Mentre ero in cucina, intenta a preparare il pranzo, di là in salotto era accesa la tv. Il Papa stava recitando l’omelia della Messa domenicale e a un certo punto del suo discorso sono stata attratta da quello che diceva e così, pur continuando a tagliuzzare, mescolare, spadellare, ho cominciato ad ascoltare con attenzione le sue parole.

Premetto che non alberga in me nessuno spirito religioso o meglio, considero tale la mia etica e tutto quello che ruota intorno a un continuo upgrade della stessa. Delle religioni in generale, ad esempio, non riesco a capire perché non risparmino gli animali, comunque non è in questo o altri mai sopiti dilemmi che voglio addentrarmi.

Papa Francesco mi ispira fiducia a prescindere. Quando parla in genere lo ascolto e in genere mi piace quello che dice. E insomma, ecco che nell’omelia a un certo punto introduce i tre nemici del nostro donarci: il narcisismo, il vittimismo e il pessimismo.

Il Papa afferma quanto faccia male ripiegarsi su se stessi e sui propri bisogni, rimanendo indifferenti a quelli degli altri, soprattutto in questo momento storico. Allo stesso modo è negativo chi si comporta eternamente da vittima e per ogni situazione si sente incompreso, lamentandosi ogni giorno del prossimo. Infine il pessimismo. Per il pessimista tutto è nero e se la prende con il mondo: lo Stato, la Chiesa, la società, non va bene nulla. In questa situazione, con il dio-specchio, il dio-lamentela e il dio-negatività a far da padroni, non si riesce ad apprezzare il dono della vita, il dono che ciascuno di noi è.

E a questo punto mi blocco pensando a quanto siano importanti e vere queste frasi. Realizzo quindi che introducendo questi concetti il Papa in un attimo… paff!! Si sta trasformando nel nostro personal coach. E’ pazzesco questo Papa. Mi sento improvvisamente serena, mi pervade un senso di fiducia e nello stesso tempo comincio a sorridere divertita dicendo a me stessa: incredibile.

Durante il lockdown, siamo stati tempestati, invasi, inondati su ogni piattaforma digitale possibile, sconosciuta fino ad allora, da webinar di predicatori, più o meno blasonati che, in situazioni di normalità, per questa o quella cifra, si occupano di prendere in mano le redini dei nostri fallimenti insegnandoci la positività e l’ottimismo, rivoltandoci come un calzino per farci diventare dei vincenti e che, in occasione della pandemia, ci hanno donato briciole delle loro tecniche persuasive attraverso qualche video-predica gratuita per attirarci alle loro scuole, prevedendo quanta incertezza, paura, bisogni ci sarebbero stati all’indomani della riapertura.

E invece ecco che abbiamo un personal coach gratuito, un Papa più rivoluzionario di tutti loro messi insieme. Non credo infatti che frequenti corsi di formazione all’americana per allenarsi e allenarci al pensiero positivo eppure, con parole misurate, pacate, pronunciate con voce gentile, instilla in noi principi evidentemente universali e veri a tutte le latitudini, senza ricorrere a manipolazioni, senza volerci fare il lavaggio del cervello, senza chiederci niente in cambio e, cosa più importante, con la finalità soltanto del nostro arricchimento spirituale, non di personali profitti materiali legati all’applicazione degli stessi. Insomma, con questa omelia il Papa ha reso disponibili e fruibili a tutti, indistintamente, precetti fondamentali della più agguerrita Pnl.

Fiducia nel prossimo, speranza per il futuro e accoglienza verso il mondo, per poter guardare alla vita con un senso di pienezza del proprio essere, solidi e ‘causativi’, per usare un termine tanto vero quanto caro ai nuovi filosofi del vivere, formatori di imprenditori di successo.

Il Papa nel frattempo, siamo sempre in cucina qui da me che lo ascolto, sul finire dell’omelia invoca lo Spirito Santo affinché rinnovi in noi il ricordo del dono ricevuto. E chiude dicendo che peggio di questa crisi c’è solo il dramma di sprecarla, chiudendoci in noi stessi.

Teniamoci strette queste parole e ad esse ricorriamo ogni qualvolta ci sentiamo travolti dalle incertezze. Formiamo un bel cordone tendendo la mano gli uni agli altri perché ora di questo c’è proprio bisogno. Ah, scusate, le mani no, siamo ancora in fase distanza di sicurezza.

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