Musica

I concerti. Come ci mancano i concerti

TRA FICTION E REALTA' - UNA LETTURA DA SABATO

di Claudia Rossi

I

Jane ed Erik non sentono niente se non la chitarra di lui. A Monterey è una giornata tutto sommato fresca ma in mezzo alla folla sembra sia sceso il sole furioso del Texas. Eppure siamo in California. Erik mette una mano sul culo di Jane, lei non la toglie. Sono usciti per la prima volta, e lui ha deciso per Hendrix, live. Anche se, lo sapeva, che lei avrebbe avuto occhi solo per il palco. “Ehi, ma cosa fa? Ha preso dei fiammiferi?“. Erik non risponde nemmeno, annichilito da quello che sta vedendo. Jimi sta bruciando la sua Stratocaster. La scena eccita l’aria, Jane e Erik si baciano. Come potranno mai dimenticare quel primo appuntamento?

II

All’Hilton di Las Vegas qualcosa continua a ricordarle l’odore dei mobili vecchi. Lo sfarzo è senza limiti, la mancanza di gusto da restarci secchi. Si avvicina alla sala dove vedrà il concerto e si accorge che il lungo vestito di velluto verde è appena macchiato. Chi se ne importa. Nessuno le presterà attenzione. Si siede al suo posto, l’ha pagato a peso d’oro: non che non possa permetterselo, suo padre vende automobili Ford, se la passano bene. Tina è andata da sola: lei e il Re. Questo il programma. E appena Elvis sale sul palco, lei è sua. Completamente sua. Menomale che non ha portato quel cretino di Marty, suo marito: sarebbe stato ubriaco da un pezzo, l’avrebbe fatta sentire in imbarazzo. Arriva Suspicious Mind. Il Re è gonfio, sfatto, sudato. Ma tiene il palco che è una bellezza. Si muove come nessuno, canta come nessuno, è come nessuno. Quando si abbassa fino a toccare il palco con l’inguine, sono veramente solo loro due. Come potrai mai dimenticare quel momento?

III

Possibile che il Forum non sia pieno?” “Boh, può essere“. Pieno o no, a Federico, Tommy e Marco non importa granché. Sono i cantanti, anzi gli uffici stampa che negli ultimi anni hanno preso a cuore la faccenda dei “sold out”, tanto da inventarseli anche quando non ci sono. “Prendo tre birre”. Nemmeno aspetta la risposta, Tommy. È un po’ che non vanno a un concerto insieme: crescere, cazzo, che storiaccia. Da più che trentenni è diventato sempre meno facile ‘trovarsi’, trovare il tempo, o semplicemente trovare qualcuno che valga la pena ascoltare live. Alex Tuner arriva sul palco. Pare una rockstar d’altri tempi, ci sono ragazzine giovanissime “in tiro” come se il frontman degli Arctic Monkey a Milano dovesse trovarci moglie. I tre si piazzano in piedi, defilati. Muovono la testa, ogni tanto uno di loro ghigna di soddisfazione. Le ragazze passano loro davanti ma chi le vede: non sono mica li per rimorchiare. Gli sguardi fissi sul palco, sugli strumenti, su Turner. R U Mine, che chiude la scaletta, arriva troppo presto. “Oh ragazzi, piglio la metro, ci si vede“. “Ciao“, “Ciao“. Poche storie. Ma lo sanno tutti e tre che “quella volta che siamo andati a vedere gli Arctic, era la seconda?”, spunterà nelle cene che faranno come tutti gli altri concerti che hanno visto insieme.

IV

Ti porto a vedere Ennio Morricone, a Roma“. “Ok“. Poche parole, le coppie di lunga data, a volte fanno così. Livia si chiede come mai non vada con il suo solito amico, “quello dei concerti”, anche perché lei, che pure ha un discreta conoscenza di rock e pop, non ha molta dimestichezza con le colonne sonore. E sa che si tratterà di questo, anzi, sospetta che sarà come trovarsi in un vecchio western, genere che non le è mai piaciuto. Poi arriva quella sera, e fa un freddo cane. L’Auditorium parco della musica è pieno. I loro posti sono in alto, si vede bene. L’orchestra inizia a suonare. Il cuore le fa un salto in petto, dischiude appena le labbra, è fottuta. Rapita, perduta, innamorata. Poi arriva. Chi Mai (Maddalena). Gli archi. Livia piange. “Le si attorcigliano le budella”. È una grazia che non pensava di poter avere, stringe la mano di lui. Come potrà dimenticare quella sera?

V

Nel locale c’è puzza di fumo e poltrone di ciniglia impregnate di sudore. Gente in piedi, qualcuno seduto ai tavoli, molti fanno “dentro e fuori”. Arriva sul palco la band della serata. I Megliotardi. Nei locali di provincia funziona così, si piglia quello che c’è. Sono in quattro, attaccano a suonare e nessuno li considera minimamente. Forse neanche il fonico, visto che l’audio fa schifo e il microfono ‘fischia’. Dopo un po’ aggiustano i volumi. Nessuno si azzarda ad andare davanti al palco ma al terzo, quarto pezzo, la cosa inizia a sembrare fluida. Qualcuno batte i piedi, molti si girano verso il cantante. Non sono i Beatles e chissà che gli ha detto il cervello prima di scegliere quel nome, ma se la cavano. Anzi, quando se ne vanno e torna la selezione musicale dalle casse, quasi dispiace. La musica live e le playlist da locale. Come fare l’amore o guardare un porno.

Tra realtà e fiction, i concerti. Verità e dettagli strappati alla fantasia. I concerti non ci sono più, almeno per ora. La crisi del settore spettacolo è nota ma nessuno perde come i live: -86,7% la spesa del pubblico e -86,4% la spesa al botteghino. Servono riforme strutturali. Serve di poter ricominciare. Per farlo bisogna fare secco il covid-19 e si può fare con il rispetto delle regole e con la fiducia nell’arrivo del vaccino. Questo, ora. Poi pensare a come rimettere in piedi un settore. A come far tornare i cantanti sui palchi e la gente ad ascoltarli. Perché ci mancano, accidenti se ci mancano, i concerti. Ci si innamora ai concerti (spesso del cantante). Ci si lascia ai concerti. Ci si mette a ballare ai concerti. Ma soprattutto, ai concerti si canta. E si vive. Viva la musica live.

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