Oggi pubblico un intervento di Stefano D’Errico, segretario nazionale Unicobas Scuola & Università, sui motivi che spingono a effettuare uno sciopero. [Luciano Lanza]

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di Stefano d’Errico

La ministra Lucia Azzolina pare alla ricerca spasmodica di locali dove fare scuola in tempo di pandemia e distanziamento sociale. Si è parlato persino di bed and breakfast: “Gli avvisi pubblici saranno aperti a tutti; laddove sarà necessario, oltre a musei, cinema e centri congressi, potrebbero partecipare anche hotel, bed & breakfast e perfino appartamenti singoli, purché le strutture rispettino i requisiti di capienza e sicurezza”. E c’è persino che vorrebbe usare anche i diplomifici privati. Ma siamo proprio sicuri che non si potesse fare altro?

Quel che i media non dicono (e la Azzolina non sa) è che ogni anno il patrimonio edilizio, già non a norma per almeno l’80%, perde spazi e si tratta talora di interi piani inagibili perché gli enti locali (e chi di dovere) non spendono un euro. In quasi l’80% degli istituti vi sono aule inagibili. Eppure anche la Associazione Nazionale Presidi mostra di non saperlo. Se tutti costoro, Ministero et similia, da marzo a oggi avessero lavorato almeno all’ordinaria manutenzione su 40mila edifici si sarebbero recuperate a dir poco 20mila aule in più (se non il doppio). In ogni caso, congratulazioni a tutti gli addetti ai lavori, compresi coloro che millantano dotte (e colorite) “ricerche” sull’istruzione: che andassero (loro sì) a lavare i piatti nei B&B!

Per non disporre un rilevatore di temperatura all’entrata, alla ripresa delle lezioni docenti e personale Ata avranno un’incombenza in più: “L’obbligo di informare tempestivamente il dirigente scolastico della presenza di qualsiasi sintomo influenzale di colleghi o studenti che si segnali durante le lezioni”. La disposizione è contenuta nel Protocollo d’intesa sottoscritto dal Ministero e dai sindacati pronta-firma.

Inoltre, con la bozza delle linee guida sul “digitale integrato” si vuole regolamentare la didattica a distanza senza alcun passaggio contrattuale, come invece prevederebbe la legge (fra le altre, anche la L.41/20). Il tutto sempre con l’approvazione di Cgil, Cisl, Uil e Snals.

Intanto il Ministero ed i suoi Uffici Scolastici Regionali hanno validato ancora le “classi pollaio” (persino con più di 30 alunni), e non tenendo conto neppure del tasso di ripetenza hanno persino peggiorato la situazione. Il governo ha preso un’unica misura di distanziamento per l’anno scolastico 2020/2021: un solo metro fra le “rime buccali” (che consente persino banchi ad 80 cm. di distanza). Invece in Belgio si farà lezione con al massimo 10 alunni e 4 metri quadrati a testa, mentre per Germania e Regno Unito i gruppi saranno di 15 e la separazione di 2 metri (cosa prevista anche in Spagna).

In un significativo numero di istituti “solerti” dirigenti scolastici, fomentati dal Ministero e dall’Associazione Nazionale Presidi, hanno stracciato il contratto nazionale imponendo illegittimamente la presenza a scuola degli insegnanti nell’ultima settimana di agosto e non rispettando la continuità delle ferie chieste nello stesso periodo dal personale non docente. Per questo l’Unicobas ed i Cobas Scuola Sardegna hanno proclamato i primi due giorni di sciopero per il 24 ed il 25 agosto.

Ribadiamo ciò che abbiamo chiesto con forza nell’incontro con il governo Conte agli Stati Generali: massimo 15 alunni per classe ed assunzione di 240mila insegnanti (il terzo necessario in più per ridurre le classi) e utilizzo degli stessi a fine pandemia per l’innalzamento dell’obbligo sino al quinto Superiore, ivi comprendendo l’ultimo anno della scuola dell’Infanzia. Per far ciò occorre ovviamente la stabilizzazione di molti più precari di quanto previsto, anche per la scuola dell’Infanzia stessa, esclusa dai concorsi banditi.

Abbiamo detto no al precariato “usa e getta” (assunzioni a singhiozzo con licenziamento previste dal Ministro Azzolina in caso di nuova chiusura delle scuole). Occorre la stabilizzazione diretta degli specializzati per il sostegno e l’attivazione di percorsi di abilitazione aperti a chi ha esperienza pregressa, onde evitare che la metà delle cattedre continui a venire assegnata a chi non sa nulla dell’handicap, e poi l’istituzione della classe di concorso specifica. Occorre l’assunzione di almeno 30mila collaboratori scolastici per coprire i vuoti in organico per la vigilanza, di 10mila fra collaboratori amministrativi e collaboratori tecnici, più tutto il personale necessario per sopperire alle difficoltà dovute alle migliaia di soggetti fragili ed anziani che (secondo gli indici Inps) dovranno essere tutelati dal Settembre 2020. Chiediamo l’assegnazione di cattedre a tutto l’organico potenziato.

Sui 175 miliardi previsti nella manovra, sarebbe servito investirne immediatamente almeno 7 aggiuntivi per le assunzioni, 7 per il contratto ultra-scaduto, più i 13 necessari ad un piano pluriennale serio per porre in sicurezza l’edilizia scolastica, invece di spenderne 50 in armamenti, favorire le banche e le lobbies speculative e di versarne 6,3 a Fiat-Fca, invece di finanziare (contro la Costituzione) i diplomifici privati. Su 40.000 edifici scolastici italiani, 582 sono vetusti (costruiti prima del 1800), 944 risalgono al XIX Secolo (edificati fra il 1800 e il 1899), 4.410 hanno visto la luce tra il 1900 e il 1945, mentre 5.429 sono dell’immediato dopoguerra (1946-1960). Sul totale delle scuole, solo 15.687 hanno il certificato di agibilità, mentre il restante 60% (70% in Sicilia) non ha neanche quello. Solo 5.117 edifici (12%) sono vagamente “antisismici” ed unicamente 9.824 (24%) hanno il certificato di prevenzione incendi (Cpi). Abbiamo rivendicato e rivendichiamo un’indennità di rischio di 250 euro netti per i docenti ed il resto del personale.

Scuola, Università e Ricerca sono direttamente minacciate da chi utilizza crisi ed emergenza per accelerare quel modello di sviluppo sociale, economico e politico dimostratosi incapace di tutelare il benessere collettivo durante le fasi più acute della pandemia. Si sarebbe potuto far pagare le tasse alle aziende informatiche, invece di dar loro in mano le piattaforme per la didattica a distanza. Non possiamo dimenticare come questa si sia rivelata in buona misura potente (ri)produttore di disuguaglianza, nonché di arricchimento economico ed utilizzo incontrollato di dati sensibili di minori e docenti.

Vediamo bene i rischi dell’uso acritico degli strumenti digitali, soprattutto per quel che concerne la fascia giovanile più debole: gli studenti che versano in condizioni economico-sociali svantaggiate e gli alunni diversamente abili. Non vi è alcuna evidenza che la digitalizzazione migliori il processo di apprendimento, mentre vi sono evidenze negative rispetto al suo abuso, soprattutto per quanto riguarda bambini e pre-adolescenti. Giudichiamo risibile, oltre che vergognoso ed antipedagogico, l’ipse dixit dell’Azzolina sulle 10 ore di videolezioni dalla prima elementare, che salgono a 15 dalla seconda alla fine delle Medie ed a 20 nel Superiore di Secondo grado, sottraendo addirittura un giorno a settimana alla scuola in presenza. Siamo contro la delocalizzazione degli alunni in parrocchie, strutture private e case comunali e la gestione sommaria e dequalificata del tempo-scuola.

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