L’operazione Sophia nel Mediterraneo tornerà, ma “rifocalizzata” sul monitoraggio dell’embargo delle armi Onu in Libia. Lo ha annunciato l’Alto rappresentante per la Politica Estera Ue, Josep Borrell, che al termine del Consiglio Esteri dell’Unione europea ha annunciato che “c’è stata la volontà politica” di tutti i 28 rappresentanti per l’impiego, oltre che delle navi di EunavFor Med, di satelliti, e altri strumenti. “Nessuno è stato contrario, ma sarà il Comitato per la politica e sicurezza (Cops), a decidere” anche sulla questione che crea maggiori contrasti in seno all’Europa, quella sui compiti della missione, in particolar modo sulla possibilità o meno di impiegare nuovamente i mezzi anche per operazioni di salvataggio in mare. “Stiamo parlando di una missione che deve fermare l’ingresso delle armi in Libia – ha infatti dichiarato il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio – Se poi si vuole parlare di altro non è questo l’argomento”.

Borrell ha dichiarato che in occasione di naufragi, la missione “dovrà rispettare le leggi del mare” che obbligano qualsiasi imbarcazione a prestare soccorso ai mezzi e alle persone in difficoltà: “Quando si dice operazione Sophia la gente in Italia pensa subito all’immigrazione. Penso si debba fare un grande lavoro per spiegare chiaramente che il rilancio dell’operazione è orientato a rispondere a una forte urgenza e necessità per il controllo del flusso di armi verso la Libia ed è una conseguenza della dichiarazione di Berlino. Per questo parlo di rifocalizzazione dell’operazione”. Poi ha aggiunto: “Nessuno ha in mente che l’operazione era stata pensata anche per controllare il flusso di armi verso la Libia. La pubblica opinione reagisce sulla base del concetto elementare”.

Parole che contrastano, però, con quelle di Di Maio che a margine dell’incontro aveva puntualizzato che la missione deve “essere smontata e rimontata in maniera diversa, deve essere una missione per non far entrare le armi” in Libia “e per rispettare il cessate il fuoco, per far in modo che si avvii un percorso politico. E null’altro”. Specificando che “stiamo parlando di una missione che deve fermare l’ingresso delle armi in Libia. Se poi si vuole parlare di altro non è questo l’argomento”.

A marzo 2019, il mandato di Sophia era stato prolungato per altri sei mesi, ma di fatto, impedendo il pattugliamento nelle acque del Mediterraneo, l’operazione, che oltre a quello di soccorso aveva anche compiti di controllo per garantire l’embargo e di addestramento per la Guardia Costiera libica, è stata totalmente depotenziata. Epilogo, quest’ultimo, fortemente voluto dall’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che accusò la missione di “aver portato decine di migliaia di immigrati in Italia”, senza che vi fosse un’equa redistribuzione in ambito europeo.

D’accordo su una ripresa dell’operazione e in linea con le dichiarazioni di Borrell anche il ministro per gli Affari Europei, Vincenzo Amendola, che ospite di un forum Ansa ha dichiarato: “Nell’ambito di quanto deciso nella Conferenza di Berlino, l’alleanza deve discutere l’assetto migliore dell’operazione Sophia. È una delle cinque operazioni militari decise a livello europeo e non si è mai interrotta, adesso nel quadro delle decisioni tutta l’alleanza dovrà decidere qual è il necessario sviluppo”.

Favorevole anche il commissario europeo agli Affari Economici, Paolo Gentiloni, che, se gli si chiede se sia d’accordo con la ripresa dell’operazione, risponde: “Io penso di sì, penso che, naturalmente verificando le condizioni con i Paesi interessati, in un momento come questo avere in mare una missione navale europea abbia solo risvolti positivi. Non vedo quali possano essere quelli negativi”.

Tra chi invoca la ripresa dei pattugliamenti in mare c’è il ministro degli Esteri del Lussemburgo, Jean Asselborn, che accusa Matteo Salvini di aver lavorato per cancellare Sophia: la missione “è stata distrutta e abbandonata sotto il signor Salvini, che oggi non c’è più – ha dichiarato – Non possiamo dire che la situazione nei campi in Libia è catastrofica e mandare la gente negli stessi campi”. E ha invocato l’inizio di una nuova stagione di collaborazione internazionale in materia di immigrazione: “Il Lussemburgo – ha aggiunto – non ha navi da inviare nella regione, siamo un Paese piccolo, ma abbiamo pagato per gli aerei che hanno partecipato alla missione. Non è più un affare che riguarda solo Turchia e Russia, siamo a livello di Nazioni Unite, questa è la chiave. La sfida non è più a livello nazionale, ma è una sfida per le Nazioni Unite. Il Consiglio di Sicurezza deve dare un mandato chiaro perché il cessate il fuoco sia rispettato e che la pace abbia una chance in Libia”.

Anche il ministro finlandese, Pekka Haavisto, e quello ceco, Tomas Petricek, si sono detti favorevoli all’utilizzo di Sophia per evitare l’afflusso di armi verso la Libia. “Ora giriamo una nuova pagina sui controlli dell’embargo sulle armi – ha detto Haavisto – Sicuramente discuteremo di quale sarà il modo più efficace per controllarlo. Di certo Sophia potrebbe svolgere un ruolo in futuro. Ci sono due elementi importanti, uno è l’embargo sulle armi e il rispetto del medesimo e l’altro il cessate il fuoco. L’Ue potrebbe svolgere un ruolo costruttivo. Guardiamo alla possibilità di sostenere il processo di pace in Libia in modo più attivo. È difficile essere ottimisti con la Libia, ma penso che questo sia il migliore tentativo fatto finora”.

Anche Petricek ha dichiarato che “ne parleremo con i colleghi, riguarda anche i ministri degli Interni. Dovremo vedere se anche Sophia potrà essere usata come veicolo per controllare l’embargo sulle armi. Sul meccanismo di monitoraggio sono pronto a sentire i miei colleghi che erano a Berlino per capire come l’Ue possa contribuire”.

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