Una mendicante senza gambe si trascina a terra chiedendo l’elemosina. Sono le 11 e mezza di mattina nella via del lusso di Roma. E’ venerdì primo novembre, giorno di festa e di shopping in via Condotti. Le maschere di Halloween e le buste griffate oscurano quel che resta della festa cristiana di Ognissanti.

Un uomo alto con portamento elegante in completo scuro, cravatta stretta di gusto nordeuropeo, taglia la strada a fronte alta. Non si cura della vecchina con il fazzoletto in testa, non guarda le sue gambe avvolte nella plastica. Non china lo sguardo sulle mani giunte che implorano una monetina. In mano stringe la sua ventiquattrore trendy di pelle nera, le sue scarpe nere lucide a punta schivano quell’ingombro di stracci e miseria.

Quell’uomo con l’ombra di barba sfatta ma curata che gli disegna il volto scuro è René Bruelhart, il presidente dell’Aif, l’Autorità di informazione finanziaria del Vaticano, il numero uno dell’ente che vigila sui forzieri della Santa Sede, dallo Ior all’Apsa. La foto che pubblichiamo, scattata da un nostro fedele lettore, si presta non tanto a una riflessione sul cambiamento della Chiesa ma sul cambiamento dei media al tempo di Instagram.

La prima tentazione sarebbe confrontare la foto con altri scatti celebri del passato. Bruelhart come Antonio Fazio 15 anni fa. L’allora Governatore della Banca d’Italia si chinava a dare l’elemosina a un mendicante a Roma; il suo collega più giovane, dall’alto del suo ruolo di controllore delle finanze vaticane, invece si disinteressa della sfortuna altrui.

La tentazione sarebbe quella di far leva sulle differenze tra il governatore italiano e il presidente vaticano per sottolineare la fine della carità cristiana. Magari si potrebbe giocare sul fatto che Bruelhart, per una pura coincidenza del destino, di quelle che talvolta aiutano a scrivere pezzi a effetto, lavora insieme al genero di Fazio: Tommaso Di Ruzza. Si potrebbe ricordare che Di Ruzza è stato sospeso a inizio ottobre dal suo ruolo di direttore dell’Aif per verifiche amministrative interne, salvo poi essere completamente riabilitato pochi giorni fa, proprio dal presidente René Bruelhart.

Si potrebbe pubblicare la foto senza contestualizzarne il senso per assecondare i commenti più beceri. L’immagine elegante e fredda del ricco avvocato di Fribourg, scelto da Papa Ratzinger e dall’allora segretario di Stato Tarcisio Bertone per il ruolo di presidente dell’Aif, stride con quella della mendicante sotto di lui. Lo sguardo sicuro e vincente del presidente dell’Aif, che vola sopra i cenci ai suoi piedi, sembra fatto apposta per far arrossire la Chiesa povera di Papa Francesco.

Basterebbe pubblicare quella foto con una semplice didascalia che riporti il ruolo dell’uomo per far divampare i commenti sulla Chiesa dello Ior, che non paga l’Imu, che non cambia dopo i tanti scandali denunciati da troppi bestseller. Eppure basta aspettare un giorno. Appena 24 ore dopo quello scatto le cronache ci raccontano di una donna bosniaca di 45 anni denunciata per “accattonaggio esercitato con mezzi fraudolenti e simulando deformità” dai vigili del primo gruppo “ex Trevi” della Polizia Municipale di Roma. Il Corriere della Sera spiega che “la gobba piena di stracci è stata la prova schiacciante dell’imbroglio”.

Certo, la bosniaca è stata denunciata al Colosseo e la foto di Bruelhart è stata scattata in via Condotti. Però basta ingrandirla e guardarla con attenzione per vedere che qualcosa di strano c’è in quella busta che copre le gambe, teoricamente storpie.

Alla fine il senso della foto potrebbe essere l’opposto di quel che sembra. Magari non sapremo mai se il problema sia il ricco avvocato che non guarda la povertà o la finta mendicante che cerca di truffarlo. Una cosa però è certa: la verità non si coglie con uno sguardo ma si cerca con il dubbio, la ricerca e il ragionamento. Soprattutto nell’era di Instagram.

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