Anche Sérgio Moro è andato: ha rassegnato le dimissioni dopo la rimozione del capo della Polizia Federale Maurício Leite Valeixo, ordinata dal presidente senza consultarlo, un rospo che l’ex ministro di Giustizia non ha mandato giù. Oltre a questo sgarbo, Moro lamenta il fatto che Jair Bolsonaro lo abbia tartassato più volte per mettere dentro l’Intelligence un uomo di sua fiducia, dal quale ottenere informazioni riservate. Una spia insomma. Un’interferenza che Moro ha rifiutato e che ora viene a galla.

Alla decisione del siluramento di Valeixo, avrebbero contribuito anche le indagini dell’ex direttore sull’operato del figlio maggiore del presidente, Flávio. Intanto Bolsonaro cerca affannosamente di procacciarsi consensi all’interno del Parlamento. Con qualsiasi mezzo.

Manovre di regime a suon di incarichi

Che i “gioielli” del presidente siano fonte più di grattacapi che di gioie, lo abbiamo già constatato con le sparate del figlio minore Eduardo che hanno provocato l’incidente diplomatico con la Cina.

La tegola più grossa è però quella dell’accusa di frode elettorale per uso illecito di denaro pubblico di cui si sarebbe macchiato il figlio maggiore Flávio, e della propagazione in rete di fake news. Indagine condotta dagli uomini di Valeixo, una pietra aguzza più che un sassolino nelle scarpe del padre.

Comunque sia, Bolsonaro si è tolto il fastidio, ma dopo le dimissioni imposte a Luiz Henrique Mandetta, il suo ex ministro della Salute che insisteva sull’isolamento, e quelle spontanee di Moro, egli ha perso i suoi uomini di punta che tra l’altro lo avevano negli ultimi tempi nettamente distaccato per indice di popolarità. Non è un caso che, come è successo per Mandetta, anche dopo le dimissioni di Moro la gente abbia protestato lungo tutto il paese a suon di Panelaço e al grido di “ForaBolsonaro”.

Ciò ha provocato ulteriore risentimento nel presidente che ha esagerato, prima dichiarando che Moro lo avrebbe ricattato, dicendosi disposto a concedere le dimissioni di Valeixo a condizione di essere segnalato per una carica al Supremo Tribunale Federale, e poi lamentandosi che la Polizia Federale aveva impiegato tempo e mezzi per cercare gli assassini di Marielle Franco – la giovane attivista uccisa due anni fa a Rio de Janeiro – piuttosto che dedicarsi alla ricerca del suo accoltellatore, l’uomo che pugnalò all’addome Bolsonaro prima della elezioni. Una balla inutile, perché l’estremista venne arrestato subito.

Moro ha reagito duramente, scrivendo su Twitter che non baratta i suoi uomini come moneta di scambio, e accusando Bolsonaro di abuso di potere.

In queste ore, il presidente si aggira trafelato nel Planalto per cercare di rompere l’isolamento politico in cui egli stesso si è cacciato, contattando personaggi della vecchia politica corrotta ai quali starebbe promettendo soldi e incarichi se lo aiuteranno nella battaglia contro l’impeachment. Nomi che figurano nelle inchieste principali condotte dalla magistratura durante gli ultimi 15 anni. A cominciare da Valdemar Costa Neto, del Partito Liberale, super-indagato nella prima inchiesta Mensalão che risale al 2005, quando il Pt (Partido dos Trabalhadores) con Lula allora presidente, pagò per un lungo periodo mazzette da 30.000 reais mensili a deputati e senatori del Psdb e Pmdb affinché si adoperassero in Parlamento per far approvare leggi favorevoli al governo in carica.

A Costa Neto, Bolsonaro avrebbe addirittura promesso, secondo El Pais e Brasil 247, la presidenza del Banco del Nord Est e la segreteria della vigilanza Covid al ministero della Salute, mentre a Roberto Jefferson del Ptb (Partido Trabalhista Brasileiro) e al socialdemocratico Gilberto Kasab – entrambi implicati nello scandalo Lava Jato e appartenenti al Blocco di Centro da cui dipendono le votazioni per un eventuale processo di impeachment – Bolsonaro avrebbe garantito ruoli di prestigio dentro le amministrazioni dei Fondi per la Sanità e Istruzione: Fundos Nacionais da Saúde (FNS) e da Educação (FNDE).

Tutto ciò per fare pressione su Rodrigo Maia, presidente della Camera, da cui dipendono gli altri, anche lui comunque nella lista degli indagati. In pratica, come mettere una volpe a guardia del pollaio. Fantastico!

A supporto degli articoli, in rete circolano video girati da Cnn ed Época che riprendono lorsignori intorno al tavolo presidenziale con Bozo. In pratica, se gli incarichi verranno concessi, e presumibilmente le indagini a carico dei politici interrotte, si tratterà di corruzione alla luce del sole. E alla faccia di Moro.

Il presidente che aveva fatto della legalità la sua bandiera oggi è costretto a oliare i suoi ex nemici per sopravvivere. E nel frattempo, il Covid con il suo fardello di morti annesse continua la scalata: al 27 aprile i contagi sono arrivati a 61.888 con 4205 decessi.

Ormai nelle zone più colpite del Brasile, cioè oltre la metà del paese, la capienza dei posti letto occupata ha già superato il 90% con punte allarmanti a Manaus, dove nell’ospedale “28 de Agosto” i posti disponibili in terapia intensiva erano 40, a fronte di una popolazione di 2,1 milioni.

La previsione dell’ex ministro della Salute Luiz Mandetta – per cui se non si fosse rispettata la quarantena il sistema sanitario pubblico sarebbe andato al collasso a fine aprile – si è puntualmente avverata. Basti pensare che malgrado le disposizioni di Doria, il governatore dello stato di São Paulo, che registra il record negativo nazionale con 21.000 casi circa e 1700 morti, solo il 52% della gente rispetta l’isolamento, con molte attività che sono rimaste aperte.

Intanto Nelson Teich continua a insistere sul fatto che la percentuale di casi in Brasile sia una delle più basse al mondo, ma senza tamponi a sufficienza la sua parola vale zero. Tuttavia i governatori di molti stati tengono duro, difendendo le misure di quarantena nonostante il sabotaggio di Bolsonaro, e fanno mettere le mascherine anche alle statue.

São Paulo è comunque in lockdown fino all’11 maggio, Rio riaprirà alcuni negozi il 30 aprile, mantenendo però scuole e servizi pubblici chiusi fino al 31 maggio, mentre in Paraiba, dove mi trovo adesso, tutto rimane sprangato fino al 4.

(foto di Flavio Bacchetta)

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