È ancora lunga la strada verso la gender equality. A dimostrarlo le dimissioni che l’Ispettorato del lavoro (Inl) ha registrato nel corso del 2019: in un solo anno 51.558 lavoratori neo-genitori hanno lasciato il posto di lavoro e nel 73% dei casi sono mamme. Nello specifico 37.611 donne si sono dimesse, più del doppio rispetto ai papà (13.947). L’analisi dell’Inl ha evidenziato anche un “leggero incremento sull’anno precedente (+4%). E come di consueto, la maggior parte ha riguardato le donne”.

L’Ispettorato, che ogni anno aggiorna le convalide di dimissioni e risoluzioni consensuali di madri e padri per contrastare il cosiddetto fenomeno delle ‘dimissioni in bianco’ (quando vengono fatte firmare al dipendente le proprie dimissioni al momento dell’assunzione), nell’indagine realizzata analizzando i casi di lavoratori con figli sotto i tre anni ha evidenziato una realtà non nuova per il genere femminile. Conciliare lavoro e famiglia non è facile, ma è un problema che ricade ancora oggi soprattutto sulle donne: questa infatti è una delle principali ragioni per cui si abbandona il lavoro. Senza nonni o privi di altri parenti a cui affidare i figli o con risorse economiche non sufficienti per permettersi gli alti costi di asili nido o baby sitter, per questo più di 21mila dipendenti si sono dimessi. Per altri 20mila, invece, la motivazione è legata al “passaggio a un’altra azienda”.

Se in quasi tutti i casi si è trattato di dimissioni volontarie (49mila), i restanti sono licenziamenti per “giusta causa” (1.666), determinati quando il lavoratore lascia in tronco a seguito di un inadempimento del datore di lavoro (ad esempio perché non gli è stato pagato lo stipendio) e per un numero più piccolo si tratta, invece, di dimissioni consensuali (884), ovvero quando entrambe le parti, insieme, decidono di interrompere il contratto.

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