Nel centralissimo corso Milano, a Padova, i due titolari di un negozio di parrucchiere si incatenano perché la riapertura è stata ancora ritardata. “Non possiamo rimanere chiusi ancora – spiegano Agostino Da Villi e Stefano Torresin – siamo pronti per aprire, rispetteremo le norme, ma non possiamo rimanere fermi”. E’ da questo disagio delle categorie produttive che prende le mosse il governatore del Veneto Luca Zaia, con un nuovo annuncio. Procede a piccoli strappi nei confronti delle decisioni su base nazionale. Alla vigilia del 25 aprile aveva deciso un primo allargamento delle maglie dei divieti. Lo ripete il giorno dopo la conferenza stampa di Giuseppe Conte, con le misure che entreranno in vigore dal 4 maggio.

Adesso in Veneto si può uscire di casa e camminare o andare in bicicletta nell’area comunale. Naturalmente sempre con guanti, mascherine o prodotti igienizzanti, mantenendo la distanza di un metro ed evitando assembramenti. Si possono raggiungere le seconde case e le darsene, per verifiche legate alla manutenzione. È ammessa la vendita di cibo per asporto tramite veicolo. Inoltre, negli ambienti di lavoro si applica il protocollo firmato con le parti sociali. “Sono stato criticato perché ho autorizzato l’asporto di cibo e ora il governo lo ha autorizzato. – è il commento del governatore leghista – È ora di tornare ad un minimo di normalità, sul lavoro e nella vita di tutti i giorni. Manteniamo i dispositivi e le distanze, ma si deve riaprire: le persone devono poter uscire per respirare e le attività devono poter lavorare”

Zaia si è posto in polemica con il governo. “È stata una brutta serata, abbiamo atteso, speravamo che ci fosse un approccio un po’ diverso rispetto a quello annunciato da Conte. Dopo il sacrificio, si deve anche agire. Dobbiamo darci delle regole, ma bisogna comunque aprire. La fase di convivenza con il coronavirus continuerà per vari mesi. Si poteva e si deve fare uno sforzo in più. Non dico che il comitato scientifico non abbia ragione, ma è come se dicessimo che chiudiamo tutte le strade perché ci sono troppi incidenti. Dobbiamo trovare una condizione di equilibrio che sia sostenibile”.

Il Veneto continua a voler riprendere le attività quanto prima. E Zaia lo ripete più volte, arrivando a offendere le altre Regioni, senza mai citarle direttamente. “Da noi la gente vuole andare a lavorare, non ci chiedono sussidi o redditi di cittadinanza, da noi funziona così, magari non ovunque la pensano in questo modo. L’Italia non si può dimenticare di questa zona produttiva e delle altre: la nostra recessione è la recessione dell’Italia”. L’allusione, dai toni offensivi, è chiaramente diretta ad altre realtà regionali – mai direttamente indicate – a Sud del Veneto. Senza considerare che in questo modo sconfina, come gli ha rinfacciato il prefetto di Venezia, Vittorio Zappalorto accusandolo di aver superato i poteri regionali. “Sconfino io? Chi sconfina è il Governo. E lo abbiamo accettato con senso di responsabilità, dicendo che si faccia regista. Le regioni non collaborano? Noi abbiamo sempre inviato tutti i dati richiesti. La cassa integrazione non sta arrivando non per colpa della Regione, bensì perché le banche aspettano l’ok del Governo. Dico tutto questo non perché voglia fare carriera politica, lo dico per difendere i veneti”. E di fronte alle prime proteste, Zaia risponde: “Sono molto preoccupato per le tensioni sociali. Faccio il pompiere con tutti. A giudicare dalle mail e dai messaggi, sarà solo l’inizio. Sono contro la violenza da sempre e per cercare una soluzione, ma bisogna che ci sia volontà da entrambe le parti. Il governo ha ancora gli spazi per rivedere questa modalità di approccio”.

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