“Alla luce delle circolari emanate dal ministero della Salute già a partire dal 9 gennaio e della circolare del 22 gennaio 2020 in cui veniva resa evidente l’emergenza epidemiologica da Covid-19 e si indicavano le prime misure di contenimento del contagio, compreso l’isolamento dei casi (sospetti), la Regione Calabria, come peraltro numerose regioni italiane, non si è prontamente attivata per individuare e proteggere adeguatamente le categorie più fragili, come gli anziani allocati nelle strutture socio-sanitarie, vigilando affinché i provvedimenti relativi al contenimento del contagio venissero applicati alla popolazione degli anziani residenzializzati”.

La relazione degli ispettori del ministero della Salute sulla “strage dei nonni” presso la Rsa Domus Aurea di Chiaravalle non salva nessuno. Sul banco degli imputati ci sono tutti: gli amministratori della struttura, la Regione Calabria e le Asp di Catanzaro e Vibo Valentia. Il documento, composto da quattro pagine firmate dal direttore generale della Programmazione sanitaria Andrea Urbani, è un elenco di errori che sono stati commessi nella gestione dell’emergenza: “inesattezze e confusione dei percorsi”, ma anche “pazienti trascurati” e addirittura “un’anziana morta nel suo letto” senza che se ne accorgesse nessuno.

La verifica ispettiva, da parte del ministero, si è svolta in videoconferenza. Oltre ai componenti della commissione, c’erano i vertici e i funzionari della Regione Calabria, la struttura commissariale dell’Asp di Catanzaro e il comandante dei Nas.

LE MANCANZE DELLA REGIONE CALABRIA – Se da una parte il ministero “dà atto che la Regione, a partire dalla situazione riscontrata il 27 marzo 2020 presso la struttura socio-sanitaria di Chiaravalle, abbia posto in essere atti e conseguenti iniziative finalizzate al monitoraggio dei pazienti e degli operatori sanitari della Rsa e case di riposo private del territorio”, dall’altra “va sottolineato, come elemento di criticità che l’ospedale di Tropea (individuato come presidio Covid per l’area geografica della Calabria centrale, ndr) non disponesse di reparti di terapia intensiva e sub-intensiva necessari a gestire pazienti critici, né erano stati forniti loro i dpi”.

“Lo stesso discorso – è scritto sempre nella relazione del ministero – vale per il presidio ospedaliero di Lamezia Terme che avrebbe potuto forse accogliere alcuni pazienti se il personale sanitario fosse stato adeguatamente formato e soprattutto provvisto di dpi”. Se non ci fossero state queste criticità, il trasferimento dei pazienti della Rsa di Chiaravalle sarebbe stato “più facile e veloce”.

LA COMUNICAZIONE TRA L’ASP DI VIBO E CATANZARO – La visita ispettiva ha, inoltre, evidenziato quella che il ministero della Salute chiama la “mancata comunicazione tra l’Asp di Vibo Valentia e l’Asp di Catanzaro”. Il riferimento è “all’evidenza dell’operatrice sanitaria risultata positiva al Covid-19”. Si tratta della donna, residente in provincia di Vibo e dipendente della Rsa di Chiaravalle, che per prima era stata colpita dal virus. I dirigenti dell’Asp di Catanzaro, sebbene solo verbalmente, erano stati messi a conoscenza nella tarda serata del 26 marzo della positività della paziente. “Risulta poco chiaro – è scritto nella relazione del ministero – il motivo per cui non sia stato comunicato tale dato al dottor Belcastro e al dottor Caroleo (rispettivamente ex direttore del dipartimento Salute della Regione Calabria e componente della task force nominata dalla governatrice Jole Santelli) che nella giornata del 27 marzo avevano effettuato un sopralluogo presso la Rsa di Chiaravalle di cui avevano messo a conoscenza l’Asp di Catanzaro”.

A CHIARAVALLE “ASSENZA DI QUALSIASI MISURA DI CONTENIMENTO” – Le valutazioni più severe però gli ispettori del ministero le riservano per commentare la gestione della Rsa La Ginestra Hospital e della casa di cura Domus Aurea, dove si sono registrati almeno 28 morti dall’inizio della pandemia.

A proposito si legge nella relazione: “Emergerebbe un comportamento inappropriato del direttore sanitario, dottor Battaglia, e anche dell’amministratore della struttura, avvocato De Santis che, come dichiarato da tutti i professionisti auditi e in base all’evidenza della situazione precaria in cui sono stati trovati i degenti, tra cui un’anziana morta nel suo letto di cui nessuno si era accorto, hanno totalmente sottovalutato o non considerato la situazione di rischio cui andavano incontro i degenti della Rsa e della casa protetta, soggetti fragili e maggiormente esposti al rischio di contagio e all’insorgenza di complicanze gravi associate all’infezione”.

Nella casa di cura di Chiaravalle, gli ispettori hanno registrato “l’assenza di qualsiasi misura di contenimento del contagio e la mancata fornitura di adeguati dpi agli operatori sanitari delle due strutture”. Medici, infermieri e oss pare abbiano avuto “a disposizione qualche mascherina, qualche visiera ma non camici, non è chiaro se in conseguenza di una mancata richiesta o di un mancato approvvigionamento”.

E ancora: “Grave sembrerebbe apparire l’aver disatteso le indicazioni fornite dall’infettivologo (il dottor Caroleo della task force regionale, ndr) circa la suddivisione da effettuare tra percorso Covid positivo e percorso Covid negativo e l’addestramento degli operatori all’uso dei dpi”.

I problemi non avrebbero riguardato solo le procedure per evitare il contagio: “Anche i pazienti Covid negativi versavano in uno stato di trascuratezza e abbandono e ciò farebbe presupporre una situazione di grave substandard care degli anziani di fatto già presente presso la struttura ben prima dell’emergenza Covid verificatasi”.

Una stoccata, quest’ultima, non solo all’amministratore della Domus Aurea, ma anche alla Regione Calabria: “La vigilanza sulle strutture socio-sanitarie da parte degli enti regionali preposti, – chiarisce il ministero della Salute – non deve esaurirsi alla situazione di emergenza epidemiologica, ma deve proseguire nel tempo così come dettato dalla legge regionale 24 del 18 luglio 2008”.

Articolo Precedente

Lavoratori stranieri: oggi i braccianti scioperano per combattere in nome della dignità

next
Articolo Successivo

Coronavirus, 70 milioni di rifugiati a rischio sanitario ed economico. Grandi (Unhcr): “C’è bisogno di solidarietà, è il momento di agire”

next