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Usa 2020, Trump tenta la carta del vittimismo ma i suoi veleni non fermeranno Joe Biden

Usa 2020, Trump tenta la carta del vittimismo ma i suoi veleni non fermeranno Joe Biden
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“Papà, se tu dici che questo è un quaderno e io dico che è un elefante, chi ha ragione?”. Il padre, un filosofo del linguaggio, lodò il figliolo di 5 anni, per la profondità della sua domanda (vero). Lo stesso problema ci viene posto da certi mentitori seriali particolarmente spudorati.

Ieri, mentre lo spoglio elettorale era ancora in corso, Donald Trump è andato in TV ad auto-proclamarsi vincitore; ha denunciato un tentativo di scippo delle elezioni da parte dei suoi avversari. “Per tutelare l’integrità [del processo democratico], per il bene della nazione” ha chiesto di “fermare” la conta dei voti negli Stati dove lui è in vantaggio e Joe Biden in rimonta (Wisconsin, Michigan); e che invece dove la situazione è opposta – Arizona – i voti fossero contati fino all’ultimo.

Il Presidente accusa i democratici di voler rubare le elezioni perché è ciò che lui intende fare. A tal fine confonde le acque rendendo più difficile distinguere i buoni dai cattivi: “Never argue with a fool: people might not know the difference”, dice un proverbio. Il vittimismo è la premessa, razionale ed emotiva, di comportamenti specularmente riprovevoli, ma giustificati dall’intento (pseudo) “difensivo”. Meglio di me lo disse Fedro. La spudoratezza degli argomenti è addirittura ricercata – Arizona sì, Michigan no – : diventa segno di riconoscimento, medaglia, parola d’ordine per le truppe e “chi ci sta”. E un ballon d’essai agli avversari, per saggiarne la capacità di risposta.

Trump ha infatti subito aggiunto: “Chiederemo l’intervento della Corte Suprema!”. Con ciò abilmente tutelandosi dalle possibili accuse di tradimento, attentato alla Costituzione, incitazione alla violenza, e altre illegalità. Ma il messaggio subliminale è chiaro e… inconfessabile. La tattica di lanciare il sasso e nascondere la mano – “Scherzava!?” – fu usata con successo da Mussolini nel 1921-23: scalò il potere grazie a un movimento paramilitare organizzato alla luce del sole; che, si credeva, fosse poco più che folklore. E forse lo era, se cinque carabinieri furono in grado di fermare 500 fascisti. Basta volerlo.

Mentre si attende di proclamare Biden vincitore, la borsa vola, non attribuendo al tentativo autoritario del Presidente alcuna possibilità di destabilizzare gli Stati Uniti. Non tanto per la solidità delle istituzioni, che Trump ha riempito di fedelissimi (o presunti tali); quanto per la ferma e tranquilla reazione innanzitutto dei media, che sta contagiando il Paese. Grazie alla credibilità: nessuno dubita che denuncerebbero il nuovo Presidente Joe Biden, se mentisse al popolo.

Ma se Trump è arrivato a tanto, qualche domanda i democratici dovranno farsela. Innanzitutto sulle istituzioni, che producono leader poco rappresentativi (Trump ha preso 4 milioni di voti in meno, ma c’è mancato poco che vincesse: il Midwest è sovra-rappresentato, nel collegio elettorale, e al Senato; la rappresentanza è sempre più distorta dalla finanza; la elezione “a vita”, politicizzata, dei membri della Corte Suprema è un problema; ecc.). In secondo luogo, la (linea) politica. Su economia, aborto (questione che pesa tanto ad es. in Florida), diseguaglianze di opportunità, i leader democratici sono incapaci di mettersi in discussione; ma non perdono la insopportabile supponenza radical chic del ‘politically correct’.

La democrazia ha bisogno di manutenzione (non di autoritarismo), non solo in America. I democratici devono ascoltare e servire il popolo. Speriamo che se ne ricordino. Auguri al nuovo Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden.

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