Dalle prime all’ultima posizione. Nel giro di un mese l’industria italiana precipita dalla vetta alla coda della classifica europea sull’andamento della produzione. Al più 7,7% di agosto ha fatto seguito il -5,6% di settembre . Rispetto al settembre 2019 il calo è del 5,1%. Di questi tempi dati e variazioni sono fortemente influenzati dagli “stop and go” causati dalla pandemia e dalle relative misure di contenimento. Tuttavia è preoccupante il fatto che la flessione riguardi un mese in cui nel nostro paese non erano ancora state disposte misure di contenimento e le aspettative non erano così negative come nei periodi successivi.

Come rileva Eurostat, l’istituto europeo di statistica, nel complesso dell’area euro la produzione industriale è scesa dello 0,4% rispetto ad agosto. Su base annuale, cioè rispetto a settembre 2019, la produzione industriale della zona euro è calata del 6,8%. Insieme a quello italiano i dati peggiori hanno riguardato Irlanda (-4,7%) e Portogallo (- 3,8%). Viceversa i migliori rialzi sono stati registrati in Repubblica Ceca (+4,1%), Slovacchia (+3,4%) e Polonia (+3,1%). Tra i big la Germania ha messo a segno un recupero dell’1,7%, la Francia un + 1,5%, la Spagna un + 0,6%.

Sull’industria italiana cala però oggi anche l’allarme del “Barometro Censis-commercialisti sull’andamento dell’economia”. Secondo lo studio la pandemia starebbe mettendo in pericolo la sopravvivenza di 460mila piccole e medie imprese (Pmi). Tante sono le realtà “con meno di 10 addetti e sotto i 500.000 euro di fatturato” a rischio di fallimento nel 2021 (l’11,5% del totale). Ed è in gioco un giro d’affari di “80 miliardi e quasi un milione di posti di lavoro“.

La Banca centrale europea segnala invece come circa il 20% delle imprese italiane potrebbe essere a rischio fallimento per via della carenza di liquidità, causata dalle misure di chiusura e contenimento del virus, e in assenza di politiche di sostegno. E’ quanto emerge da uno studio Bce, che simula la dinamica della liquidità delle imprese nel tempo. L’analisi, realizzata su imprese operanti nel settore privato di quattro paesi dell’area dell’euro: Germania, Spagna, Francia e Italia, mostra che la Spagna è il paese maggiormente colpito, con circa il 25% delle imprese a rischio, “ipotizzando che non vengano adottate politiche di sostegno”, viene spiegato nell’articolo.

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