Non ci sta il giudice Antonio Esposito, presidente del collegio che in Cassazione condannò Silvio Berlusconi, a essere citato come l’autore di una sentenza pilotata dopo la pubblicazione degli audio del magistrato Amedeo Franco. La storia, che ha fatto gridare al golpe giudiziario Forza Italia, è ormai nota. Franco, che firmò insieme a tutti gli altri le motivazioni della sentenza e negò presunte pressioni davanti al Csm, all’ex Cavaliere disse che che il verdetto fu guidato. Un mistero visto che aveva la facoltà, per legge, di dissentire. Aveva avuto la possibilità di denunciare Esposito in sede penale e disciplinare, e non può neanche replicare visto che è morto un anno fa. Gli audio sono stati diffusi dalla trasmissione Quarta Repubblica, guidata da Nicola Porro, vicedirettore de Il Giornale, e citati in un pezzo sul Riformista.
“Lunedì presenterò una querela per diffamazione ma non è escluso che chiederò alla Procura di Roma anche di acquisire gli audio del relatore di Cassazione, Amedeo Franco” fa sapere l’ex presidente della III sezione feriale della Cassazione che il primo agosto del 2013 emise la sentenza di condanna sul procedimento Mediaset per frode fiscale. Condannato a 4 anni, di cui uno indultato, come è noto l’ex premier perdette il seggio di Palazzo Madama. Riabilitato è stato eletto al Parlamento europeo e dopo aver rinunciato al ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo ora vuole che le toghe di Strasburgo, che hanno già archiviato, riesamino il ricorso.
Intervistato dal Fatto Quotidiano Esposito ha ribadito che la decisione di confermare il verdetto d’appello che aveva già confermato il primo grado era stata presa da tutto il collegio e che le motivazioni, scritte dallo stesso Franco, erano state firmate da tutti. Pagina per pagina. Una unanimità in pratica. “A distanza di sette anni si continua a provare a delegittimare una sentenza passata in giudicato, dopo che 11 magistrati hanno convenuto sulla responsabilità di Berlusconi, prendendomi di mira in quanto presidente del collegio. Io invece mi chiedo perché il relatore senta il bisogno di incontrare il suo imputato per giustificarsi dell’esito del processo. Ritengo che sia questo il vero fatto gravissimo e inquietante di tutta la vicenda. E mi devo chiedere: dove avvenne quell’incontro, o quegli incontri? Quando? In che circostanze? Da chi fu sollecitato?”. Magari l’apertura di un’inchiesta penale potrà chiarire la vicenda.
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