“C’è molta sottovalutazione“, dice il governatore lombardo Attilio Fontana. “Secondo me, l’idea della zona rossa lì, al di là che dia il messaggio che magari non è perfettamente lì… però là c’abbiamo il secondo focolaio, sta crescendo”, spiega l’assessore Giulio Gallera, sostenendo che “bisognerebbe proprio…”. Il ministro della salute Speranza replica: “Ci stanno ragionando, appena rientro provo”. Al che lo stesso Gallera, riferendosi a Bergamo, precisa: “Non la città, la città ancora è abbastanza… è a 40, 50… Sono i due Comuni sopra”. È un botta e risposta inedito quello contenuto nell’audio pubblicato dal Corriere della Sera e risalente al 4 marzo scorso. Il presidente della Lombardia, il suo assessore al welfare e il ministro della Salute si incontrano a Milano per discutere di fondi alle imprese, ma a un certo punto si tocca anche l’argomento dell’eventuale zona rossa da istituire nei comuni di Nembro e Alzano Lombardo, in val Seriana. Provvedimento che poi non è mai stato preso – in un rimpallo di responsabilità tra governo e Regione – su cui ora sta indagando la procura di Bergamo.

Sono i giorni in cui la provincia di Bergamo supera per la prima volta la zona rossa del Lodigiano per aumento quotidiano di contagi. L’argomento, riferisce il quotidiano di via Solferino, non è all’ordine del giorno nel vertice istituzionale tra Fontana (collegato in video perché in quarantena), gli assessori Gallera e Caparini, il vicepresidente lombardo Fabrizio Sala, e il ministro Speranza. Ma a un certo punto il discorso vira sul numero di contagi in Lombardia e i dati sono già allarmanti. “Diciamo, tutto quello che abbiamo fatto finora non porta nessun segnale minimo di contenimento, ancora zero”, commenta il ministro. “È presto, poi il dato è un po’ grezzo”, spiega Gallera, sottolineando che i tamponi restituiscono una “fotografia” vecchia di due giorni. Ma è già abbastanza per discutere di un’eventuale misura contenitiva per “Alzano e Nembro”. “Sta crescendo e là non c’è la percezione perché chi abita lì… questi continuano a uscire, vanno in giro“, dice l’assessore. Eppure né lui, né il presidente della Regione insistono per prendere una decisione in tal senso. Si aspetta di capire quali saranno le valutazioni a Roma.

Su questo sta indagando la procura, che ha già ascoltato come persone informate dei fatti i vertici del Pirellone e una parte del governo (il premier Conte e i ministri Speranza e Lamorgese). In base alle dichiarazioni rese in pubblico, risulta anche l’attenzione su Alzano Lombardo risale già al 27 febbraio, quando diventa uno dei comuni a più alto tasso di contagio della Lombardia. L’ipotesi di una zona rossa però si concretizza solo il 3 marzo, quando Gallera spiega di aver chiesto all’Iss di “fare valutazioni e suggerire a noi e al governo le migliori strategie”.

La sera stessa arriva il responso: bisogna chiudere tutto. Ma il premier Conte chiede approfondimenti per capire se invece non sia necessario il blocco dell’intera Regione. Due giorni dopo, il 5 marzo, il presidente dell’Iss Silvio Brusaferro replica che la zona rossa ad Alzano e Nembro va fatta. In val Seriana intanto si moltiplicano le segnalazioni degli abitanti della zona sull’arrivo dell’esercito e delle forze dell’ordine. Gallera annuncia quindi che gli scienziati hanno dato il loro “assenso”, ma rimanda la palla in campo al governo per la decisione finale. Ed è sempre lui a sbottare il giorno dopo: “l’Iss aveva formulato una richiesta precisa al governo. Se questa risposta fosse arrivata tre giorni fa avrebbe evitato di lasciare nell’incertezza i cittadini”. Incertezza che finisce l’8 marzo quando un dpcm decide la chiusura di tutta la Lombardia e di 14 province in modalità “arancione”. Le polemiche sono immediate, tanto che il 2 aprile Fontana accusa di “aver chiesto invano” a Palazzo Chigi di chiudere Alzano e Nembro. Qualche giorno dopo il premier Conte afferma di non aver mai “impedito” alla Lombardia di assumere decisioni autonome “come hanno fatto altri governatori“.

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