Domenica scorsa, 5 luglio, ho partecipato agli Stati popolari convocati a piazza San Giovanni, a Roma, da una nutrita serie di comitati ed organizzazioni di base di lavoratori e lavoratrici. Nonostante il caldo torrido del primo pomeriggio domenicale erano presenti varie migliaia di persone con mascherina e distanziamento regolamentari. Si tratta dei settori sociali che hanno permesso la sopravvivenza della società italiana durante il lockdown, mentre gli imprenditori e i politici ad essi più vicini si agitavano scompostamente per chiedere la riapertura immediata di ogni luogo, alla faccia del contagio che, come sappiamo, continua ad incombere sulle nostre esistenze e che all’epoca mieteva moltissime vittime.

Mentre Renzi, Salvini & Co. continuavano il loro osceno teatrino col favore dei mezzi televisivi sia quelli “pubblici” che quelli privati, i braccianti coltivavano la terra per produrre gli ortaggi e i frutti di cui ci cibiamo, le badanti accudivano vecchi e malati supplendo alle evidenti insufficienze del servizio sanitario ed assistenziale pubblico, i rider percorrevano le strade deserte per recapitare beni di ogni genere nelle nostre case, infermieri e medici, spesso precari, rischiavano ogni giorno le loro vite per garantire le cure a coloro che erano stati colpiti dal Covid, gli operai continuavano a recarsi quotidianamente al lavoro sfidando il contagio.

Passata la festa, gabbato il santo. Gli eroi di ieri sono tornati ad essere gli sfruttati di sempre, cui continuano ad essere negati elementari diritti, a cominciare da quello alla regolarizzazione per uno status civile, umano e professionale degno.

Erano presenti e hanno parlato varie categorie di lavoratori, dai precari della scuola ai lavoratori di aziende perennemente in crisi, dall’Alitalia all’Ilva, a causa di errori e malefatte di una classe dirigente, politica e imprenditoriale, che non è mai stata chiamata a rendere conto dei danni infiniti che ha prodotto all’Italia ma continua ad esibirsi in modo arrogante sugli scranni parlamentari e dagli schermi televisivi, in attesa di godersi vitalizi ed altre prebende estorte senza vergogna ai contribuenti. Ma anche i Fridays for Future che chiedono misure concrete per arrestare il riscaldamento globale.

Le voci di San Giovanni, voci di soggetti sociali convinti della necessità di uscire dallo stato di “invisibilità” si sono espresse contro il mare dell’indifferenza e dell’arroganza , per cambiare lo stato di falsa normalità in cui vive la società italiana, come ha affermato Aboubakar Soumahoro, il dirigente sindacale delle Usb, che è stato uno dei principali ideatori ed organizzatori dell’iniziativa.

Un bracciante africano proveniente, insieme a varie decine di suoi compagni e colleghi di lavoro, dalle campagne del foggiano ha esposto le ragioni di questa lotta. “Per noi e per tutti”, ha detto il bracciante. Si conferma quindi la vocazione generale della classe lavoratrice che libera l’insieme della società, mediante la sua lotta, un balsamo indispensabile e urgente per sanare le numerose piaghe che affliggono l’Italia, come pure vari altri Paesi occidentali.

Il programma approvato in tale occasione prevede sei misure: un piano nazionale per l’emergenza lavoro; un piano di edilizia popolare per far fronte all’emergenza abitativa; la riforma della filiera alimentare; l’abolizione dei decreti Salvini, il rilascio di un “permesso di soggiorno per emergenza sanitaria” convertibile in permesso di lavoro e la riforma della legge sulla cittadinanza, una riforma della politica dell’accoglienza e l’istituzione di un ente pubblico per dare risposte agli italiani all’estero; una riforma di giustizia ambientale; l’attuazione di politiche per rimuovere le disuguaglianze.

Si narra che Luigi XIV, consigliato dall’astuto Mazzarino, si fosse sempre rifiutato di convocare gli Stati generali. Lo fece il suo successore Luigi XVI, destinato poi a finire i suoi giorni sulla ghigliottina. Sarà bene che Giuseppe Conte, che ha osato convocare gli Stati generali, dia ascolto agli Stati popolari, se non vuole definitivamente terminare succube, complice e vittima di coloro che da troppo tempo divorano il nostro Paese, maciullando diritti e risorse generali e comuni.

In un contesto sempre più segnato dal ritorno della povertà, l’auto-organizzazione dei lavoratori e delle lavoratrici, destinata ad esprimersi sempre di più anche sul piano prettamente politico, costituisce forse l’ultima speranza di futuro e di riscatto.

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