Il virus ha già cambiato la scuola con lo stop forzato dall’emergenza e l’utilizzo della tecnologia per le lezioni a distanza. La paura che diventa un improvviso incitamento a non fermarsi in modo fatalistico ma anzi a sfruttare questo tempo come un’occasione, avrà una grande influenza sulla scuola del futuro.

Dopo il virus serviranno meno insegnanti?

Scopriremo presto che gli insegnanti possono essere sostituiti dalla formazione a distanza: la cosiddetta teledidattica. Non tutti certamente, ma la prima evidenza sarà che serviranno meno insegnanti di quelli attuali per “portare avanti il programma”.

È già successo nella storia della nostra società: con gli operai che sono stati sostituiti dalle macchine automatiche, poi dagli impiegati negli uffici e… ora sta per arrivare il turno degli insegnanti. Nessuno tra chi lavorava negli uffici si sarebbe aspettato di venir licenziato, eppure è accaduto. Gli impiegati si sentivano molto diversi dagli operai. Eppure. Basta entrare oggi in una banca, o in ufficio postale, per rendersi conto di quanti pochi siano gli impiegati rispetto a venti o trent’anni fa: ovunque è avvenuta una decimazione.

Vogliamo aspettare che la storia si ripeta?

L’emergenza ha abbattuto in una settimana tutte le resistenze all’innovazione. Finora c’era una spinta retorica ad adottare le cosiddette nuove tecnologie a scuola. Generalmente tutto si risolveva con un laboratorio in più, magari con tablet a disposizione degli studenti. Strumenti di fatto sottoutilizzati nella pratica quotidiana.

Ora, ovunque, si sta ragionando sul come applicare la teledidattica alle lezioni quotidiane. Non tra un anno, ma domani. Molti istituti hanno già iniziato; gli altri seguiranno. È un vero esperimento sociale di massa di un nuovo modo di fare scuola. Per ora questa opzione è facoltativa così come suggerito nella circolare del Consiglio dei ministri. Se la crisi continua diventerà obbligatoria. Nessuna incertezza, nessuna obiezione sarà consentita: è l’emergenza.

La società ha già accettato la teledidattica

A un certo punto, speriamo presto, il virus se ne andrà. E lascerà dietro di sé molti preconcetti: per esempio che un insegnante in carne e ossa per il proprio figlio sia sempre meglio di una lezione a distanza. Senza il virus sarebbero serviti altri 10 anni per, lentamente, abituare insegnanti, alunni e famiglie ad utilizzare “normalmente” la teledidattica. Il virus ha compresso i tempi: il futuro è già qui. In un battibaleno saremo già tutti abituati.

Quali saranno le scelte dei governi per la scuola?

In seguito all’epidemia e alle polemiche già nate sui mancati investimenti nella sanità i governi saranno costretti a investire in risorse sanitarie (cosa sacrosanta). Ma la coperta è corta. Se i denari li prendi da una parte li togli dall’altra. E se la teledidattica, tra le altre cose, permette di risparmiare sui costi del personale, come finirà?

Si è già tagliato tanto nella scuola. Spero di sbagliarmi, ma i tagli continueranno, travestiti sotto il mantello di un piano d’investimenti per agevolare la teledidattica. È un banale esercizio di ragioneria governativa: recuperare risorse per la sanità togliendole alla scuola. Mi sbaglio? Lo spero.

È l’unica via d’uscita? No.

Ci sono altre vie. Per esempio: aule più spaziose e meno studenti per classe.

Non è un’opzione tra tecnologia e insegnanti in carne e ossa. Se si continua con i tagli continueremo ad avere classi pollaio di trenta o più studenti gestite o meglio, sorvegliate grazie alla tecnologia, da insegnanti poliziotto costretti a rendere marginale il loro lavoro educativo.

Oppure i governi potrebbero decidere di utilizzare la tecnologia davvero a supporto di insegnanti che seguano classi compresse di 15-20 alunni. Come ci insegnano i grandi della pedagogia, come Tomatis, secondo cui questo è il numero ideale per di alunni per classe.

Viviamo nell’illusione gentiliana che i contenuti siano un valore di per sé. Un’illusione che la teledidattica può consolidare se utilizzata in modo inappropriato.

Ma siamo anche il paese di Montessori che, certamente, avrebbe saputo trarre vantaggio della tecnologia per supportare la relazione tra alunni e maestri per educare i giovani all’autonomia e allo studio. È un’utopia? A me pare una prospettiva entusiasmante, praticamente irrinunciabile.

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