Il giornalista Andrea Vianello pubblicherà il 21 gennaio il libro “Ogni parola che sapevo”. Su Twitter ha presentato così il nuovo progetto editoriale: “Il 2 febbraio dello scorso anno ho avuto un ictus, ho subito un’operazione d’urgenza, e quando mi sono risvegliato non riuscivo più a parlare. Proprio io, che sapevo solo parlare: non potevo dire nemmeno i nomi dei miei figli. Questo libro è stata la mia terapia e la mia speranza”. Un anno fa Vianello (il 2 febbraio 2019) ha perso la parola a causa di un ictus. “È stato un anno durissimo, nel quale ho perso anche mio padre”, ha rivelato in una intervista a Il Corriere della Sera.

Il conduttore ricorda esattamente quel giorno terribile. “Ero in casa, avevo appena fatto colazione. All’improvviso non mi sono più sentito una mano. – ha detto – Sono caduto a terra e ho fatto appena in tempo a chiamare mia moglie. Ricordo il resto come in una nuvola: il pronto soccorso, l’ospedale Umberto I di Roma, la decisione di operarmi d’urgenza, un azzardo. L’ intervento andò bene ma io una volta sveglio mi sentii… be’, mi sentii pieno di parole che ristagnavano nella testa e non riuscivano a venire fuori. Una sensazione assurda: conoscevo benissimo quei vocaboli ma non li sapevo più articolare”.

Un momento terribile che Vianello è riuscito ad affrontare grazie alla sua famiglia: “Mia moglie Francesca è stata importantissima nella decisione di non arrendermi, così come lo è stata la comunità degli amici e dei colleghi. Sono venuti a trovarmi tutti i direttori generali Rai. Be’, quasi tutti, per la verità”, chiude con un tono ironico.

Poi la lunga riabilitazione alla Fondazione Santa Lucia, che non terminerà mai perché il giornalista, così come gli hanno spiegato i medici, dovrà per sempre fare esercizi mirati. L’ictus è un evento che cambia totalmente la vita: “Quest’anno buio mi ha fatto riflettere sulle nostre vite frenetiche, – ha aggiunto Vianello – pronte a star male per inezie che di fronte alla morte si rivelano per quello che sono: nulla. Oggi so che devo moltissimo alla mia famiglia, che ci possiamo rompere da un momento all’ altro (…) vorrei dire a tutti che l’ictus non è un tabù, che se ne deve parlare e che si possono fare grandi miglioramenti nel recupero”.

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