La Cina, i cui prodotti a basso costo hanno contribuito non poco alla crisi dell’acciaio europeo, inizia a fare le sue mosse per rilevare i player andati fuori mercato. Lunedì è stata ufficializzata l’acquisizione di British Steel, azienda britannica da mesi in amministrazione controllata, da parte del gruppo cinese Jingye. Il presidente di Jingye, Li Ganpo, ha incontrato a Londra la ministra delle Attività Produttive Andrea Leadsom, che gli ha confermato le garanzie finanziare del governo Tory di Boris Johnson su prestiti e sgravi per 300 milioni di sterline. Li ha da parte sua impegnato la holding a investire 1,2 miliardi in un decennio per il rilancio di British Steel, della sua “competitività” e il miglioramento “dell’impatto ambientale” dei suoi impianti, nonché per “preservare migliaia di posti di lavoro in un’industria chiave” del Regno.

Secondo la Bbc però il prezzo di vendita non supera i 70 milioni di sterline. Il passaggio di proprietà verrà formalizzato dopo il via libera dell’authority sulla concorrenza. Il gruppo cinese rileva l’impianto inglese di Scunthorpe, che impiega 4mila sui 5mila lavoratori attuali di British Steel, oltre ad alcune fonderie, alla società di engineering Tsp e alla filiale olandese Fn Steel. L’azienda è stata di proprietà degli indiani di Tata dal 2007 al 2016, fino a quando il ramo europeo dei prodotti lunghi è stato acquisito dal fondo di private equity Greybull Capital. Lo scorso maggio è finita in amministrazione straordinaria, con un costo per i contribuenti di 1 milione di sterline al giorno.

Il Financial Times scrive che i cinesi puntano ad aumentare la produzione di Scunthorpe da 2,5 milioni di tonnellate a oltre 3 milioni l’anno, ma ci sono “dubbi” perché intende anche ridurre i costi. Il Daily Telegraph ha commentato che “c’è una certa ironia nel salvataggio da parte della Cina di un produttore di acciaio britannico, quando gran parte dei problemi dell’industria dipendono dall’acciaio a buon mercato cinese che ha inondato l’Europa”.

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