I boss mafiosi scarcerati durante l’emergenza coronavirus da una parte. Giuseppe Graviano che lancia messaggi al processo ‘Ndrangheta stragista dall’altra. E sullo sfondo la Trattativa tra pezzi dello Stato e Cosa nostra che continua ancora oggi. Tre flash, tre elementi che sarebbero legati tra di loro. Almeno secondo Gaspare Mutolo, storico pentito di mafia.”Le scarcerazioni dei boss mafiosi sono una vergogna. Lo Stato ha perso, ma non adesso. Ha perso tempo fa, quando ha avviato la trattativa con Cosa nostra che continua tuttora”, dice l’ex picciotto di Cosa nostra in un’intervista all’agenzia Adnkronos.Parole, quelle di Mutolo, che sono finite sul tavolo della commissione Antimafia. L’organo parlamentare presieduto da Nicola Morra, da sempre molto attento all’argomento sulla trattativa tra Stato e boss, sta valutando se aprire un’istruttoria per fare chiarezza sulle parole del collaboratore.

Ventidue omicidi, guardaspalle del boss palermitano Rosario Riccobono, killer ed autista del capo dei capi corleonese, il sanguinario Totò Riina, Mutolo è un uomo di mafia fino al 1991, quando decide di collaborare con i giudici Giovanni Falcone prima e Paolo Borsellino dopo. Dalla sua residenza segreta, dove vive sotto protezione, l’ex mafioso parla delle polemiche sulle scarcerazioni dei boss e di altri detenuti di rango. E riferisce – è il caso di sottolinerlo – soltanto sue opinioni, non fatti conosciuti direttamente o de relato, visto che è uscito da Cosa nostra ormai quasi 30 anni fa. “Hanno fatto uscire centinaia di boss e altri detenuti per l’emergenza coronavirus ed è assurdo perché è molto più probabile essere contagiati dai propri familiari che in isolamento – dice – Il paradosso è che noi dobbiamo stare a casa e quelli che stavano al 41 bis, cioè in teoria al carcere duro, che erano completamente riparati dal pericolo, possono lasciare la cella”.

Secondo Mutolo i domiciliari concessi ai boss “fanno parte della trattativa tra Stato e mafia“. “È stata la prima cosa che ho pensato quando ho letto delle scarcerazioni dei boss che ci potevano essere ancora quei patti anche se fatti in ritardo – sostiene – Basti pensare a quello che sta facendo Giuseppe Graviano dal carcere. Lancia segnali con le sue dichiarazioni nel processo di Reggio Calabria. Prima non sarebbe stato immaginabile”. Secondo il collaboratore di giustizia “fa tutto parte della stessa strategia la trattativa tra Stato e mafia non è mai finita. Vedrete”. Anzi, sempre a sentire Mutolo, “sotto sotto c’è chi si sta muovendo per fare annullare la sentenza di condanna di primo grado“.

Mutolo ricorda di conoscere “bene uno dei boss finito ai domiciliari, Francesco Bonura, perché eravamo amici- racconta – E’ una persona perbene, ma, mi dispiace dire che è sempre un mafioso… Anche ai domiciliari“. Bonura, come ricorda Mutolo, faceva parte dell’ala di Totò Riina. “Eravamo amici negli anni Settanta, è una persona per bene. Fino a quando ho collaborato, nel 1991, stavo con lui e altri come lui. Mi ricordo che siamo stati insieme in carcere nel 1986 a Trapani. Insomma, ripeto, è un gran signore ma sempre mafioso è. Ma erano altri tempi, ora la mafia ha cambiato pelo. Bisogna dire le cose come stanno. Ormai la mafia ha seguito quella linea di Bernardo Provenzano, quando a un certo punto disse e diede ordine di non fare rumore. In questo modo la mafia ha acquistato potere. Sì, è vero, vengono arrestati alcuni mafiosi ma sono quelli di basso rango, mica i vertici. Quelli sono tranquilli. Perché hanno capito che non conviene. Riina invece aveva rovinato tutto con la sua strategia di sangue, di terrore, di morte anche di innocenti. Ecco perché io ne sono uscito nel 1991, non mi riconoscevo più in Cosa nostra”.

Il pentito poi spende complimenti per Di Matteo sostenenedo che “la sua nomina al Dap avrebbe potuto avere delle ripercussioni sulla trattativa tra Stato e mafia, tuttora in corso. Di Matteo ha fatto moltissimo contro la mafia e al Dap avrebbe potuto fare danni ai boss mafiosi. E’ un personaggio competente, e giustamente era stato fatto il suo nome al Dap. Ha lottato e lotta contro la mafia. Io, già 20 anni fa avevo detto in una intervista che secondo me assomiglia a Giovanni Falcone. Come tipo di giudice. Lui ha detto di non avere mai chiesto favori, neppure ai politici. Gli credo”.

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