L’università di Oxford riprende il trial clinico del vaccino sviluppato insieme all’azienda AstraZeneca, fermato nei giorni scorsi per la comparsa di una seria reazione avversa in un partecipante alla sperimentazione. In uno dei volontari è stata riscontrata una infiammazione spinale ed era necessario verificare se ci fosse un nesso con la somministrazione del composto. L’indagine del Comitato indipendente, che aveva il compito di stabilire se era stato il vaccino a innescare la mielite traversa, si è conclusa e, dunque, seguendo le raccomandazioni degli esperti e della Medicines Health Regulatory Authority (Mhra), l’ente regolatorio britannico che ha dato l’ok non rilevando problemi di sicurezza, l’arruolamento dei volontari riprenderà. La risposta del comitato è arrivata molto più velocemente di quanto ci si aspettasse. I tempi “possono variare da una settimana a tre mesi” aveva spiegato il presidente di Irbm di Pomezia, Piero di Lorenzo, che partecipa alla sperimentazione.

Solo ieri l’amministratore delegato, Pascal Soriot, si era detto fiducioso nella possibilità di avere la disponibilità del vaccino “a fine 2020 o all’inizio del 2021”. Soriot aveva precisato di non poter dire esattamente quando i trial riprenderanno, ma di essere comunque convinto che il progetto resti “in corsa per avere entro quest’anno una data” sulla richiesta di approvazione delle autorità sanitarie. “Un vaccino potrebbe poi essere disponibile a fine anno o all’inizio del prossimo”, a seconda della rapidità dei tempi di approvazione dei regolatori, ha sostenuto il ceo di AstraZeneca. Quanto all’episodio del paziente soggetto a reazione anomala, Soriot ha notato che “eventi avversi” sono abituali nelle fasi di sperimentazione, ma che normalmente “non sono tenuti sotto osservazione dal mondo intero”. Ha quindi aggiunto che la diagnosi di un’infiammazione spinale sul volontario colpito dal potenziale effetto collaterale non è ancora confermata.

Lo stop dell’arruolamento era avvenuto solo “temporaneamente” ed in via “precauzionale”. Ma era arrivata una durissima posizione da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità: “i Paesi non possono prendere scorciatoie. Solo perché parliamo di velocità e vastità dell’operazione non vuol dire che cominceremo a compromettere la sicurezza o a prendere scorciatoie. Medicine e vaccini che dovranno essere distribuiti alla popolazione devono essere testati per la loro sicurezza. Questa è la prima e più importante regola”. Ma proprio lo stop e la relativa comunicazione, veniva fatto notare dalla comunità scientifica, era ed è il segnale che lo studio è serio e i risultati trasparenti e che comunque intoppi del genere capitano in ogni trial. I dati iniziali sui test sono apparsi molto promettenti, con il vaccino in grado di produrre una robusta risposta immunitaria e solo deboli effetti collaterali. Vi era già stata una pausa prima dell’estate,” risolta alla fine senza problemi”. Infatti, già un primo volontario aveva mostrato una reazione sospetta, poi dimostratasi non collegata al vaccino. Al momento della comunicazione la sperimentazione era in atto in Gran Bretagna, Usa, Brasile e Sudafrica.

Il vaccino a cui stanno lavorando gli scienziati dello Jenner Institute dell’Università di Oxford, in collaborazione con l’Oxford Vaccine Group, e con il contributo italiano della Irbm di Pomezia ha aperto una finestra sulle possibilità di sconfiggere il virus che ha scatenato la pandemia. Nella corsa planetaria al vaccino anti-Covid chi fa la parte del leone sono i Paesi più ricchi, come ha messo in rilievo la rivista Nature: in testa la Gran Bretagna, che si è già accaparrata 340 milioni di dosi. Seguono gli Stati Uniti, che a metà agosto si erano già assicurati 800 milioni di dosi di almeno sei vaccini, con un’opzione per l’acquisto di un altro miliardo di dosi. Subito dietro, i Paesi dell’Unione europea e il Giappone. Sul mercato si contendono il podio i vaccini in sperimentazione clinica sull’uomo. Stando ai dati forniti dall’Organizzazione mondiale della Sanità le piattaforme al lavoro più avanzate sono 31, tra cui AstraZeneca e Oxford, e l’italiano Reithera con la sperimentazione iniziata allo Spallanzani di Roma. Da Mosca, dopo gli annunci di Putin, il 4 settembre sono arrivati i primi dati scientifici sul vaccino Sputnik: pubblicati sulla rivista Lancet, mostrano che il 100% dei partecipanti ai test ha sviluppato anticorpi contro il virus senza gravi effetti collaterali. L’University of Hong Kong (HKU) ha reso noto nei giorni scorsi l’approvazione alla sperimentazione clinica di un vaccino da somministrare come uno spray nasale. “La ripresa della sperimentazione del vaccino Astrazeneca è una buona notizia. Ma serve ancora tanta prudenza. La scienza – dice il ministro della Salute, Roberto Speranza, è al lavoro per dare al mondo cure e vaccini efficaci e sicuri. Nel frattempo la vera chiave continuano ad essere i comportamenti di ciascuno di noi”.

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