Il ministro della Giustizia del Brasile, Sergio Moro, si è dimesso dopo aver saputo che il presidente, Jair Bolsonaro, ha esonerato il direttore generale della polizia federale, Mauricio Leite Valeixo, uomo di fiducia dell’ex giudice simbolo dell’inchiesta Lava Jato. Subito dopo l’annuncio delle dimissioni in tv, in diverse città del Brasile molti sono scesi in piazza per protestare contro il presidente: da San Paolo, Rio de Janeiro, a Fortaleza, Recife e Belo Horizonte sono iniziate le ‘palelacos‘, le manifestazioni sonore con l’uso di pentole. “Fora Bolsonaro!” (fuori Bolsonaro), è il grido che risuona.

“Devo proteggere la mia biografia e soprattutto l’impegno che avevo preso di fermezza contro la corruzione, il crimine organizzato ed il crimine violento”, ha spiegato l’ex magistrato che è stato il giudice dell’ex presidente Lula. Moro, insieme al ministro dell’Economia, Paulo Guedes e quello della Sanità, Luiz Henrique Mandetta – prima che gli venisse revocato l’incarico dal presidente brasiliano nel mezzo della pandemia di coronavirus, per “visioni contrastanti”- faceva parte del fronte anti-Bolsonaro all’interno dell’esecutivo. Tra gli obiettivi della fronda, c’era quello di limitare l’esplicita opposizione di Bolsonaro alle misure di isolamento sociale per combattere l’epidemia che nelle ultime ore ha ucciso 407 persone, facendo salire a 3.313 il numero complessivo dei decessi. I casi sono quasi 50mila, ma si presume, a causa del basso numero di test effettuati, che il numero dei contagiati sia molto più alto.

Moro aveva guidato l’inchiesta “Lava Jato” che aveva portato all’arresto dell’ex presidente Luiz Inacio Lula da Silva. Quell’operazione ha riguardato politici e imprenditori in tutta l’America latina, tra cui l’ex presidente e i vertici del gigante delle costruzioni Odebrecht. L’ex magistrato ne era uscito come un eroe per parte della popolazione, in particolare a seguito della condanna di Lula e della sua carcerazione.

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