protestare fuori dal Campidoglio proprio nel giorno in cui ci si riuniva per approvare il passaggio delle consegne a Biden.

Quello che è avvenuto in quella disgraziata giornata lo hanno visto tutti anche in Italia: un assalto al “Palazzo” del Campidoglio americano che ricordava più l’assalto alla Bastiglia di due secoli fa, quando partì la rivoluzione francese, che la pacifica protesta di sostenitori di un politico sconfitto alle urne. Che poi non si capisce nemmeno di cosa dovrebbero protestare i suoi tifosi (oltre al fatto che proprio lui lo ha chiesto con le sue continue proteste e accuse senza prove).

Tuttavia, da americano espatriato in Italia (dopo essere stato un italiano espatriato in America), non essendo stato per niente sorpreso dai milioni di voti presi da Trump, ho voluto documentarmi un poco anche consultandomi con amici del Texas e leggendo opinioni opposte tra loro scritte da organi di stampa specializzati.

Non mi è possibile per ragioni di spazio riportare interamente i due articoli che ho scelto, ma se conoscete l’inglese potete confrontarli e giudicare da soli. L’articolo It happened in America (E’ accaduto in America) racconta con pieno sdegno l’accaduto, chiedendosi come possa essere successa una cosa del genere proprio negli Stati Uniti, simbolo di libertà e democrazia in tutto il mondo. “Questa è una insurrezione, altro che protesta!” si afferma esplicitamente nell’articolo.

Lo sdegno però ce l’hanno anche quegli altri, quelli che invece addossano tutta la colpa a Joe Biden e ai democratici.

L’articolo Usa, il presidente dimezzato (scritto in italiano da Mario Galardi su Notizie Geopolitiche) dice infatti tutto il contrario e racconta tutte le “manovre” inventate dai democratici (guidati da Biden) per falsare le elezioni mediante milioni di voti rubati o fatti sparire, o di voti duplicati o dati da persone che non ne avevano diritto: logico che poi Trump si senta derubato e privato del suo diritto di continuare a governare per altri 4 anni. Secondo il pezzo, lui avrebbe voluto semplicemente finire il lavoro iniziato e mantenere così tutte le promesse fatte agli americani. La protesta – che lui ha sostenuto ma che sarebbe stata spontanea – voleva quindi solo “informare” il Congresso sull’ingiustizia che stava subendo. Poi purtroppo la cosa sarebbe sfuggita di mano a tutti a causa di qualche esagitato che ha perso il controllo, provocato però da chi voleva persino impedire la protesta.

Beh, se vogliamo fare una comparazione tra i due scritti si vede subito chi fa analisi vera e chi semplicemente simpatizza per Trump.

La colpa dell’irruzione nel Congresso, a giudizio di Galardi, è tutta del fatto che “…è evidentemente mancato il servizio d’ordine, sempre necessario quando si concentrano centinaia di migliaia di persone”. Già qui si può notare l’esagerazione. Quelli che abbiamo visto nel filmato saranno stati al massimo qualche migliaio, non “centinaia di migliaia”.

Subito dopo afferma che l’irruzione ha danneggiato solo Trump che “…aveva invitato a dimostrare pacificamente”. Se fosse vero, Trump, che ovviamente seguiva in diretta a distanza quella sommossa, sarebbe intervenuto subito a ordinare di fermarsi, e loro si sarebbero fermati. Invece è rimasto volutamente zitto per tutto il tempo della gravissima occupazione, che ha fatto tra l’altro quattro morti. Solo alla fine ha detto di “tornare pacificamente a casa”. Credo che basti a capire che i fatti sono raccontati con grande libertà e pochi riscontri con l’accaduto. Ma così è la gran parte dell’informazione oggi.

Non bisogna illudersi però che con l’insediamento di Biden alla Casa Bianca tutto ritorni normale. Trump è stato chiaro su questo punto: organizzerà politicamente i suoi milioni di tifosi, non disperderà quel capitale di consensi faticosamente conquistato, e si ripresenterà tra 4 anni più forte di prima. Attenzione però: la prossima volta non avrà più bisogno dei repubblicani, si presenterà da “indipendente” (non l’ha ancora detto, ma sono sicuro che a quello sta pensando). Ormai anche i repubblicani sono una zavorra per lui. La gente ha votato per lui, non per i repubblicani che lui ha già ridicolizzato nelle primarie del 2016.

Questo modo di raccontare i fatti e queste intenzioni sono già da ora un pericolo serio per la democrazia americana, anche se i prossimi quattro anni saranno governati da Biden.

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