Nemmeno una settimana dopo il suo ritorno alla guida del Governo britannico, il primo ministro Boris Johnson racconta i giorni della malattia in un’intervista al Sun e ripercorre soprattutto le ore passate in terapia intensiva, quando tra i vertici dell’esecutivo si stava già mettendo a punto un piano B nel caso in cui il leader Tory fosse deceduto. “Mi hanno dato una maschera per il viso e ho ricevuto litri e litri di ossigeno. È stato un momento difficile, non lo nego”, ha raccontato Johnson ai giornalisti.

La ricostruzione del premier è quella di chi ha vissuto la fase più acuta della malattia, che lo ha costretto a ricorrere alla respirazione assistita, consapevole del fatto che sotto di lui fossero allo studio anche soluzioni in caso di morte: “Ero consapevole – continua – che c’erano piani di emergenza in atto. I medici avevano tutti i tipi di accordi su cosa fare se le cose fossero andate male. Avevano una strategia per affrontare uno scenario di tipo ‘morte di Stalin’“.

La prova della gravità della situazione, però, è arrivata quando la possibilità di essere intubato era diventata concreta: “Era difficile credere che in pochi giorni la mia salute si fosse deteriorata a tal punto – racconta il primo ministro – Ricordo di essermi sentito frustrato. Non riuscivo a capire perché non stavo migliorando. Ma il momento brutto è arrivato quando le probabilità erano 50-50 se mettermi un tubo nella trachea”.

Ora, dice Johnson, “sono guidato da un desiderio travolgente di rimettere in piedi il nostro Paese, di nuovo in salute, e sono molto fiducioso che ci arriveremo”.

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