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Gianna Nannini: “Sono stata dipendente dalla cocaina: me la portavano a casa come fosse un panino”

Una vita turbolenta, quella di Gianna, che si è raccontata a Vanity Fair: "Tutti mi dicono che so’ pazza, ma credo semplicemente che quando uno è sé stesso sembra matto. La follia è un’altra cosa. Io l’ho sperimentata e ho sperimentato anche la schizofrenia. So cosa sono. Mi è capitato di morire e poi rinascere. All’inizio degli anni ’80 sono stata molto male

di F. Q.

Ci sarà anche Gianna Nannini questa sera sul palco del Teatro Ariston nella quarta serata del Festival di Sanremo per duettare con Coez sulle note del brano “Motivo”, che i due hanno inciso insieme per l’ultimo album di inediti della rocker senese, “La Differenza”. Tempo fa, Gianna Nannini si era raccontata in un’intervista a Vanity Fair, in cui aveva rivelato di aver vissuto momenti difficili.

“Tranne l’eroina, le ho provate tutte. Dalla cocaina, per un po’ di tempo, quasi quarant’anni fa, sono stata dipendente. Ero a Londra e ce la portavano in studio con la stessa semplicità con cui oggi ti consegnerebbero un panino”, aveva detto la cantante a Vanity Fair. Il momento in cui ha deciso di smettere? “Non stavo mai senza cocaina, ci viaggiavo, ero del tutto incosciente. Un giorno vado in bagno e mentre scarto il sasso rosa, quello mi cade nel cesso. Lo vedo sparire nell’acqua e, mentre si scioglie lentamente e sto per metterci le mani dentro, mi dico: ‘Non posso fare questa cosa, non posso ridurmi così’. Ho smesso lì. Il giorno dopo. Poi ho avuto una ricaduta, ma dopo aver fatto un tiro e aver bevuto una tequila prima di un concerto, collassai e dissi definitivamente basta”.

Una vita turbolenta, quella di Gianna, che aveva precisato: “Tutti mi dicono che so’ pazza, ma credo semplicemente che quando uno è sé stesso sembra matto. La follia è un’altra cosa. Io l’ho sperimentata e ho sperimentato anche la schizofrenia. So cosa sono. Mi è capitato di morire e poi rinascere. All’inizio degli anni ’80 sono stata molto male. Ero piena di paranoie, vivevo una crisi profonda, avevo un io diviso, uno stato mentale alterato e paura di ogni cosa, come una bambina”. E sulle definizioni che spesso vengono date all’amore, la Nannini ha un pensiero molto schietto: ““Ami gli uomini? Ami le donne? Sempre le stesse domande, davanti alle quali uno vorrebbe dire soltanto: ‘Ma te li fai i cazzi tuoi?’ Eppure sarebbe semplice: a me le divisioni, a partire da quelle di genere, non mi hanno mai interessato granché. Ho sempre amato uomini e donne e soprattutto non ho mai avuto freni nel sentire e seguire quello che volevo. Le ho sempre rifiutate, le definizioni. Al termine “coming out”, che ghettizza, ho sempre preferito la parola libertà. Alla parola gay, che ti pretenderebbe felice e ormai non usano più neanche in America quando indicono un pride, preferisco frocio. Chi è libero nel linguaggio è libero dentro”.

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