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di Irene Sgambaro

Ora, tralasciando il fatto che io sono probabilmente stata pazza a mettermi in un monastero mentre ancora allattavo (ma se non avessi portato a casa quelle interviste non sarei stata in grado di sostenere il passaggio di anno del dottorato – ne avevo già scritto nel post precedente), avrei apprezzato che il mio medico di base o il mio farmacista – che sapevano della mia partenza e che in ogni altra circostanza ho reputato più che competenti – mi avvertissero che il tiralatte probabilmente non sarebbe stato sufficiente e che rischiavo di andare incontro a un viaggio poco piacevole.

Se poi, in tv o per altro mezzo, si parlasse con normalità delle difficoltà fisiche che riguardano il corpo della donna una volta che diventa madre, magari non avrei neanche avuto bisogno di essere avvertita.

Su altri argomenti, quali le difficoltà che si incontrano tra i 2 e i 3 anni di un bambino (“i terribili 2”, li chiamano in Italia; la petite adolescence viene definito questo periodo in Francia), non possiamo contare sul fatto che queste informazioni raggiungano le masse, ma possiamo contare sulle strutture educative a cui affidiamo i nostri figli (e chi ha amici con figli, anche su quello). Difficoltà nel gestire le emozioni, fasi di opposizione o aggressività, incubi notturni.

Dovrebbe esserci qualche articolo in più, qualche trasmissione che parli dei lati duri della maternità – quando perdi talmente tanto la pazienza che il corpo vorrebbe aggredire, ma ovviamente non si aggredisce un bambino, e allora come si fa? – più crudi – ormoni, latte, mestruazioni, rieducazione del perineo (quest’ultimo argomento in Francia, contrariamente all’Italia, non è mai trascurato).

Ci vorrebbe una conoscenza diffusa di tutti i lati dell’essere genitori. E non mi riferisco ai libri che parlano di tali argomenti – certamente utili – ma parlo di informazioni che vagamente possano raggiungere chi apre un giornale o guarda la televisione, anche se queste notizie non se le va a cercare. Magari rischieremmo che meno gente voglia fare figli: poco male, visti il sovrappopolamento mondiale e la grande capacità di gestirsi, di auto-regolarsi e di mettersi in discussione su cui sarebbe necessario lavorare quando si ha un bambino.

Troppa informazione dissuaderebbe forse qualcuno, ma aiuterebbe senz’altro tante persone, tanti neo-genitori a sentirsi meglio, al momento di vivere tali esperienze. Crescere sentendo parlare anche delle difficoltà legate all’essere genitori, e non solo delle meraviglie, potrebbe attenuare quel senso di solitudine (molto spesso al femminile) che caratterizza alcuni momenti della genitorialità.

Sarebbe bello crescere sapendo che, in quanto genitori, si passano dei momenti orribili che in quei frangenti sembrano totalizzanti. Ma poi se ne passano di talmente belli e rigeneranti con i propri figli che degli altri quasi ci si dimentica. È una delle magie dell’essere genitore: la capacità di rigenerare forze fisiche e psichiche anche nelle fasi più complicate. Ma chissà, forse queste ultime potrebbero essere un po’ meno desolanti mentre le attraversiamo se ci risultassero familiari, se in quei momenti sapessimo che quasi tutti i genitori ci sono passati e poi, ancora una volta, si sono rigenerati.

Mentre si vive uno di quei frangenti negativi aiuterebbe ricordare di aver intercettato alla tv, facendo zapping, un genitore dire: “Va bene sentirti triste, ti succederà. Ti succederà anche di sentirti inadeguato. A partire da una certa età, ci saranno delle volte in cui tuo figlio ti farà impazzire. E va bene così: cresce ed esplora i limiti, nel rapporto con il mondo esterno e con i genitori. Ti succederà di non sapere cosa fare. Perderai la pazienza. Ti dispererai. Non succede niente. La volta dopo, o quella ancora dopo, ti succederà il contrario. Proverai una gioia che solo tuo figlio può darti, saprai cosa fare, lui collaborerà, e la giornata andrà liscia come l’olio”.

Ps: qui parla una mamma che non ha una famiglia vicina ad aiutarla, solidarietà ai genitori della categoria!

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