Nei prossimi dieci anni il 40% della classe docente che si occupa dei bambini dai tre ai cinque anni dovrà essere rinnovata. A lanciare questo allarme è l’Invalsi, l’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo, d’istruzione e di formazione che stamattina ha presentato i risultati della sperimentazione del rapporto di autovalutazione per la scuola dell’infanzia. Alla presenza della vice ministra dell’Istruzione, Anna Ascani, la presidente Invalsi Anna Maria Ajello, il direttore generale Paolo Mazzoli, la responsabile dell’area valutazione Michela Freddano e Cristina Stringher, responsabile del settore infanzia dell’Invalsi, hanno snocciolato i numeri che descrivono il mondo della scuola dell’infanzia.

Per la prima volta nella storia del sistema d’istruzione del nostro Paese anche questo segmento educativo si è misurato: ne è uscita una fotografia di 200 pagine con dati finora inediti. La sperimentazione ha coinvolto 1.828 istituzioni scolastiche, delle quali 464 individuate mediante campionamento statistico, e 1.364 autocandidate. Hanno partecipato le scuole dell’infanzia delle tre principali tipologie: 1.155 statali (pari al 63,2% del totale), 80 comunali (4,4%) e 593 paritarie (32,4%). Il quadro che ne esce tratteggia una scuola dell’infanzia destinata a cambiare passo.

Il primo dato che balza all’occhio riguarda proprio l’età dei docenti: quasi il 40% dei maestri ha 55 anni o più, mentre circa il 18% degli insegnanti conta meno di cinque anni di servizio. Quasi l’80% dei docenti possiede un diploma di scuola secondaria e oltre il 72% può contare su una certa stabilità di servizio nella scuola, in cui insegna da cinque anni o più; mentre sono percentualmente poche (meno del 10%) le scuole che hanno organizzato formazione su temi rilevanti quali le Indicazioni Nazionali o l’osservazione dei bambini. Da qui “la necessità – secondo l’Invalsi – di consolidare” il percorso formativo dei docenti.

Nel rapporto si esaminano anche i dati di alcuni descrittori importanti. Circa i due terzi delle scuole del gruppo di riferimento sono collocate in istituti comprensivi o circoli didattici statali, il 23% circa sono scuole dell’infanzia private paritarie o altri tipi di paritarie e circa l’11% sono comunali. Coerentemente con le caratteristiche delle scuole del gruppo di riferimento, i finanziamenti sono per circa il 60% provenienti da fonti statali o regionali. La dimensione della scuola è molto rilevante: quasi la metà (49% circa) ha una sola sede o plesso e generalmente la media di bambini frequentanti è di 65 per scuola, con circa 12 bambini per docente, organizzati prevalentemente in sezioni con età disomogenee (per quasi l’80%).

Di conseguenza, anche il numero di aule varia da 1 a 6 per poco più della metà delle scuole e solo l’11% dispone di undici aule o più. Le 200 pagine vanno ad esaminare anche la giornata del bambino: in questo caso spicca la scarsa scelta lasciata ai bambini di attività in cui impegnarsi autonomamente, modalità adottata da meno del 38% delle scuole, e l’utilizzo relativamente basso del circle time come strumento di condivisione tra bambini, utilizzato saltuariamente o mai da oltre il 31% delle scuole. Durante la giornata educativa, il 47% circa di scuole organizza quotidianamente il momento del sonno rispetto ad analoga percentuale che non lo fa mai o quasi mai.

Un aspetto sul quale gli esperti dell’Invalsi pongono la loro attenzione: “Se è importante organizzare le routine quotidiane, affinché il bambino impari la scansione del tempo e abbia una percezione di base sicura e controllabile in cui muoversi, è altresì utile utilizzare le routine in modo tale da assicurare spazi di scoperta, riflessione e curiosità dei bambini, secondo i loro ritmi, interessi e modi di apprendimento. La costruzione di strumenti adeguati a comprendere l’organizzazione dei docenti e l’utilizzo dei bambini dell’ambiente di apprendimento è pertanto una delle piste più rilevanti da approfondire in futuro, anche in vista della valutazione esterna”.

Altro dato interessante riguarda proprio gli alunni: i bambini hanno relazioni molto positive con i docenti (77,8%) e si sentono molto sicuri (77,1%), mentre c’è da lavorare sulla loro autostima (molto alta solo per il 28,7% delle scuole rispondenti) e sulla loro disposizione ad apprendere (molto buona per meno della metà dei bambini, secondo le dichiarazioni delle scuole). Preoccupa che solo il 26% circa dei bambini, secondo i docenti, abbia acquisito la lateralizzazione e sappia distinguere la mano destra dalla sinistra, aspetto essenziale per imparare a leggere, scrivere e far di conto.

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