Tutti di nuovo alle urne il 4 e 5 ottobre. Almeno in Sicilia, dove non si fa in tempo a smontare i seggi che le sezioni elettorali devono subito riaprire. Solo due settimane dopo il referendum sul taglio dei parlamentari, l’Isola torna, infatti, a votare per il rinnovo delle amministrazioni di 61 comuni. Andranno ad eleggere il sindaco due capoluoghi (Agrigento ed Enna) e alcuni centri importanti (Marsala, Termini Imerese, Barcellona Pozzo di Gotto), con più di 700mila elettori chiamati alle urne. Anzi richiamati, dopo l’election day del 20 e 21 settembre: mentre nel resto del Paese si votava per il referendum, per le Regionali e le amministrative, in Sicilia si decideva solo sul taglio dei parlamentari. A permetterlo è lo statuto speciale della Regione: la giunta siciliana può infatti fissare la data delle elezioni locali in modo autonomo rispetto a quanto deciso da Roma. A questo giro si è deciso dunque di raddoppiare, anzi triplicare: il 20 e il 21 settembre si è votato per il referendum, il 4 e 5 ottobre si voterà per le amministrative, il 18 e 19 via agli eventuali ballottaggi.

Elezioni sdoppiate al costo di due milioni – Un triplo turno elettorale, ma con un costo ovviamente maggiore. Giancarlo Cancelleri, viceministro alle Infrastrutture e leader siciliano dei 5 stelle, lo calcola in circa due milioni di euro: “Una spesa che è capriccio di Musumeci per eclissare il referendum”, la definisce, ricordando che “il sì in Sicilia ha incassato il 75 %, il governatore non è neanche riuscito nel suo intento ma solo in quello di disperdere soldi pubblici”. E in effetti la mancanza delle amministrative ha affossato l’affluenza: la Sicilia è stata la Regione con meno votanti. “Per assecondare un capriccio del governatore stiamo votando un due giorni diversi dal resto d’Italia con i dati del Covid in aumento, mettendo a rischio la salute dei siciliani, che tornano in fila ai seggi a due settimane di distanza da Referendum. Un capriccio che comporta anche uno spreco insensato di risorse”, dice anche segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo. “La scelta di votare il 4 e 5 ottobre? È una data che consentiva sufficiente tempo per la campagna elettorale”, sostiene Gino Ioppolo, coordinatore di Diventerà bellissima, il movimento del governatore siciliano, Nello Musumeci. Il turno elettorale ritardato di sicuro aumenterà il peso sugli istituti scolastici che saranno impegnati anche in caso di ballottaggio. Ma soprattutto accenderà i riflettori sulla Sicilia come laboratorio politico: come spesso è accaduto, infatti, l’isola potrebbe indicare l’orizzonte dei futuri sviluppi nazionali. Dal 61 a 0 di Silvio Berlusconi nel 2001 alla vittoria di Rosario Crocetta col primo exploit nazionale dei 5 stelle nel 2012 i precedenti si sprecano.

L’isola torna laboratorio – Questa volta è il turno dell’alleanza Pd-5 stelle. Dopo gli esperimenti fortunati di Faenza e Caivano (vittoria al primo turno) e di Giugliano e Pomigliano (ballottaggio) l’asse di governo si presenta alleato anche in due importanti comuni siciliani: Termini Imerese, la città simbolo della desertificazione industriale dopo la chiusura della Fiat, e Barcellona Pozzo di Gotto, la “Corleone del XXI Secolo”, come fu definita dalla Commissione nazionale Antimafia. Due centri delicati dove il Partito democratico e il M5s sono riusciti a trovare una sintesi che potrebbe rafforzare ancora l’alleanza di governo. Un patto al quale hanno brindato lo scorso venerdì Cancelleri (che ha bevuto un Americano) e il segretario regionale dei dem, Barbagallo (per lui invece uno Spritz): un aperitivo elettorale in sostegno della candidata comune, Maria Terranova. “Se qui si vince, e ne sono convinto, sarà la risposta a tutti quelli che non vedono quest’alleanza di buon occhio: a quel punto si comincia a lavorare”, dice il viceministro del governo Conte, per due volte candidato governatore quando il M5s non poteva allearsi con altre liste. Oggi il big grillino mastica amaro: “È stato un errore non aver fatto alleanze in passato: queste amministrative saranno un test per le prossime, che saranno proprio in Sicilia nel 2022”. Per Cancelleri, insomma, il voto siciliano è un vero e proprio esperimento in vista di svolte nazionali: “Lavorerò affinché questa alleanza in Sicilia venga rafforzata da un nuovo movimento che faccia capo a Conte”. Già nei giorni scorsi il viceministro aveva detto di vedere “in prospettiva un’alleanza a tre: M5S, Pd e partito di Conte”. Il premier per la verità fino a ora ha sempre smentito: si vedrà.

Pd baricento pure a Barcellona – Resta focalizzato sul voto siciliano Barbagallo: “Ci sono tutte le condizioni per lavorare bene, più volte in questi mesi ci siamo ritrovati a fianco su temi come il lavoro, la lotta alle disuguaglianze, l’ambiente”, dice il segretario isolano del Pd. Che in queste amministrative ha sigillato alleanze in ordine sparso: con il M5s (a Termini e Barcellona), ma anche con la lista Cento Passi di Claudio Fava (a Marsala e Carini), Italia viva (a Bronte), Udc (Enna), mentre ad Agrigento appoggia Lillo Firetto, sostenuto anche da una parte del centrodestra. “Il nostro è un partito solido che si offre come baricentro col compito di allargare il perimetro del centrosinistra”, spiega Barbagallo. Ma è un baricentro che guarda soprattutto alla compagine di governo, non a caso il Pd, a Termini sostiene Maria Terranova, la consigliera uscente del M5s. Che dice: “Avvertiamo la responsabilità di Termini come laboratorio politico e sentiamo un grande entusiasmo attorno a noi”. A sigillare l’alleanza giallorossa sull’isola anche la candidatura di Antonio Mamì a Barcellona Pozzo di Gotto, teatro di un confronto titanico: qui M5s e Pd tentano, infatti, la resistenza contro la corazzata messa su da Tommaso Calderone, il consigliere regionale di Forza Italia che è riuscito nell’intento di mettere assieme tutto il centrodestra, con 12 liste a sostegno del candidato Giuseppe Calabrò. Mamì – candidato civico di sinistra sostenuto da Pd, M5s e dalla lista Cento Passi di Claudio Fava- non si dà per vinto: “Sento intorno a noi un’ottima risposta, la città è stanca e vede nella compagine di centrodestra l’impronta dell’amministrazione uscente. Al di là della vittoria o della sconfitta, crediamo in un buon risultato”.

Destra in ordine sparso, la Lega va da sola – Il laboratorio governatista di Pd e M5s accende gli appetiti di Matteo Salvini, che prova a risalire la china dalla Sicilia, dopo l’ultimo, non felice, esito elettorale. Sull’isola, dove il centrodestra va in ordine sparso, la Lega sperimenta le corse in solitaria. Per questo motivo il segretario strutterà l’udienza a suo carico per il caso Gregoretti, prevista per il 3 ottobre a Catania (città dove non si vota): qui il Carroccio organizza uno show pre-elettorale di tre giorni, che si chiuderà sabato quando l’ex ministro dell’Interno, uscito dal Tribunale, si materializzerà sul palco montato al porto. Tra i volti nazionali annunciati a Catania anche quello di Luca Zaia, la cui presenza è poi scomparsa in programma. Ci sarà invece Gianfranco Micciché, il vicerè di Silvio Berlusconi in Sicilia che solo due anni fa, ai tempi del dibattito sul caso Diciotti, dava dello “stronzo” all’allora ministro dell’Interno. Stefano Candiani, l’uomo che Salvini ha inviato dal Nord (era sindaco di Tradate, Varese) a fare da commissario sull’isola, crede nella corsa solitaria del Carroccio: “Le amministrative non possono essere un test da cui trarre alcuna deduzione. Le nostre interlocuzioni col partito del governatore sono buone, corriamo assieme ad Augusta. Ci aspettiamo di vincere e dove non vinceremo, proporremo una nuova opposizione, entrando in consiglio comunale, non serve avere affretta”. Ma dopo il flop in Campania e Puglia, non è rischioso per il Carroccio andare in solitaria pure nella Regione più a Sud d’Italia? La risposta di Candiani non è troppo lineare: “La Lega corre da sola perché presenta una proposta che scombina gli assetti, tanto da scontrarsi con una ritrosia locale a dare ospitalità”. Il Carroccio, dunque, andrà da solo col suo simbolo a Marsala, il comune più popoloso di quelli al voto domenica. Qui Salvini schiera Giacomo Dugo, professore di Chimica degli alimenti dell’università di Messina, con un dipinto di Benito Mussolini in sala da pranzo, che al segretario può piacere soprattutto per un motivo: ha fondato il corso di laurea in Scienze gastronomiche. Sfiderà Alberto Di Girolamo, sostenuto da Pd e Cento Passi, mentre il resto del centrodestra si è compattato su Massimo Grillo, ex deputato dell’Udc. I Cinquestelle, invece, corrono in solitaria candidando Aldo Fulvio Rodriquez.

Sua Sanità: in lista medici e dirigenti – Lo spadone di Alberto da Giussano si proietta anche su Milazzo, dove il partito di Salvini schiera Damiano Maisano, non esattamente un leghista della prima ora: è stato assessore dell’ultima giunta targata Pd, nella quale era approdato dopo una militanza nella destra di Mimmo Nania, poi abbandonata per il Pdr di Beppe Picciolo. Un mezzo giro dell’arco costituzionale prima di essere folgorato sulla via di Pontida: “Appena ha aderito alla Lega, si è dimesso, rinunciando al suo ruolo in giunta”, sottolinea Candiani. A Milazzo il centrodestra presenta addirittura tre candidati e qualcuno è già finito sotto il fuoco incrociato delle polemiche: il candidato di Diventerà bellissima, Pippo Midili, ha designato come assessore Antonino Francesco Cusumano. Che oltre a essere considerato vicino a Francantonio Genovese – l’ex deputato del Pd poi passato a Forza Italia, condannato in primo grado a 11 anni per lo scandalo dei corsi di formazione – è stato da poco promosso responsabile del dipartimento Materno infantile dell’Azienda sanitaria provinciale. Promozioni, assunzioni nella Sanità a fronte di una presenza massiccia nelle liste elettorali o nelle giunte che ad Enna, dopo l’interrogazione del segretario Pd ha portato la procura ad aprire un fascicolo. Sulla vicenda vuol vederci chiaro anche la Commissione regionale Antimafia che avvierà un’inchiesta a elezioni finite, mentre quella nazionale audirà il prefetto della città. Nell’occhio del ciclone soprattutto il movimento del governatore, il cui braccio destro – Ruggero Razza – è assessore alla Sanità. “A me non risulta che in Diventerà bellissima ci sia concentrazione di candidati medici diversa o maggiore rispetto alla media di tutte le altre liste, ma la Commissione farà bene ad approfondire”, dice Gino Ioppolo coordinatore della lista del governatore. Ad accusare la maggioranza di clientelismo elettorale, però, sono membri della stessa maggioranza. Eleonora Lo Curto, consigliera regionale dell’Udc, dice senza mezze misure: “L’assessore regionale Antonio Scavone, in piena campagna elettorale per le amministrative, sta sostituendo senza alcuna motivazione diversi commissari delle Ipab nella provincia di Trapani”. “Tutte illazioni”, risponde dalle file della giunta di Musumeci, lo stesso Scavone.

Guerre intestine nel centrodestra – Una campagna fratricida quella in corso nel centrodestra che raggiunge il massimo ad Agrigento: sono addirittura sei i candidati che si sfidano nella città dei Templi. A cominciare da Marco Zambuto, già primo cittadino ed enfant prodige dell’Udc ai tempi di Totò Cuffaro, è poi passato al Pd che lo elesse presidente del partito. Ora è tornato a destra, incassando il sostegno di Forza Italia e di Musumeci. Una candidatura dalla quale si sono smarcati Fdi e Lega che sostengono l’ex alfaniana Daniela Catalano. Una parte del centrodestra, composta da liste civiche, sostiene invece Franco Micciché, ex assessore del sindaco uscente. Va in ordine sparso pure il centrosinistra: il Pd ricandida il sindaco Firetto, sul quale pende una richiesta di rinvio a giudizio per falso in atto pubblico, relativa ai bilanci che sarebbero stati gonfiati nella sua esperienza da primo cittadino di Porto Empedocle. Dal sostegno a Firetto si smarcano i 5 stelle che candidano Marcella Carlisi, ma pure la sinistra che sostiene Angela Galvano. A questo giro in Sicilia pare essere tornato il battito a sinistra: Fava presenta liste ad Agrigento, Marsala, Carini, Floridia e Termini Imerese, mentre altre liste civiche si contano a Barcellona, Augusta, Milazzo, Enna e Bronte. Nella città nota per il pistacchio, infine, la meno sperimentale delle candidature: quella di Pino Firrarello, per quattro volte senatore di Forza Italia, il cui genero, Giuseppe Castiglione, è stato sottosegretario durante i governi Letta, Renzi e Gentiloni. Come il suo leader, Angelino Alfano, pure Castiglione non si è ricandidato alle ultime politiche: suo suocero Firrarello, invece, a 81 anni riprova per la terza volta a fare il sindaco.

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