Nuova tornata di messe in mora e procedure di infrazione Ue nei confronti dell’Italia per il mancato adeguamento alle direttive europee su temi che vanno dalle concessioni balneari all’abuso dei contratti precari nella pubblica amministrazione fino all’inquinamento delle acque causato dai nitrati di origine agricola. Roma ha due mesi per rispondere alle argomentazioni sollevate dalla Commissione, dopodiché Bruxelles potrà passare alla tappa successiva delle procedure d’infrazione. I balneari, che in luglio hanno incassato una nuova proroga di oltre dieci anni delle concessioni in essere, si dicono comprensibilmente “certi che il Governo e il Parlamento saranno uniti nel difendere una legge approvata all’unanimità e recentemente ribadita con due decreti (il dl nr. 34/2020 e con il dl nr. 104/2020)”. Non solo: Antonio Capacchione, presidente del Sindacato Italiano balneari aderente a Fipe/Confcommercio, dice di attendersi che “si ricordi alla Commissione di essere rispettosa delle prerogative nazionali e, soprattutto, della sentenza della Corte europea del 14 luglio 2016 che ha riconosciuto la tutela del legittimo affidamento delle aziende balneari attualmente operanti”.

Le concessioni balneari prorogate fino al 2033 – La Commissione ha innanzitutto inviato una lettera di messa in mora sulle concessioni balneari visto che l’Italia a luglio “ha prorogato ulteriormente le autorizzazioni vigenti fino alla fine del 2033 e ha vietato alle autorità locali di avviare o proseguire procedimenti pubblici di selezione per l’assegnazione di concessioni, che altrimenti sarebbero scadute, violando il diritto dell’Unione”. Questo dopo che, in una sentenza del 14 luglio 2016, la Corte di giustizia dell’Unione europea aveva stabilito che la normativa e la pratica esistente a quel tempo in Italia di prorogare automaticamente le autorizzazioni delle concessioni balneari erano incompatibili con il diritto dell’Unione. “Gli Stati sono tenuti a garantire che le autorizzazioni, il cui numero è limitato per via della scarsità delle risorse naturali (come le spiagge), siano rilasciate per un periodo limitato e con procedura di selezione aperta, pubblica e basata su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi”, al fine di “fornire a tutti i prestatori di servizi la possibilità di competere per l’accesso a tali risorse limitate, di promuovere l’innovazione e la concorrenza e offrire vantaggi a consumatori e imprese”, scrive Bruxelles.

L’abuso dei contratti a termine nella pa – La Commissione europea inoltre esorta ancora una volta l’Italia a “prevenire l’abuso dei contratti a tempo determinato e ad evitare condizioni di impiego discriminatorie nel settore pubblico“. L’esecutivo Ue ci ha mandato una seconda lettera di messa in mora, primo stadio della procedura di infrazione, perché “i lavoratori del settore pubblico non sono ancora protetti a sufficienza contro la discriminazione e l’abuso di contratti in successione a tempo determinato”, come invece è previsto dal diritto Ue. A tutt’oggi, “diverse categorie di lavoratori del pubblico in Italia non sono protetti” dall’abuso di contratti temporanei: sono “insegnanti, lavoratori della sanità, impiegati nelle arti superiori, nell’educazione musicale e alla danza, il personale di alcune fondazioni di produzione musicale, il personale accademico, lavoratori agricoli e Vigili del Fuoco volontari“. Queste persone, osserva la Commissione, hanno anche condizioni di lavoro peggiori rispetto ai colleghi assunti a tempo indeterminato. In più, l’Italia non ha previsto “sufficienti salvaguardie” per prevenire la discriminazione nei confronti dei lavoratori più anziani. L’esecutivo Ue ha avviato la procedura di infrazione nel luglio 2019. Dato che le spiegazioni fornite dal nostro Paese non sono state ritenute soddisfacenti, manda ora una seconda lettera.

L’inquinamento da nitrati – La Commissione ci ha anche inviato un’altra lettera di messa in mora nell’attuazione della direttiva sui nitrati, che punta a proteggere la salute umana e l’ambiente riducendo e prevenendo l’inquinamento delle acque causato dai nitrati di origine agricola. In base alla direttiva, gli Stati membri devono monitorare le loro acque e identificare quelle che sono inquinate o potrebbero essere inquinate da nitrati provenienti da fonti agricole. A novembre 2018 la Commissione aveva inviato una prima lettera di messa in mora e ora ritiene che servano “ulteriori misure”. Nel frattempo, avverte, “sono peraltro sorte alcune nuove problematiche, come la riduzione di un periodo di chiusura continuo (durante il quale è vietata l’applicazione di fertilizzanti) e la mancata revisione di alcuni programmi d’azione regionali”.

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