di Andrea Taffi

Per capire che cos’è la piazza (io credo) si deve scendere in piazza. Per questo, per capire che cosa sono le Sardine, e per provare a sentirmi un po’ Sardina anch’io, sabato 14 dicembre, più o meno nelle stesse ore del grande raduno di Roma, in Piazza San Giovanni, sono andato in piazza anch’io. L’ho fatto rispondendo alla chiamata delle Sardine sarde.

L’ho fatto nella mia città, Sassari. L’ho fatto con la mia famiglia: la mia compagna e mia figlia di sei anni. La piccola ha pure disegnato un cartello che poi ha sventolato in piazza, insieme a quello di molti altri adulti e bambini come lei. Ecco, in mezzo a tutta quella gente, ascoltando i brevi discorsi degli organizzatori; sentendo citare da loro articoli della Costituzione che parlano di uguaglianza e di libertà di pensiero; cantando tutti insieme “Bella ciao“, ho percepito, chiaro e preciso, ciò che fino a quel momento avevo solo intuito, ma che non avevo ancora sentito scorrere sulla mia pelle, quella pelle che in quella piazza, in molte occasioni, è diventata pelle d’oca.

E quella sensazione l’ho sentita ancora più forte e chiara quando, da un balcone di un B&B affacciato sulla piazza e affittato per l’occasione, alcuni esponenti di Casapound hanno srotolato uno striscione che recitava più o meno così: “Sardi sì, Sardine no”. Immediatamente io e tutti gli altri presenti nella piazza abbiamo protestato con forza contro quella provocazione, urlato contro quello striscione e i suoi autori, finché non è stato rimosso.

In tutto questo non c’era politica, non c’era partito, c’era soltanto partecipazione (quella stessa che Giorgio Gaber considerava la declinazione della libertà). E c’era orgoglio, orgoglio nel chiedere una sola cosa: rappresentatività.

A me non interessa se il movimento delle Sardine diventerà un partito, una lista civica in appoggio ai partiti o qualche altra cosa. A me, e credo a tutti quelli che erano con me in quella piazza di Sassari sabato 14 dicembre, interessa solo di essere stati lì e interessa (per estratto) continuare a esserci ogni giorno dell’anno, per gridare (sulle note di “Bella ciao”) che in Italia, mai come in questo momento, c’è un forte (fortissimo) desiderio di cambiamento, di partecipazione attiva, di presenza. E il movimento delle Sardine (io credo), per tutto quello che è riuscito a fare in così poco tempo, è ideale per catalizzare tutte le istanze delle quali parlavo prima. E questo, si badi bene, non contro qualcuno, no, ma per qualcosa.

E a coloro che non ci credono del tutto, a coloro che sono ancora incerti o che pensano che io sia soltanto un ingenuo idealista, beh, a tutti questi io dico: provate. Sì, provate a scendere in piazza anche voi con le Sardine, così, solo per partecipare per provare a percepire l’essenza, la forza propulsiva del movimento. Provate perché, credetemi, è salutare davvero. Salutare e vitale come è stato per me vedere e sentire mia figlia cantare “Bella ciao”.

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