Sono le sette di mattina a Sesto San Giovanni. I bus che arrivano da fuori città scaricano centinaia di lavoratori che entrano nel sottopasso della metro. In questa stazione la nuova segnaletica non è ancora arrivata, ma la gente prova a rispettare le distanze di sicurezza e indossa guanti e mascherine. Il treno non si riempie lungo il tragitto verso sud e quasi tutti trovano il posto a sedere. A piazzale Loreto, la segnaletica per terra indica il collegamento con la linea verde. Quello che era uno dei crocevia principali della mobilità meneghina, nel primo giorno della fase due non sembra troppo affollato. La situazione cambia spostandosi a Cadorna. Qui arrivano molti dei treni provenienti dalla cintura milanese. Dalle 7.30 alle 9 è un continuo via vai di persone che scendono dalle carrozze per andare a lavorare in città. “C’è più gente rispetto ad una settimana fa, ma non di tanto” racconta una pendolare. Intanto un termoscanner controlla la temperatura a tutti i passeggeri in arrivo: “Se rileviamo una temperatura ai 37,5° interviene personale preposto per fare dovuti accertamenti” racconta un addetto al controllo della temperatura. Seguendo il flusso di pendolari si ritorna in metropolitana. Per terra segnali e frecce indicano i percorsi per accedere alla banchina. Sul treno c’è anche qualche valigia voluminosa di chi andrà in stazione per prendere una delle frecce che partono verso Sud. Il treno per Napoli delle dieci e venticinque è al completo. Ci sono tanti fuorisede che hanno deciso di rimanere a Milano quando è stato annunciato il lockdown: “Dopo due mesi non vediamo l’ora di rivedere le nostre famiglie”.

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