Sono consapevole che la notizia scolastica del giorno sia quella dei test sierologici a tutto il personale scolastico. Sono già qui, pronta a sottopormi a qualunque cosa, quindici giorni prima dei blocchi di partenza. Che se contiamo l’inizio della scuola al 14 settembre, l’esame andrebbe fatto il 31 agosto, ma se consideriamo l’inizio dell’anno scolastico il 1 settembre, a ferragosto invece che il grigliatone si fa il tampone. Va benissimo, in effetti fare tutti gli anni la stessa cosa viene un po’ a noia.

Tuttavia, tra le varie boutades scolastiche estive di questi giorni torridi e convulsi, la mia fervida immaginazione si è bloccata sul Manuale Operativo per la ripartenza, giuro si chiama così, uscito in Veneto. No, ma è fatto benissimo, eh, ci sono anche gli schemini con i banchi a nido d’ape, in banchi in riga, i banchi in colonna. E’ che si parla dei moduli orari di 45 minuti. E io, come nei film di fantascienza, di colpo ho avuto una visione, un flash, una proiezione onirica.

Ore 8.00, inizio lezioni: Io alla cattedra, rassicurante e sorridente, accolgo gli studenti che entrano segnando la loro presenza sul registro elettronico, in genere un dispositivo personale che funziona con la rete dati mia personale anche quella.

8.05: “dai, ragazzi entrate che abbiamo poco tempo” e senza poterli toccare, a un metro di distanza, con la sola potenza delle onde sonore, sposto a urla i ritardatari.

8.06: introduco brevemente l’argomento della lezione per quattro gloriosi minuti.

8.10: ricarico la pagina del registro elettronico per segnare l’ingresso di Tizio, Tardo e Sempronio che arrivano con il pullman sempre un po’ dopo.

8.15: Tardo mi chiede “scusi, prof, già che ha il registro aperto, devo giustificare l’assenza di ieri”. Mi lancia il libretto sulla cattedra, non perché sia maleducato, ma perché è socialmente distanziato, io firmo, registro la giustificazione e tento di ricominciare la lezione. Parlo per altri cinque fulgidi minuti.

8.20: “Prof, già che ha il registro aperto, mi segna presente ieri? C’ero si ricorda? Sono entrato alla terza ora”. Correggo e mi appresto a continuare.

8.25: Entra la collega di Nonloso a chiedermi se può dire due parole alla classe, raccogliere dei moduli firmati, riconsegnare due quaderni, invadere la Polonia.

8.30: Inizio a spiegare, sul serio, entro in argomento. Sono ispirata come una Pizia.

8.31: Bussa la bidella per chiedermi se abbiamo una sedia in più. Non l’abbiamo e se l’avessimo non la daremmo a nessuno.

8.35: Entra il Patentato. Per dare sfoggio della novella patente, viene a scuola in auto, ma non si muove per tempo e parcheggia là sui monti con Annette, arrivando con scenografico ritardo. Riapro il registro, segno il suo ingresso mentre continuo a parlare e intanto lui si giustifica spiegando che c’era traffico, una mucca in mezzo alla strada, la macchina non partiva, le cavallette, la pandemia. Quest’ultima sì.

8.40: Sempre cercando di non perdere il filo del discorso, segno presente il nuovo arrivato che nel frattempo, da bravo maggiorenne, si firma la giustificazione da solo e insiste per farmela firmare. Altro lancio di libretto, firma, lancio il libretto a mia volta ma colpisco il banco sbagliato. Risate dovute alla mia scarsa mira.

8.45: Fine dell’ora. Per chi suona la campana? Che domande, per me. Quarantacinque minuti svaniti in un battito di ciglia. Ora, non che un quarto d’ora in più faccia tutta questa differenza. Però un po’ aiuta.

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