Aumenta il costo della politica nella Regione autonoma Trentino-Alto Adige. Il consiglio regionale, riunito a Trento, ha approvato una serie di norme che, aggiunte all’aumento del 7 per cento delle indennità dei sindaci deciso un mese fa, portano a una lievitazione di circa 20 milioni di euro in cinque anni della spesa per la rappresentanza amministrativa. I tempi in cui i costi della politica dovevano essere ridimensionati sembrano ormai passati, almeno nelle vallate fra Trento e Bolzano. Da tener presente che il 3 maggio 2020 ci saranno le elezioni amministrative, con il rinnovo dei consigli comunali in buona parte dei municipi e quindi le norme fanno parte di un pacchetto che va incontro alle richieste degli stessi primi cittadini uscenti.

In consiglio regionale ha votato a favore la maggioranza, trainata da Sudtiroler Volkspartei e Lega, con 36 consensi. I voti contrari (Movimento Cinquestelle e Pd) sono stati 16, gli astenuti 5. Sono stati approvati, tra l’altro, i trattamenti di fine rapporto per i sindaci a tempo pieno e la pensione integrativa per i primi cittadini lavoratori autonomi, disoccupati o casalinghe. Secondo la maggioranza, per bocca dell’assessore regionale agli enti locali, Claudio Cia, si tratta di un successo: “Il testo introduce una forma di previdenza integrativa per sindaci, vicesindaci, assessori comunali e presidenti di comunità di valle, che non siano lavoratori dipendenti per sanare una disparità di trattamento”. Così ha aggiunto l’assessore: “Attualmente, infatti, solo i lavoratori dipendenti potevano ricoprire determinate cariche amministrative negli Enti locali senza dover subire una perdita di contributi previdenziali o di reddito, come inevitabilmente accadeva per gli amministratori locali che fossero lavoratori autonomi o liberi professionisti, si pensi ad artigiani, contadini, architetti, farmacisti, commercianti”. Secondo Cia, “del tutto privi di copertura previdenziale risultavano gli amministratori locali che non esercitavano attività lavorativa, ad esempio una casalinga, uno studente, o un disoccupato. Da qui l’azione dell’assessorato per garantire a tutti i cittadini condizioni di eguaglianza nell’accesso alle cariche elettive e incentivare i cittadini a impegnarsi per la propria comunità”.

Di diversa opinione Filippo Degasperi dei Cinquestelle: “Come al solito sui sindaci si è fatta propaganda, alla ricerca del loro consenso. Da un punto di vista pratico la riforma non ha un grande rilievo per quanto riguarda i contributi. Ma va letta nel quadro dell’aumento del 7 per cento deciso dal consiglio regionale. Se si fosse voluto aiutare per davvero i sindaci dei piccoli comuni che prendono mille euro e hanno molte incombenze, avrebbero potuto aumentare il loro appannaggio e non anche quelli dei sindaci dei Comuni più grandi, come Bolzano o Trento che guadagnano molto di più degli altri loro colleghi italiani a parità di popolazione”.

La realtà è che a livello economico la spesa “previdenziale” è di 12 milioni di euro (4,5 per la provincia di Trento e 7,7 per quella di Bolzano) nei 5 anni di mandato. In particolare, secondo gli uffici regionali, nel Trentino la spesa sarà di 896mila euro all’anno (472 mila per la previdenza e 423 mila per il fine mandato), mentre a Bolzano sarà di un milione e mezzo all’anno. In totale, a livello regionale, quindi la previdenza dei sindaci costerà 1 milione 300 mila euro all’anno e il trattamento di fine mandato circa un milione all’anno.

A queste cifre vanno poi aggiunti i maggiori esborsi per l’aumento dell’indennità dei sindaci. A novembre il consiglio regionale ha riportato i compensi al livello precedente il taglio del 7 per cento deciso cinque anni fa per ridurre i costi della politica. È così che il sindaco di Trento, nel quinquennio 2020-2025, incasserà 9.432 euro mensili (lordi), mentre dal 2015 al 2020 la somma era stata ridotta a 8.771 euro. Sempre di più degli altri sindaci italiani.

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