Cinque intermediari, quattro città e almeno 11 milioni di euro da recuperare. Dopo Roma, Lugano e Londra, ora sbarca anche a Taranto l’inchiesta della Procura di Roma sulle mascherine fantasma nel Lazio, oltre 7,5 milioni di dispositivi Ffp2 e Ffp3 acquistati a marzo dall’Agenzia regionale della Protezione civile per 35,8 milioni di euro e mai arrivati a destinazione.

Nella città portuale pugliese, l’ennesimo anello di una catena lunghissima di società riconducibili alla commessa. Si tratta della Internazionale Biolife srl, altra azienda – come tante in questa vicenda – con appena 10.000 euro di capitale sociale, specializzata in prodotti omeopatici. La Biolife ha attirato su di sé i riflettori della guardia di finanza e dei pm tarantini, che stanno collaborando con i magistrati romani, risultando uno degli intermediari pur essendo, allo stesso tempo, un fornitore diretto della Regione Lazio in un altro contratto di approvvigionamento dei dpi.

Tutto ciò mentre il 31 maggio è scaduto il piano di rientro attraverso il quale la romana Ecotech srl, destinataria diretta della commessa regionale, avrebbe dovuto restituire l’anticipo di quasi 14 milioni ricevuto fra il 17 e il 20 marzo. Ma la Regione Lazio – che risulta “parte lesa” – fin qui ha visto tornare indietro solo 1 milione e 746mila euro, avviando il 21 maggio l’iter per il decreto ingiuntivo.

“Follow the money”: la filiera infinita degli intermediari – La vicenda è complessa. A quanto ricostruito fin qui dagli atti in possesso del Gico della Gdf di Roma e dai pm Elena Neri e Paolo Ielo, la Regione Lazio fra il 16 e il 20 marzo ha assegnato tre commesse alla Ecotech che, forte della presenza di un socio minoritario operativo in Cina, Pan Hongyi, riteneva di poter consegnare i pochi giorni la maxi-fornitura. Quando le cose si sono messe male e Pan si è tirato indietro, il 27 marzo la piccola società di Frascati, per non perdere la commessa, si è rivolta a due diverse aziende: la Exor Sa, con sede a Lugano ma diretta dal milanese Paolo Balossi, e la Giosar Ltd, con sede a Londra ma guidata dall’italiana Stefania Cazzaro.

Quello che è emerso solo nei giorni scorsi, però, è che intorno al 3 aprile la Exor a sua volta ha contattato un’alta società italiana, la Internazionale Biolife, appunto, per reperire i dispositivi dalla Cina. È per questo motivo che ora si indaga anche a Taranto. Nei giorni scorsi la società svizzera ha denunciato quella pugliese e i magistrati locali hanno allertato subito i colleghi romani. Questo dopo che a Lugano le autorità ticinesi avevano sentito i vertici della Exor, raccogliendo le deposizioni sulle inadempienze del loro fornitore. In mezzo, c’è una certificazione Sgs non valida presentata l’8 aprile alla Regione Lazio, che tutti i protagonisti disconoscono e che avrebbe dovuto provare l’esistenza del carico di mascherine: grazie a questo documento, la Ecotech ha ottenuto la novazione del contratto, inizialmente revocato dalla Protezione civile.

Il mistero del prezzo e il cerino in mano al fornitore – Quello che stupisce è che Internazionale Biolife era già un fornitore diretto della Regione Lazio. La società guidata da Giacomo De Bellis e Antonio Formaro aveva in essere due contratti con la Protezione civile locale: uno da 17 milioni di euro per 1 milione di camici e 1 milione di tute stipulato il primo aprile; e soprattutto, uno da 13 milioni di euro per 3 milioni di mascherine Ffp2 e 3 milioni di chirurgiche stipulato il 27 marzo, lo stesso giorno in cui Ecotech si rivolgeva a Exor per “riparare” alle proprie difficoltà. Ma allora perché non rivolgersi direttamente a Biolife? “Ce lo chiediamo anche noi”, fanno sapere dalla società tarantina, contattata da Ilfattoquotidiano.it, che si dice “a disposizione dei magistrati per chiarire tutto” e afferma che “abbiamo saputo intorno al 20 aprile che i nostri dispositivi erano diretti alla Regione Lazio”.

Anche perché la presenza di 3 intermediari ha fatto lievitare inevitabilmente il prezzo. Di quanto? I finanzieri sono al lavoro. Il contratto fra Ecotech e la Regione Lazio parla di un costo di 3,60 euro a mascherina Ffp2; le stesse sarebbero state cedute da Exor a Ecotech a 2,50 euro “escluse spese di trasporto e commissioni”, mentre Biolife avrebbe venduto a Exor le stesse mascherine ad appena 0,40 euro l’una (8,50 euro per scatola da 20). Si tratta, va precisato, di dichiarazioni e documenti frammentari sui quali sta lavorando la Guardia di Finanza.

L’anticipo mai restituito. E i dpi finiscono sul mercato – Fatto sta che alla Regione Lazio manca la restituzione di 3.530.000 euro che la Ecotech pretende da Exor che a sua volta pretende alla Internazionale Biolife; di 4.740.000 euro che la Ecotech ha chiesto indietro alla Giosar; e di altri 3.504.000 euro “frutto della vendita di dispositivi di protezione individuali” sul mercato libero, come affermato in una nota del 12 maggio della Regione Lazio. È anche su questo aspetto che si concentrano le attenzioni dei magistrati romani. Alcune segnalazioni giunte a Piazzale Clodio parlano di dispositivi “simili a quelli ordinati dalla Protezione civile regionale”, forniti “da una delle società interessate”, giunti in alcune farmacie della Capitale a prezzi superiori da quelli descritti nelle determine. Se fosse confermato, qualcuno avrebbe acquistato le mascherine grazie all’anticipo pagato dalla Regione Lazio e ora le starebbe vendendo a prezzi superiori, per di più con un margine di guadagno cospicuo.

A Repubblica, nei giorni scorsi, l’ufficio stampa regionale ha annunciato che “il 21 maggio è stato avviato l’iter per un decreto ingiuntivo nei confronti di Ecotech e a cascata verso i suoi fornitori”. A Ilfattoquotidiano.it parla l’avvocato civilista della società romana, Giorgio Quadri: “Giosar Ltd ci ha scritto diverse volte affermando che ci avrebbe pagato. Noi abbiamo depositato tutto ai pm. Restiamo fiduciosi, anche se fin qui da loro non abbiamo visto un euro”. Diverso il discorso relativo a Exor: “Siamo in continuo contatto – dice Quadri – Ci hanno pagato 1 milione di euro subito, quello che resta lo attendevamo entro il 22 maggio ma sappiamo che si stanno rivalendo sul loro fornitore. Sabato scorso abbiamo ricevuto comunicazione che i soldi erano stati caricati sul loro conto corrente, dunque ci aspettiamo in settimana almeno la conclusione del contenzioso con loro”. Internazionale Biolife, invece, ribadisce: “Restituiremo i soldi, non abbiamo nulla da nascondere”.

Articolo Precedente

Il coronavirus ha mostrato le falle della giustizia: a Roma e Madrid serve un po’ di buona volontà

next
Articolo Successivo

Sperimentazione sui macachi, via libera del Tar del Lazio. Progetto “potrà dare contributo” a studi per riabilitare chi ha perso la vista

next