In vista dell’entrata in vigore del nuovo Dpcm che porta l’Italia nella Fase 2 della gestione della pandemia di coronavirus, il commissario straordinario, Domenico Arcuri, ha siglato due accordi con lo scopo di raggiungere l’obiettivo del Governo di rendere disponibili a tutti i cittadini mascherine chirurgiche a un prezzo massimo di mercato di 50 centesimi a pezzo. Il primo è quello firmato con Ordine dei farmacisti, Federfarma e Assofarm a cui verrà garantito un “ristoro ed assicurate forniture aggiuntive tali da riportare la spesa sostenuta, per ogni singola mascherina, al di sotto del prezzo massimo deciso dal governo”. Il secondo è quello stretto invece con cinque aziende italiane (tre lombarde, una siciliana e una veneta) per la produzione di 660 milioni di unità al prezzo medio di 38 centesimi. Ma la Lega e la Cna Federmoda protestano: “Si uccide il Made in Italy”. Il governatore del Veneto, Luca Zaia: “Impossibile, le abbiamo comprate nella nostra regione e le abbiamo pagate un euro”.

L’accordo con i farmacisti: “Primo passo avanti”
La preoccupazione dei farmacisti, che sono i principali rivenditori delle preziose protezioni rese obbligatorie per gli spostamenti nei luoghi pubblici, era quella di non riuscire a garantire una vendita al prezzo massimo indicato dal Governo, visto anche l’innalzamento delle tariffe registrato nelle settimane dell’emergenza. È da questa esigenza che è nato l’accordo tra il commissario e l’Ordine e le associazioni di categoria: tutte le farmacie e le parafarmacie italiane “saranno messe in condizione dal commissario Arcuri – sottolinea una nota – di vendere a tutti i cittadini le mascherine chirurgiche al prezzo massimo di 50 centesimi, al netto dell’Iva”.

“Si garantisce, concretamente, il diritto alla salute di tutti i cittadini – conclude Arcuri – la possibilità di acquistare le mascherine ad un prezzo giusto, si blocca qualsiasi forma di speculazione, non si danneggiano i farmacisti che con spirito di servizio e sacrifici hanno svolto e continueranno a svolgere un ruolo importante nella gestione della epidemia”

L’Ordine, per bocca del presidente Andrea Mandelli, si è detto soddisfatto per “un primo passo avanti perché i farmacisti possano tornare a fare il loro lavoro con più serenità”. L’intesa, aggiunge, “è stata raggiunta in tempi brevi e il meccanismo dovrà essere perfezionato nelle prossime ore”.

Per Mandelli resta però il nodo dell’Iva “da risolvere al più presto, attraverso l’approvazione degli emendamenti parlamentari al Cura Italia sul tema o inserendo la norma nel prossimo decreto. È imprescindibile – afferma- abbassare subito l’Iva che oggi è al 22%, come un bene di lusso. Oggi non può più essere così”. Nella conferenza stampa di domenica sera, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha comunque specificato che su questi dispositivi sarà tolta l’Iva.

L’accordo con le aziende produttrici: 660 milioni di mascherine a 38 centesimi
Inoltre, è arrivato anche il primo accordo con cinque aziende produttrici italiane, la Fab, la Marobe, la Mediberg, la Parmon e la Veneta Distribuzione, per l’immissione sul mercato di 660 milioni di pezzi a un prezzo medio di 38 centesimi: “Voglio ringraziare queste eccellenze italiane – dice Arcuri – che hanno mostrato una straordinaria disponibilità e un forte senso di responsabilità. Nessuno vende ad un prezzo superiore ai 50 centesimi”.

Si tratta, spiega ancora il commissario di un “primo importante passo”: si stanno infatti “contattando le altre 108 aziende italiane, incentivate grazie al Cura Italia, e a tutte loro sta giungendo la rassicurazione dagli uffici del commissario che acquisteranno le loro mascherine via via che saranno collocate sul mercato”. L’aver fissato un prezzo massimo delle mascherine, aggiunge poi Arcuri, non significa che qualcuno dovrà produrre in perdita. “Nessuno dovrà rimetterci, a partire dalle imprese produttrici, dalle farmacie e dalle parafarmacie”, ma “stiamo sconfiggendo i vergognosi episodi registrati negli ultimi mesi. Sulla salute non si specula”.

Anche perché, nei piani del Governo, nei prossimi mesi ci sarà bisogno di grandi quantità di mascherine. Ad esempio, come dichiarato dalla ministra dei Trasporti, Paola De Micheli, “stiamo provando a capire, soprattutto per le aziende più grandi di trasporto pubblico locale, se si possono immaginare dei punti di distribuzione e vendita delle mascherine vicine ai luoghi di bigliettazione elettronica. È un’ipotesi di lavoro per aiutare il più possibile le persone”.

Lega e Federmoda Cna: “Così si uccide la produzione italiana”
Non sono d’accordo con le parole di Arcuri la Lega, in particolar modo il governatore del Veneto, Luca Zaia, e la Federazione Moda di Cna. “Se tu dici che 50 centesimi è il prezzo fisso di una mascherina, tutta la produzione nazionale sparisce”, ha dichiarato l’esponente del Carroccio aggiungendo che “50 centesimi è il prezzo alla produzione delle mascherine in Italia. Noi per equilibrare il mercato abbiamo comprato mascherine chirurgiche fatte in Veneto e il prezzo era a un euro. Bisogna dare aiuto alle imprese nazionali per stare sul mercato”.

D’accordo con lui anche la Cna: “Il Made in Italy non è evidentemente al centro delle attenzioni della politica del Governo, almeno gli atti non sono conseguenti alle dichiarazioni. Evidentemente si pensa a una massiccia importazione di prodotti dalla Cina o da altri Paesi dove diritti del lavoro, rispetto dell’ambiente, etica e responsabilità sociale sono considerati un disturbo allo sviluppo economico”, si legge in un comunicato.

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