Spadafora e Sileri, sostenuti da Lega Serie A e Figc, spingono per un aumento delle presenze allo stadio. Il ministro della Salute, Roberto Speranza, frena rispondendo che “oggi la priorità sono le scuole e non gli stadi”. Intorno al ritorno dei tifosi sulle gradinate di tutta Italia si sta consumando l’ultimo scontro interno al governo, in bilico tra la necessità di far riaprire le porte del calcio agli appassionati, con conseguente ritorno economico per le squadre, e la necessità di salvaguardare la salute degli stessi spettatori proprio nel bel mezzo della seconda ondata di coronavirus nel Paese. Uno scontro che è avvenuto nel giorno in cui lo stesso Speranza ha aperto alla possibilità di utilizzare i test rapidi per la rilevazione del Covid-19 su larga scala, a partire dalle scuole, dopo gli ottimi risultati ottenuti negli aeroporti che hanno spinto gli esperti a definirli “il futuro” della lotta alla diffusione del coronavirus, tanto che molte Regioni si sono già mosse per acquistare in autonomia milioni di kit.

Lo scontro sugli stadi, Sileri: “Portare gli impianti a un terzo della capienza”. D’Amato (Lazio): “Follia”
A provocare la frattura interna sono state le parole del viceministro alla Salute pentastellato che, parlando a Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1, ha dichiarato che “gli stadi si possono portare a un terzo della capienza” e “all’Olimpico di Roma l’ingresso potrebbe essere consentito anche a 20-25 mila tifosi“. Tutto questo è possibile, ha continuato, “nel momento in cui si mantengono due metri di sicurezza, con regole precise, si vietano gli abbracci, con l’utilizzo della mascherina e degli igienizzanti”.

Parole che non sono piaciute al ministro della Salute che ha risposto dicendo che adesso la priorità sono le scuole. Reazione più scomposta quella dell’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato: “Ma siamo sicuri che la priorità sia riaprire gli stadi con 25mila spettatori? Mi sembra il modo più rapido per tornare a nuovi lockdown. Attorno a noi città europee stanno attuando o hanno attuato misure restrittive, da Londra a Madrid a Parigi. Ci siamo già dimenticati gli effetti deleteri che ebbe la partita Atalanta-Valencia allo stadio Meazza di Milano? È una follia. Pensiamo invece a tenere aperte e difendere le scuole e le Università”.

Ad appoggiare però la linea di Sileri, oltre a Lega e Figc, è anche il ministro dello Sport Vincenzo Spadafora. Un’idea, questa, che allineerebbe l’Italia alle scelte di Francia e Germania. Da Parigi è infatti arrivato l’ok all’apertura degli impianti a un massimo di 5mila spettatori, mentre a Berlino si sono spinti fino a un 20% della capienza massima. In entrambi i casi, ovviamente, nel rispetto delle regole di distanziamento e dei protocolli di sicurezza anti-Covid. Disposizioni che, però, potrebbero presto dover fare i conti con le nuove restrizioni reintrodotte in entrambi i Paesi dopo il nuovo picco di contagi.

A fare la differenza sarà la Conferenza Stato-Regioni prevista nella giornata di giovedì, come spiegato dallo stesso ministro Spadafora nel corso del Question Time alla Camera, annunciando anche importanti novità. “Ieri, in un incontro che abbiamo avuto col presidente Bonaccini e con tutte le rappresentanze delle altre discipline, non solo il calcio – ha spiegato il ministro – abbiamo condiviso la necessità di un protocollo che dovrebbe essere approvato domani all’unanimità dalla Conferenza Stato-Regioni e quindi poi essere sottoposto venerdì al comitato tecnico scientifico per la riapertura graduale in sicurezza di tutte le competizioni sportive, dalle serie principali a quelle minori”, ha anticipato Spadafora ricordando che questo avverrà tenendo conto “dei dati che arriveranno dall’impatto della riapertura delle scuole su tutto il sistema Paese” e che “l’obiettivo è riavere i tifosi negli stadi e in tutti gli impianti sportivi, ma lo dobbiamo fare rispettando e dando della regole uniformi a tutti”.

Test rapidi, Speranza apre: potrebbero essere introdotti per le scuole
I risultati ottenuti negli aeroporti hanno spinto gli esperti a definirli “il futuro” della lotta alla diffusione del coronavirus. Ma ora a confermare la possibilità di utilizzare i test rapidi per la rilevazione del Covid-19 su larga scala, a partire dalle scuole, si è espresso anche il ministro della Salute Roberto Speranza. “Con l’ordinanza del 13 agosto, per primi in Europa abbiamo dato il via libera all’utilizzo di test antigenici“, ha rivendicato durante il question time alla Camera. “I risultati sono incoraggianti e la valutazione del ministero della Salute è che si possano iniziare ad utilizzare anche fuori dall’aeroporto, quindi il tema delle scuole va esattamente in questa direzione”. Una soluzione a cui alcune Regioni, Veneto in testa, in realtà stanno già lavorando da settimane, vista l’assenza di indicazioni da parte del governo e un bando pubblico nazionale che ancora non si vede. Adesso l’obiettivo è quello di mettere in campo una strategia comune “per affrontare i prossimi mesi”, dice Speranza. “Siamo al lavoro per il vaccino e le cure, ma è evidente che ancora per alcuni mesi dovremo assolutamente resistere con comportamenti corretti e nella battaglia per contenere il virus l’utilizzo appropriato dei test è chiaramente una delle leve essenziali“.

I nuovi test citati dal ministro sono diversi dai tamponi molecolari e dai sierologici: rilevano la presenza di proteine virali (antigeni) nelle secrezioni respiratorie. Nel caso del Sars-Cov2, vanno a caccia della famosa proteina spike che ricopre la superficie del virus. Il modello utilizzato al momento negli aeroporti si basa sempre su un cotton-fioc che un addetto deve passare nel tratto naso-faringeo del paziente, ma il responso arriva entro pochi minuti direttamente sul posto (in alcuni casi grazie a una piccola apparecchiatura portatile). L’idea, quindi, è quella di utilizzarli come primo screening della popolazione, mentre la diagnosi finale è affidata al tampone tradizionale. Un ulteriore modello che potrebbe facilitare ancora di più la lotta alla diffusione del virus è il test antigenico salivare: a differenza della tipologia impiegata oggi, non serve nemmeno la presenza di personale specializzato per effettuarlo. Ed è proprio a questo che guarda il ministero della Salute. “Riviste scientifiche importanti segnalano che c’è la possibilità di riscontrare il virus semplicemente attraverso l’analisi della saliva in modo non invasivo, cosa che renderebbe chiaramente tale strumento più idoneo per i più piccoli“, ha chiarito Speranza a Montecitorio. Per arrivarci, però, serve tempo. “Abbiamo bisogno che il processo di validazione da parte delle autorità competenti possa completarsi”.

Nell’attesa che tutti gli organismi sanitari “facciano tutte le verifiche”, le principali armi contro il Covid restano il distanziamento sociale, i tamponi classici e le mascherine. “Noi abbiamo rafforzato le nostre capacità, con oltre 100mila tamponi al giorno e prevediamo di aumentare tale numero”, promette il ministro, aprendo alle richieste avanzate dagli esperti, tra cui il virologo Crisanti che ha suggerito di arrivare a 300mila test quotidiani. Per quanto riguarda il nodo dei dispositivi di protezione, invece, Speranza conferma che “da parte dello Stato il problema di fondo relativo alla disponibilità di mascherine è un problema che è stato affrontato e superato“. Parole che tentano di mettere la parola fine alle polemiche scoppiate nei mesi più duri della pandemia e riesplose con l’inizio dell’anno scolastico. “Oggi l’Italia non è più in balia del mercato internazionale, perché ha messo in campo una produzione pubblica con 30 milioni di mascherine al giorno”, sottolinea, ribadendo i numeri già snocciolati nelle ultime settimane dal commissario all’emergenza Domenico Arcuri.

Nel corso del suo question time in Parlamento, il ministro ha dedicato uno spazio anche ai progetti per la sanità che il governo intende realizzare con i soldi del Recovery fund. “Avremo una grande opportunità, perché per la prima volta potremo fare una riforma del Sistema sanitario nazionale in un tempo in cui ci sono più risorse”, spiega. Con un punto fermo: il digitale. “Dobbiamo recuperare il terreno perduto sulla sanità digitale e valorizzarlo come un tema chiave della riforma. Quindi useremo tutte le risorse disponibili per investire su telemedicina e digitale e investiremo in un nuovo piano per sostituire tutti i macchinari obsoleti nel nostro paese”.

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