Dopo quasi due mesi dall’annuncio in pompa magna della realizzazione di una struttura emergenziale con “100 posti letto tra terapia intensiva e sub-intensiva”, con la visita di Guido Bertolaso per siglare (senza strette di mano) l’accordo con il governatore Luca Ceriscioli, il Covid Hospital di Civitanova Marche “questa settimana accoglierà i primi pazienti“, assicura la Regione. A curarli però, denunciano i sindacati di medici e infermieri, saranno “colleghi saccheggiati da altri ospedali”, anche se “la struttura è destinata a chiudere, come quella di Milano”. L’Azienda Sanitaria unica regionale, infatti, con una lettera inviata venerdì ai direttori delle Aree Vaste e alle risorse umane, visionata da Ilfattoquotidiano.it, ha chiesto personale per il Covid Hospital, che partirà da una base di 28 letti (14 di terapia intensiva e 14 di sub-intensiva) e 96 dipendenti. Medici, infermieri e tecnici che, si legge, dovranno essere scelti dalle singole Aree Vaste, “privilegiando l’adesione su base volontaria”, e quindi con turni aggiuntivi oltre a quelli già svolti nei propri ospedali, oppure, appunto, togliendoli dai loro reparti, “adottando criteri di rotazione ed alternanza per periodi minimi di un mese”. A dare campo libero alla richiesta dell’Asur una delibera di giunta della Regione, la 523 del 5 maggio scorso: “Il personale sanitario – è scritto – proverrà proporzionalmente dalle dotazioni di risorse umane dei vari Enti, coerentemente con le disposizioni ministeriali inerenti la gestione delle varie fasi dell’emergenza Covid”.

La denuncia dei sindacati: “Mai consultati, è una pezza per coprire mancanza di personale”
Alla lettera inviata dalla dirigenza dell’Asur, a firma della dottoressa Nadia Storti, la rappresentanza intersindacale di medici e veterinari, che racchiude le sigle Fvm, Fassid, Fesmed, Anpo, Cgil, Cisl, Uil e Cimo, e che rappresenta oltre il 70 per cento dei dottori marchigiani, ha risposto con un’altra missiva, inviata, tra gli altri, anche ai prefetti e all’Ispettorato del Lavoro. “La richiesta – spiega Luciano Moretti, segretario di Cimo Marche al Fattoquotidiano.it – è illegittima e viola le norme del contratto. Non dà garanzie né dal punto di vista assicurativo, né lavorativo”. Inoltre, continua, “non abbiamo avuto informazioni prima della mail dell’Asur”. Spostando semplicemente medici e infermieri, continua Moretti, “si sta mettendo una pezza a una situazione di mancanza del personale, sguarnendo gli ospedali”.

A mancare è anche la definizione corretta dello stesso Covid Hospital che, denunciano, “non può essere quella di ‘struttura temporanea di degenza e terapia intensiva organizzata per intensità di cure” visto che, si legge, “giuridicamente nella Regione Marche questa modalità di assistenza ospedaliera non esiste”. Fin dall’inizio, spiega ancora Moretti al Fatto.it, “abbiamo detto che con i 12 milioni invece di costruire qualcosa di nuovo si poteva sistemare l’esistente, aumentando i posti, allargando i reparti”, spiega, dicendo in maniera chiara il suo punto di vista: “La struttura di Civitanova è destinata a chiudere. Potevamo prendere esempio dalla Lombardia, invece c’è stata mancanza di visione“. Difficile, conclude, ipotizzare che l’ospedale pensato come temporaneo possa diventare stabile “non è un punto strategico, tra negozi e centri commerciali”. Della stessa idea anche il sindacato infermieristico, Nursind. “Mentre l’ospedale alla Fiera di Milano chiude, il Fiera Hospital a Civitanova apre, una dicotomia che pone delle riflessioni – dicono dal sindacato – La priorità è assumere personale sanitario e rinnovare, ampliare, le rianimazioni esistenti alcune con materiale obsoleto. Invece nelle Rianimazioni e Terapie intensive già esistenti è difficile anche ottenere la manutenzione ordinaria”.

La Regione va avanti a testa bassa: “Apriamo in settimana”. Ma le terapie intensive si svuotano
I sindacati hanno ottenuto una “videochiamata” di confronto in programma oggi, ma intanto la Regione è già pronta a partire: “Il Covid Hospital sarà aperto ai pazienti tra oggi e domani (ieri e oggi, ndr) – dice l’assessore alla protezione Civile, Angelo Sciapichetti, a ilFatto.it – Arriveranno lì tutti i malati Covid dagli altri ospedali, permettendo così il ritorno alle normale funzioni”. Un “ritorno alla normalità” considerato “difficile” però dai sindacati visto che “si toglie personale dagli stessi ospedali”. La nuova struttura, oltre a ricevere immediatamente pazienti, specifica l’assessore, servirà anche per “essere pronti nel caso in cui, ma speriamo di no, ci dovessero essere recrudescenze”. I numeri della Regione, per il momento, fanno ben sperare. Secondo l’ultimo bollettino, infatti, i ricoveri da Covid in terapia intensiva ad oggi sono “solo” 17, mentre 29 pazienti si trovano in terapia sub-intensiva. Svuotata, con la gioia degli operatori, la rianimazione dell’ospedale Marche Nord, il più toccato dall’emergenza per effetto del focolaio di Pesaro.
La struttura: 27 giorni per realizzarla e donazioni per 8 milioni di euro
Finanziato grazie a 8 milioni di euro di beneficenza, versati sul conto corrente dell’Ordine di Malta, fondazione di cui fa parte l’ex capo della protezione civile Guido Bertolaso, il Covid Hospital di Civitanova nasce come “progetto gemello” di quello della Fiera di Milano. Un “modello” difficile da mettere a frutto, come dimostrano gli esiti di quello lombardo, soprattutto perché il Covid, come ha spiegato il professor Luciano Gattinoni, ex direttore scientifico del Policlinico di Milano e presidente della Società mondiale di terapia intensiva, a Sono le Venti (Nove), manca di una visione d’insieme che “raccolga tutte le varie competenze necessarie per il Covid”. Oltre 1200 i cittadini e le imprese che, ad oggi, hanno contribuito alla sua realizzazione, terminata dopo oltre due mesi dall’annuncio della necessità di una struttura specifica per l’emergenza, da “realizzare in 10 giorni”, e dopo quasi un mese dall’inizio dei lavori. In tutto il “progetto 100”, questo il nome sul sito della Regione, prevede 84 posti posti su 5.436 mq di struttura: 42 posti letto di terapia intensiva e rianimazione, suddiviso in 3 unità operative autonome di terapia intensiva con 14 letti ognuno, e altre 3 unità operativa di terapia con altrettanti 42 posti letto di terapia sub-intensiva con impianti adeguati per terapia intensiva. Una soluzione che, nell’immediato, avrebbe aiutato ad affrontare la carenza di posti letto, ma che ora rischia il flop.
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