Le scarcerazioni dei boss mafiosi lo indignano, ma dice anche che suo fratello sarebbe stato deluso da questo atteggiamento dello Stato. A parlare è Giovanni Impastato, fratello di Peppino, l’attivista di Democrazia proletaria ucciso il 9 maggio 1978 da Cosa nostra. “Io sono indignato, ma davvero molto indignato. Sono sempre stato un garantista ma queste scarcerazioni sono aberranti. Oggi mio fratello Peppino sarebbe estremamente deluso da questo Stato”, dice Impastato. “Quello che sta accadendo in questi giorni mi sconvolge – aggiunge -sono convinto che anche i peggiori mafiosi hanno dei diritti e vanno curati però mi pare che si sti esagerando. Mi sembra una scusa per tirarli fuori tutti, piano piano“.

Impegnato nelle manifestazioni in ricordo del fratello assassinato, che quest’anno sono solo virtuali per l’emergenza coronavirus, Impastato commenta da Cinisi riferendosi all’elenco di 376 detenuti al 41bis e nei regimi di Alta sicurezza che hanno ottenuto gli arresti casalinghi durante l’epidemia. L’elenco è stato inviato nei giorni scorsi dal Dipartimento amministrazione penitenziaria alla commissione parlamentare Antimafia. “In questa lista ci sono solo mafiosi e questa cosa mi insospettisce un pò– dice -Questo mi dà fastidio. Sono indignato perché ci sono molti mafiosi. C’è poca speranza che si possano redimere“. E alla domanda se, come dice il pentito Gaspare Mutolo all’Adnkronos, dietro le scarcerazioni c’è la trattativa Stato-mafia, Giovanni Impastato dice: “Non lo escludo, può anche darsi ma non lo possiamo dimostrare. In base a quello visto in Italia tutto è possibile. Infatti secondo me il decreto per riportarli in carcere è ridicolo e anche anticostituzionale. La frittata ormai è fatta. Oggi Peppino sarebbe deluso da tutto questo”.

Molti i messaggi da parte di esponenti delle Istituzioni inviati per l’anniversario numero 42 della morte di Impastato. “La verità resta un diritto, oltre che un dovere per le istituzioni. Terrorismo ed eversione sono stati battuti con gli strumenti della democrazia e della Costituzione: la ricerca della verità, dunque, deve continuare laddove persistono lacune e punti oscuri”, ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio inviato per l’anniversario dell’omicidio di Aldo Moro, lo stesso medesimo giorno di quello di Impastato. “Non dobbiamo dimenticare la sua storia, quella di un giovane che rinnega quella parte della famiglia legata a doppio filo con la mafia e con il boss Tano Badalamenti. Non solo la rinnega, ma la combatte. E lo fa dileggiandola, con la satira della sua Radio Aut. E allo stesso tempo con il suo lavoro di giornalista. Peppino Impastato era un eroe civile”, scrive, tra gli altri, il presidente della Camera, Roberto Fico.

Cinque indagini durante 40 anni, la condanna in primo grado per il boss di Cosa nostra Tano Badalamenti e due richieste d’archiviazione per i carabinieri di Antonio Subranni non sono bastate a scrivere la verità sull’omicidio dell’attivista di Democrazia proletaria, assassinato a Cinisi nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978. Prima fu stordito con alcune pietre e poi fu fatto saltare in aria da una bomba piazzata sui binari: una messinscena per simulare un tentativo di attentato andato male da parte dell’estremista di sinistra. Recentemente la procura di Palermo ha chiesto di e ottenuto di archiviare l’inchiesta su quattro carabinieri, il generale Antonio Subranni, accusato di favoreggiamento, e su Carmelo Canale, Francesco De Bono e Francesco Abramo, accusati di falso. Il motivo? Su quei reati si è ormai abbattuta la prescrizione. Sul caso Impastato anche la relazione dell’Antimafia che parla di “patti” tra mafiosi e pezzi dello Stato e una pista che conduce a un altro mistero italiano: la strage della casermetta di Alcamo Marina.
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Carceri, il pentito Mutolo: “Una vergogna le scarcerazioni dei boss. La trattativa continua”. L’ Antimafia valuta apertura istruttoria

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