Sale alla ribalta una nuova figura politica nel panorama istituzionale iracheno: Mustafa al Kadhimi, 53 anni, Primo ministro del Paese medio orientale dallo scorso maggio. Il premier si sta facendo notare per la sua dinamicità, infatti dopo essere tornato in patria da un viaggio negli Stati Uniti, in cui ha avuto numerosi incontri politici, ha partecipato al vertice che ha riunito Iraq, Egitto e Giordania.

L’incontro aveva l’obiettivo primario di creare una nuova intesa, una struttura di collegamento tra l’Egitto, che ha un notevole capitale umano, l’Iraq che invece possiede ingenti risorse petrolifere e la Giordania che anche grazie alla sua favorevole posizione geografica può svolgere un ruolo di mediatore sia tra i due paesi che con altri paesi dell’area.

Anche grazie a questo summit si è compreso che le sfide cui sono chiamati questi paesi e che riguardano fondamentalmente lo sviluppo sociale, economico e la sicurezza interna, possono in qualche modo essere affrontate e vinte con alcuni importanti megaprogetti di collegamento che mettono in risalto l’interesse reciproco dei tre paesi e le rispettive aspettative rispetto allo sviluppo che possono raggiungere. Il vertice potrebbe essere il primo passo di una vasta alleanza definita da alcuni come la nuova “Grande Siria” (Bilād al-Shām).

Per poter comprendere appieno il ruolo da protagonista del premier iracheno è necessario analizzare con attenzione le azioni che sta mettendo in atto sia a livello di politica interna che internazionale. Formatosi all’interno dei servizi iracheni, che ha guidato dal giugno 2016 all’aprile 2020, si è costruito un’ottima reputazione in occasione della lotta contro il sedicente Stato Islamico, riuscendo a creare e mantenere un equilibrio che gli ha consentito di guadagnare il favore degli Usa e di tenere le redini dei rapporti tra questi ultimi e l’Iran, nella regione irachena.

Oggi il primo ministro lancia una sfida difficile ma non impossibile: dal punto di vista interno intende disarmare le milizie irregolari e fare in modo che solo l’esercito regolare abbia la gestione della sicurezza interna; inoltre auspica il potenziamento dei servizi primari alla popolazione e limitare l’influenza del sistema settario. Dal punto di vista internazionale il suo obiettivo principale è limitare l’influenza iraniana e turca in Iraq e più in generale nell’area. Inoltre intende ricucire e rinforzare i rapporti con paesi considerati strategici quali Arabia Saudita, Siria, Giordania e Egitto.

Per poter portare avanti questi progetti è propedeutico e prioritario risolvere l’annosa questione siriana. L’Iraq potrebbe rivestire un ruolo fondamentale in questa situazione, anche in considerazione del fatto che oggi può vantare la copertura americana, anche nell’ampio contesto della guerra economica con la Cina, di riflesso entra in gioco il contrastato rapporto tra Iraq e Iran, con quest’ultimo paese unico partner economico cinese.

Questo quadro potrebbe essere favorevole per il progressivo rafforzamento della posizione del premier iracheno, il suo ruolo potrebbe rivelarsi determinante, non solo a livello interno ma anche internazionale, essendo l’alleato favorito di Usa e Francia in chiave antiturca.

Mustafa al Kadhimi anche grazie alla sua appartenenza sciita potrebbe essere l’uomo giusto al momento giusto, anche per spezzare i tabù che negli ultimi anni si sono costruiti nella regione. Potrebbe creare una nuova piattaforma sociale senza divisioni, cercando l’alleanza e la collaborazione dei paesi arabi. Una nuova società che si lascia alle spalle i problemi del passato e che cerchi di trovare un punto comune basato sia su interessi economici che sulla condivisione dei rischi che sono emersi ultimamente a causa della presenza turca e iraniana.

Bisognerà attendere per vedere e valutare quali siano effettivamente le carte in mano al premier, rimane intanto la speranza che egli possa, con la sua azione, salvare l’Iraq, gravemente provata dalla crisi economica causata anche dalla pandemia e creare sviluppo economico e sociale.

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