“C’è ragione di chiedere scusa per come sono andate le cose. Non ho problemi a farlo perché sono stati commessi errori“. Parla in lacrime la premier danese Mette Frederiksen, mentre si scusa con gli allevatori di visoni dopo l’ordine del governo per l’abbattimento di un terzo dei mammiferi negli allevamenti di tutto il Paese, ovvero di 17 milioni di animali. Una decisione che è arrivata a seguito della scoperta di una mutazione del coronavirus proprio in alcuni allevamenti dello Jutland, poi riscontrata anche in altri Paesi in Europa, dalla Spagna alla Lituania. L’ordine dell’abbattimento di milioni di animali era però stato impartito dal governo senza la necessaria autorità per farlo, motivo per cui il ministro per l’Agricoltura aveva rassegnato le dimissioni. “Abbiamo qui due generazioni di allevatori di visoni pieni di esperienza, padre e figlio, che in brevissimo tempo hanno visto morire i loro animali“, ha detto Frederiksen, che ha avanzato le sue scuse dopo aver incontrato una famiglia di allevatori nella loro fattoria nello Jutland. Già lo scorso 10 novembre la premier aveva ammesso gli errori parlando davanti al Parlamento.

Jensen si è dimesso dopo che il governo aveva annunciato il piano per l’abbattimento di 17 milioni di visoni varato senza il sostegno di una legge adeguata. Secondo l’ex ministro il governo avrebbe potuto raccomandare l’abbattimento ma non ordinarlo e ha proposto un disegno di legge che proibisce allevamenti di visoni fino alla fine del 2021. Intanto è stato comunque completato l’abbattimento degli animali in 284 allevamenti, un quinto del totale.

La scelta di Budapest – Intanto oggi il governo ungherese ha annunciato l’adozione, con urgenza, di una legge per vietare l’allevamento di visoni in modo da evitare il trasferimento di questi allevamenti da altri Paesi dove sono già stati vietati, o dove è avviato l’iter legislativo che li metterebbe al bando. Ad essere vietati oltre agli allevamenti di visoni, anche quelli di altre specie animali sfruttate per la pelliccia come volpi, puzzole e nutrie. Si tratta di specie che attualmente non sono allevate in Ungheria ma che, di conseguenza, non potranno più mai esserlo. In Ungheria restano comunque ancora attivi allevamenti di cincillà e di conigli per la lana d’angora, anche se il governo sembra intenzionato a porre fine anche a queste produzioni.

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